Sulla cura della Casa comune

Cura Dell'habitatjpg03Cominciamo col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile, e all’improvviso ci sorprenderemo a fare l’impossibile

Ciò che noi chiamiamo terra è un elemento della natura inestricabilmente intrecciato con le istituzioni dell’uomo. Isolarlo e farne un mercato è stato forse la meno naturale di tutte le imprese dell’uomo. La funzione economica è solo una tra le molte funzioni vitali della terra e in quanto tale non dovrebbe in alcun modo porre l’uomo o la natura in una posizione di subordinazione rispetto ai meccanismi di mercato.
Uno sviluppo tecnologico ed economico che non lascia un mondo migliore e una qualità della vita integralmente superiore, non può considerarsi progresso.

La lettera enciclica Laudato si’ di Papa Francesco, con un linguaggio comprensibile a tutti, che chiede solo di essere ascoltato e meditato, irrompe con freschezza nel dibattito culturale mondiale, affinché la sfida urgente di proteggere la casa comune, non si limiti a riti di circostanza, dichiarazioni solenni o leggi ben fatte, ma incide decisamente e concretamente nel ripensare, modello di sviluppo, metodi di produzione, stile di vita di ogni persona. Il modello dominante caratterizzato dalla massimizzazione del profitto, che concentra il potere nella finanza asservita dagli innumerevoli progressi della tecnologia, crea una cultura del tutto e subito, dell’usa e getta, dello scarto, dell’uniformità, spinge la persona a guardare la natura e anche gli altri esseri umani come mero oggetto.
L’antropocentrismo deviato, come lo chiama il Papa, dà luogo ad uno stile di vita deviato. Quando l’essere umano pone se stesso al centro, finisce per dare priorità assoluta ai suoi interessi contingenti e tutto il resto diventa relativo. Questa è la logica che provoca al tempo stesso degrado ambientale e degrado sociale.

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L’enciclica si pone da una prospettiva molto chiara: partendo dalle parole di Francesco d’Assisi, ricorda che la nostra casa comune è anche nostra sorella, con la quale condividiamo l’esistenza. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla. La sfida che abbiamo di fronte riguarda tutti e ci tocca tutti. Dimentichiamo che noi stessi siamo terra, che il nostro stesso corpo è costituito dagli elementi del pianeta. Per questo è opportuno un dialogo a tutto campo sul modo in cui stiamo costruendo il futuro. Scienziati, filosofi, teologi, economisti, finanzieri, industriali, organizzazioni della società civile, devono dialogare per costruire una nuova solidarietà universale.
Nello stile della dottrina sociale, Papa Francesco nel capitolo 2 dell’enciclica raccoglie le riflessioni di innumerevoli scienziati, filosofi, organizzazioni sociali che descrivono lo stato di salute della “casa comune”: inquinamento e cambiamenti climatici, la questione dell’acqua, la perdita della biodiversità.

Il Papa coniuga il degrado ambientale al degrado sociale e alla qualità della vita umana.
La smisurata e disordinata crescita di molte città che sono diventate invivibili dal punto di vista della salute, non solo per l’inquinamento originato dalle emissioni tossiche, ma anche dal caos urbano, i problemi di trasporto e l’inquinamento visivo e acustico. Molte città sono grandi strutture inefficienti che consumano in eccesso acqua ed energia. Ci sono quartieri che, sebbene siano stati costruiti recentemente, sono congestionati e disordinati, senza spazi verdi sufficienti. Non si addice ad abitanti di questo pianeta vivere sempre più sommersi da cemento, asfalto, vetro e materiali, privati di contatto fisico con la natura.Cura Dell'habitatjpg02
Se nel capitolo 3, Papa Francesco esplicita quale sia a suo giudizio la «radice umana della crisi ecologica», nel capitolo 4, afferma con originalità la necessità di una «ecologia integrale» che tenga insieme ambiente, economia e sociale.
«Le conoscenze frammentarie e isolate possono diventare una forma di ignoranza se fanno resistenza ad integrarsi in una visione più ampia della realtà».
«Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale. Le direttrici per la soluzione richiedono un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura».
Papa Francesco parla anche di ecologia culturale e di ecologia della vita quotidiana. «Bisogna integrare la storia, la cultura e l’architettura di un determinato luogo, salvaguardandone l’identità originale».
Per uno come me e spero anche per il lettore di questo articolo, frasi come questa suonano come una benedizione ed un innegabile incoraggiamento a proseguire in quel cammino iniziato come esploratori che oggi viene indicato, da una fonte così autorevole, come il progetto per il futuro. «Gli ambienti in cui viviamo influiscono sul nostro modo di vivere la vita, di sentire e di agire».
Proprio la politica ancora fatica a cogliere l’importanza cruciale del tema, non riesce a comprendere come l’ambiente (inteso nel senso più ricco del termine, cioè quale ecosistema naturale-umano) e la sua cura non devono essere una prerogativa di Ong, movimenti extraparlamentari, o di semplice cittadinanza attiva, ma siano invece un suo dovere e una sua responsabilità.

«Data l’interazione fra gli spazi urbani e il comportamento umano, coloro che progettano edifici, quartieri, spazi pubblici e città, hanno bisogno del contributo di diverse discipline che permettano di comprendere i processi, il simbolismo e i comportamenti delle persone. Non basta la ricerca della bellezza del progetto, perché ha ancora più valore servire un altro tipo di bellezza: la qualità della vita delle persone, la loro armonia con l’ambiente, l’incontro e l’aiuto reciproco».
Non sappiamo se Papa Francesco conosce questa rivista, sono comunque di buon auspicio i passaggi dell’enciclica in cui mi auguro un nostro lettore possa ritrovare la sua identità.
Detto questo, per concludere, non vi sono parole migliori che quelle di San Francesco: «cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile. E all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile».

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