Riprese mozziafiato e soggettive suggestive nel “mockumentary” Il passo del diavolo

Il Passo Del DiavoloLa storia ci racconta di un fatto misterioso e inquietante capitato in Russia nel febbraio del 1959, quando un’intera spedizione di nove giovani ma esperti escursionisti russi partì per esplorare un determinato versante dei monti Urali.

Secondo quanto racconta un articolo del “Corriere della Sera” del 3 febbraio 2014, i nove non tornarono mai indietro. E la spedizione inviata a cercarli oltre venti giorni dopo che non si avevano notizie trovò macabre sorprese: i primi cadaveri furono trovati in condizioni tra l’insolito e l’incredibile, alcuni di loro nudi, altri quasi, qualcuno con le mani bruciate. Solo qualche mese dopo furono ritrovati gli ultimi corpi con segni di violenza inaudita come cranio fracassato o torace sfondato, brandelli di carne su un albero, una delle ragazze trovata senza lingua. Inoltre la tenda della spedizione era lacerata dall’interno. L’indagine condotta dai militari sovietici concluse che i giovani furono uccisi da “una irresistibile forza sconosciuta” a trenta gradi sotto zero.

Da lì ai giorni nostri il mistero non è stato mai risolto dando adito a tutte le possibili interpretazioni, con grande sfoggio di immaginazione: c’è chi chiamò in causa lo stesso esercito e una nuova e misteriosa arma, chi gli alieni, mentre secondo altri c’era un esperimento nucleare in atto; non mancarono all’appello la vendetta degli indigeni e la maledizione del passo del Cholat Sjachl, che da allora fu ribattezzato Passo Djatlov, in memoria del capo spedizione. La verità pare venire lentamente a galla grazie a un saggio del 2014 che ipotizza un tornado che abbia prodotto infrasuoni (il contrario degli ultrasuoni) che abbia mandato i ragazzi in totale confusione e nel panico più totale sfociato nella follia. Una tesi credibile ma che mai scriverà la parola fine a un mistero che, non avendo avuto testimoni o sopravvissuti, nessuno può svelarci. Ci sono numerosi siti e libri che parlano e ancora ipotizzano ricostruzioni (soprattutto la scrittrice Svetlana Oss). Una vicenda così non poteva sfuggire al cinema…

Il passo del Diavolo (di Renny Harlin, 2013)
È curiosa la storia di Renny Harlin, regista negli anni novanta inizialmente di film molto commerciali (Cliffhanger, Die Hard 2, Blu profondo) che negli anni successivi sono scivolati nel flop, e che hanno spinto l’ormai sessantenne autore finlandese a cimentarsi già da qualche anno col cinema indipendente.
Il passo del Diavolo è ispirato alla vicenda sopra esposta ma è realizzato non come fiction ma come mockumentary (falso documentario) che in mancanza di materiale d’epoca ricostruisce la tragica avventura esattamente come un documentario in soggettiva, con uno dei protagonisti che ha in mano la macchina da presa.

Il film nella prima parte racconta, narra e descrive, mentre nella seconda rivela la sua natura di thriller (uomo sfida la natura e perde), per poi virare decisamente e prevedibilmente dalle parti dell’horror, concedendosi una dose massiccia e gradita di fantasia nella sua conclusione. Harlin, grazie al mockumentary, dona gioia ai nostri occhi con riprese mozzafiato e soggettive suggestive, e si concede una licenza narrativa meritata nell’ultima parte dove, ricordiamolo, esistono solo ipotesi su quanto successe.

Ciò non toglie che il film sia molto bello da vedere, inquietante, interessante e sopra le righe. Un film da cinema che da noi è uscito direttamente in video e in streaming, ed è facilmente reperibile.

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