Progetto dinamico per disegnare la nuova città

Per una rigenerazione urbana sostenibile e costruire sul costruito

CHINA ENVIRONMENT DROUGHT

Spesso l’unica logica che ha guidato il cosiddetto sviluppo è stata quella della crescita indiscriminata, a ogni costo, con un progressivo consumo di suolo che ha compromesso ambientalmente molte delle nostre città

La realtà delle concentrazioni urbane italiane è andata progressivamente peggiorando, molte emergenze non sono state affrontate  – spesso neppure riconosciute – e hanno prodotto effetti drammatici, in termini di non vivibilità e di vera e propria degenerazione. Spesso l’unica logica che ha guidato il cosiddetto sviluppo è stata quella della crescita indiscriminata, a ogni costo, con un progressivo consumo di suolo che ha compromesso ambientalmente molte delle nostre città, a partire dalle grandi aree metropolitane. Che la situazione abbia superato il livello di guardia è dimostrato dalla crescente sensibilizzazione di ampi strati del mondo professionale, produttivo e finalmente anche politico che, sempre più spesso, si esprimono affinché nel nostro paese si prenda coscienza dell’urgenza di voltare pagina e di avviare un vasto piano per un profondo rinnovo del tessuto urbano italiano.

Se – come è certo – tra pochi anni la grande maggioranza della popolazione mondiale farà riferimento per la sua attività agli agglomerati urbani e le risorse energetiche tenderanno a esaurirsi, la questione urbana sarà il principale problema da affrontare per tutti i livelli di governo, locale, nazionale e internazionale. Se siamo ormai abituati a sentire parlare di rischio default in termini economici, questo pericolo è forse ancora più minaccioso parlando dello stato delle città e dell’ambente, insomma dell’habitat umano. Allora servono urgentemente nuove elaborazioni, capaci di disegnare strategie e strumenti in grado di stare al passo con le violente accelerazioni che determinano lo sviluppo dei fenomeni, in tempi difficilmente immaginabili soltanto pochi anni fa.

La Cittadina Rasa Al Suolo

Grave è lo stato del patrimonio edilizio costruito nel secondo dopoguerra caratterizzato da scarsa qualità e da assenza di criteri antisismici

La grande emergenza urbana che oggi viviamo è il risultato di una serie di fattori. A cominciare dal grave stato del patrimonio edilizio costruito nel secondo dopoguerra, caratterizzato da scarsa qualità e per la maggior parte da assenza di criteri antisismici; una situazione aggravata da una concezione dello spazio pubblico non come elemento della qualità urbana progettato in funzione degli abitanti, ma come semplice elemento residuale dell’edificato subordinato al flusso della viabilità. In questo senso possiamo dire che la città si è completamente arresa ai motori che dettano tempi e modi dello sviluppo. Il consumo di suolo è diventato una corsa forsennata e cieca verso la negazione della naturalità, ogni giorno ettari di terreno venivano consegnati all’edificazione di varia natura, in obbedienza a una logica di crescita che non trova giustificazione alcuna nelle reali necessità del nostro corpo sociale, ma solo nella soddisfazione del meccanismo di speculazione finanziaria. La crescita indiscriminata dei consumi determina quella di energia e causa una serie di problemi legati allo smaltimento dei rifiuti e dei materiali non riciclabili. Questi sono solo i titoli principali di un indice delle criticità, che producono una vera e propria disumanizzazione urbana.

Oltretutto dobbiamo fare i conti con una legge urbanistica antiquata, integrata da leggi regionali troppo spesso velleitarie ed inefficaci; i piani urbanistici nascono vecchi, non in grado di contenere le disfunzioni in atto e di programmare il futuro delle città post-industriali, caratterizzate dalla carenza di infrastrutture e servizi indispensabili e in cui le funzioni abitative convivono in una congestione insostenibile con le attività secondarie e terziarie.

L’ insufficienza di verde urbano e l’utilizzo di energie non rinnovabili concorrono alla formazione delle cappe di inquinamento che caratterizzano luoghi sempre più invivibili. Alla paralisi della città e dell’innovazione urbana corrisponde quella dell’architettura, troppo spesso lontana da quel ‘diritto alla qualità’ degli abitanti e degli stessi architetti, ridotti al ruolo degli esecutori di norme.

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Occorrono politiche d’intervento che investano il quadro legislativo, istituzionale e finanziario. L’utilizzo della perequazione urbanistica, può mobilitare capitali privati più di quanto abbiano fatto gli incentivi volumetrici.

