Cagnoni andava a casa dei genitori a Firenze ma all’amico scriveva il contrario

Ventunesima udienza / Al processo per uxoricidio la testimonianza di un commercialista che frequenta l’imputato dai tempi delle scuole superiori. Ultimo contatto via Whatsapp il 16 settembre del 2016, giorno dell’omicidio di Giulia: «Rinviò una cena per il giorno dopo dicendo che i suoi stavano arrivando a Ravenna». In aula anche l’ex vicesindaco Mingozzi: «In politica si direbbe che voleva apparire»

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Mingozzi Tribunale

Giannantonio Mingozzi

Il venerdì in cui Giulia Ballestri fu uccisa, 16 settembre 2016, il marito Matteo Cagnoni lasciò Ravenna per un weekend di relax a casa dei genitori a Firenze: nella deposizione al processo in cui figura come imputato per omicidio, il 53enne dermatologo ha detto di aver deciso già a metà settimana per il viaggio ma nella ventunesima udienza, celebrata stamani 6 aprile, un amico ha raccontato di aver ricevuto un messaggio il venerdì con cui Cagnoni rinviava una cena dicendo che i genitori stavano arrivando a Ravenna. La circostanza è emersa nel corso della testimonianza del 54enne commercialista ravennate Luca Ferranti, amico dell’accusato sin dai tempi delle scuole superiori. Cagnoni arrivò in Toscana alle 16.06. Fuori dall’aula, dopo l’audizione, Ferranti ha rifiutato di rispondere alle nostre domande sull’orario in cui ricevette quel messaggio.

È stato il presidente della corte d’assise, Corrado Schiaretti, a chiedere dell’ultimo contatto avvenuto tra i due che negli anni hanno portato avanti il rapporto di amicizia con cene e viaggi, con le rispettive mogli e prima fidanzate. E Ferranti ricostruisce con sicurezza i contorni di uno scambio di messaggi: «Matteo mi scrisse giovedì 15 settembre (del 2016, ndr) per invitarmi con mia moglie a una cena per venerdì o sabato. Gli dissi che ci saremmo stati sabato e lui mi rispose che mi avrebbe fatto sapere perché forse i suoi genitori sarebbero venuti a Ravenna. Il venerdì non mi aveva ancora fatto sapere niente e gli chiesi se c’erano novità. Mi rispose che dovevamo rinviare perché stavano arrivando i suoi genitori».

L’avvocato Giovanni Trombini difende Matteo Cagnoni a processo per l’omicidio della moglie Giulia Ballestri

Quel 16 settembre di due anni fa Cagnoni partì da Ravenna in tarda mattinata, dopo aver preso i figli all’uscita da scuola. Nelle deposizioni raccolte finora in aula, rese sia dell’imputato che da altri testi tra cui anche il padre Mario, non era emersa la circostanza di una eventuale visita dei genitori a Ravenna. L’imputato sostiene di aver passato la mattinata in compagnia della consorte – nella villa disabitata di via Padre Genocchi dove poi verrà trovato il cadavere – e di averla vista viva per l’ultima volta verso le 12 sotto la casa coniugale in via Giordano Bruno. Lui le avrebbe chiesto di seguirlo con i figli a Firenze, lei avrebbe rifiutato dicendo di essere già organizzata per conto suo per il weekend. Frase che il marito interpreto come la volontà di trascorrere due giorni in compagnia dell’amante perché, a giudizio dell’imputato, i due si consideravano ormai separati e l’esistenza di una relazione extraconiugale era cosa nota.

L’audizione di Ferranti è una delle cinque raccolte oggi, nella prima udienza in cui davanti alla corte d’assise hanno sfilato i testi della difesa (80 quelli dell’accusa ascoltati in sei mesi di dibattimento). Si è trattato di amici che conoscevano il medico, alcuni sin dall’infanzia: l’avvocato Giovanni Trombini ha fatto poche domande lasciando spazio alla descrizione di come ricordano «Matteo». Sono arrivate solamente parole di stima, di affetto, di apprezzamento, di elogio per un profilo di uomo premuroso, non vendicativo. Ma tutte descrizioni con verbi declinati al tempo passato, quasi a prendere le distanze. Testimonianze fotocopia che hanno lasciato qualche perplessità anche al giudice Schiaretti. Ma non fu molto diverso con diverse testimonianze dei testi dell’accusa che invece dipinsero un Cagnoni opprimente e manipolatore.

Il primo teste della mattinata è stato l’ex vicesindaco repubblicano Giannantonio Mingozzi che oggi è presidente del Terminal container Ravenna (Trc): «Conosco Cagnoni da dodici-tredici anni, all’inizio per un’amicizia non profonda e poi durante il periodo del mio incarico pubblico ebbi occasione di partecipare alla presentazione di un suo libro». Nel 2011, in campagna elettorale per le amministrative, Cagnoni era tra i cento firmatari della società civile ravennate che sostenevano l’esponente dell’Edera. Del medico tratteggia un profilo ben chiaro: «Cercava in vari modi di rendersi pubblicamente noto, in politica si direbbe che voleva apparire». Una riflessione che forse spiega la successiva: «Al termine del mio incarico non ci siamo più sentiti molto. Forse era più interessato all’istituzione che alla persona». In compagnia della moglie, Mingozzi ebbe occasione di frequentare i coniugi Ballestri-Cagnoni in cene ed eventi mondani: «Giulia non sembrava costretta ma nemmeno entusiasta. Direi che mostrava indifferenza. A casa invece era gradevolissima con gli ospiti».

C’è poi spazio per il deposito da parte dell’accusa (pm Cristina D’Aniello) di un’indagine integrativa. La polizia giudiziaria ha fatto un sopralluogo all’aeroporto di Bologna per verificare la disposizione dei negozi accessibili anche senza avere una carta d’imbarco. Questo perché il 18 settembre del 2016 Cagnoni e il padre Mario andarono da Firenze a Bologna per incontrare l’avvocato Trombini – «Per avere un consulto ipotizzando che Giulia avesse abbandonato il tetto coniugale» – ma passarono dall’aeroporto. Per la procura stava pensando a una fuga. Per la difesa andò a cercare di comprare un orologio per un figlio dopo averne comprato uno per la figlia in un precedente viaggio. Ebbene secondo quanto rilevato dalla procura da giugno del 2016 non c’è alcun negozio che vende orologi per chi non ha il biglietto.

Il processo procederà ora con le udienze del 13 aprile per l’audizione di tutti i testi civili della difesa, il 20 aprile e il 4 maggio con i consulenti tecnici di parte. A quel punto dovrebbe concludersi l’istruttoria per lasciare spazio alla requisitoria del pubblico ministero e all’arringa difensiva in vista della sentenza che non potrà arrivare prima del 24 maggio, giorno in cui la Cassazione sarà chiamata a pronunciarsi per la domanda di trasferimento del processo in altra sede su richiesta della difesa che teme un clima di condizionamento mediatico a Ravenna.

 

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