Con un mercato edilizio saturato da fabbricati privi di qualità e immobilizzato da normative contraddittorie, sommerso dalla più grave crisi dal dopoguerra in poi, occorre investire in qualità e tecnologia, ricorrendo alla possibilità di trasferimento dei diritti edificatori. L’amministrazione pubblica deve pianificare lo sviluppo, governando il territorio ai vari livelli, nazionale, regionale e comunale.
Occorrono politiche d’intervento che investano il quadro legislativo, istituzionale e finanziario. L’utilizzo della perequazione urbanistica, strumento indispensabile per il riequilibrio territoriale, può mobilitare capitali privati più di quanto abbiano fatto gli incentivi volumetrici previsti nei recenti “piani casa”. È necessario un nuovo concetto di riforma urbanistica che non prosegua nel governo del brutto, ma che sappia pianificare un reale sviluppo del contenimento dei consumi energetici, che affronti l’emergenza sismica e geologica e che ridia un senso civile e dignitoso alle periferie.
Di fronte a un intreccio di tale complicazione è sotto gli occhi di tutti la resa della politica, ma è altresì evidente la crescente consapevolezza dei cittadini e quindi la sempre più insistente richiesta di soluzioni.
La situazione porta con sé proteste spesso clamorose, il proliferare di forme di organizzazione spontanee e dal basso, l’accento sulle questioni legate alla sicurezza e all’integrazione, la protesta contro gli scandali legati alla commistione tra “affari urbanistici” e amministratori a volte corrotti. Non è più rimandabile, quindi, la necessità di offrire risposte, ma soprattutto prospettive di costruzione di un percorso.

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Le nuove politiche urbane dovranno svilupparsi attraverso poche e chiare norme e molti progetti, capaci di adattarsi alla rapidità dei fenomeni, salvaguardando gli elementi fondamentali di difesa e rigenerazione dell’habitat.

La Rigenerazione Urbana Sostenibile è la sintesi di una soluzione possibile, da declinare con un lavoro di ricerca e di discussione, capace di definire un progetto che sappia essere efficace per i prossimi vent’anni. Si tratta di rimettere mano alle città esistenti, rifacendo e rigenerando le costruzioni e gli spazi pubblici, senza più consumare suolo, risparmiando energia, costruendo strategie coraggiose su temi complessi come il traffico e la gestione dei rifiuti, in un disegno a scala territoriale vasta declinato in realizzazioni puntuali. Si dirà che è un’impresa difficile, certo, ma è possibile e molte esperienze in atto in molti paesi d’Europa e del mondo lo dimostrano. È un’impresa che ha bisogno di un lavoro profondo di ricerca, che deve procedere attraverso successive sperimentazioni e che non può prescindere dal confronto con i cittadini: ascoltare, proporre e progettare.
È evidente che un progetto così ambizioso presume una chiarezza di fondo, che il Paese, cioè, si costruisca una visione complessiva della città del futuro, nella quale ogni attore –  economico, sociale, culturale – partecipa al progetto stabilendo regole generali disegnate sui fini possibili. Le nuove politiche urbane dovranno svilupparsi attraverso poche e chiare norme e molti progetti, dovranno mostrarsi lontane dall’idea di una codificazione giuridica della vita urbana e capaci invece di adattarsi alla rapidità dei fenomeni, salvaguardando gli elementi fondamentali di difesa e rigenerazione dell’habitat.
La scommessa è integrare le grandi innovazioni del nostro tempo: la banda larga, l’interazione virtuale, gli spostamenti intercontinentali- con elementi che solo in apparenza sembrano d’altri tempi, come il micro scambio, le banche del tempo, il chilometro zero, persino il baratto.

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La rigenerazione urbana supera le separazioni tra architettura e urbanistica, tra quartiere e megalopoli, tra governanti e governati

Nella rete mondiale di nodi urbani di un sistema complesso rinasce la necessità della piccola comunità, dell’unità di vicinato capace di integrare e mediare. Anche questa sarà rigenerazione, la capacità di coniugare il lontano e il vicino, i movimenti sociali via twitter e gli orti urbani di quartiere. Il disegno di un progetto così complesso necessita di una grande varietà di autori e competenze e di vera capacità di sintesi.
La Rigenerazione Urbana Sostenibile è un progetto dinamico che disegna la nuova città, ma anche gli strumenti di gestione, è un processo di integrazione, partecipazione e coinvolgimento che modifica le leggi assieme ai progetti. Gli strumenti tecnici saranno gli standard di eco-sostenibilità, l’innovazione tecnologica, la perequazione, i canali interattivi di relazione tra amministratori e cittadini.Gli strumenti politici sono la sussidiarietà, l’inclusione, la comunicazione e una visione che sostituisce l’ideologia con le idee, e i regolamenti con le norme d’indirizzo. La rigenerazione urbana sostenibile è un progetto di welfare dell’abitare di profonda innovazione culturale, che supera le separazioni tra architettura e urbanistica, tra quartiere e megalopoli, tra governanti e governati.
Questa è la vera grande e prioritaria “opera” di cui ha bisogno il nostro Paese, oltre che un’irrinunciabile occasione per le tante professionalità coinvolte nel rilancio dell’industria delle costruzioni, come motore dell’innovazione scientifica e tecnologica, in grado di ridare al Paese bellezza, sicurezza e dignità.
Difficile ma possibile, soprattutto urgente.

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