Medicina, il primario guarda al futuro: «Per certe visite basterà una videochiamata»

Giorgio Ballardini è il direttore di Medicina interna a Rimini e ha trascorso 23 giorni ricoverato in ospedale a Ravenna per Covid. Il medico e ora guarda alle evoluzioni della sua professione tra tecnologie già a disposizione e nuove organizzazioni

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Giorgio Ballardini, direttore di Medicina interna all’ospedale Infermi di Rimini.

Passare da curante a paziente non è stato subito facile. Quando è stato ricoverato a Ravenna per Covid, al dottor Giorgio Ballardini è venuto spontaneo mantenere l’approccio solito, soprattutto per chi di professione dirige un reparto. Poi ha presto capito che era meglio lasciare che ci pensassero i colleghi: «Fare il medico di se stessi non è mai una buona idea».

Il 66enne di Solarolo, primario di Medicina interna all’ospedale Infermi di Rimini, è entrato al Santa Maria delle Croci il 12 marzo e ha trascorso ventitré giorni in Pneumologia per avere la meglio sul coronavirus. «Il momento più brutto è stato quando aumentava il mio bisogno di ossigeno e all’orizzonte c’era il rischio di essere intubato. L’unica alternativa era il casco ma visto che soffro di claustrofobia non era una possibilità fattibile: l’idea di risvegliarmi in Terapia intensiva con un tubo in gola non era allettante. Per fortuna non è servito».

L’11 maggio Ballardini è tornato in corsia a Rimini dopo una lunga convalescenza. «Ho perso 13 kg in ospedale. Quando sono arrivato a casa ero talmente debole che fare le scale era impossibile per l’affanno che mi prendeva. Ci è voluta della riabilitazione e un po’ alla volta mi sono ripreso». Ma se state per chiamarlo eroe, lasciate stare: «Preferirei che le persone mantenessero comportamenti corretti e seguissero le indicazioni per farci lavorare meno».

Nel reparto di Ballardini lavorano 26 medici, se ne sono ammalati 12. «All’inizio di marzo eravamo in allerta perenne cercando di capire i criteri con cui fare i test». In molti si chiedono se la diffusione del virus negli ospedali sia il segnale di qualcosa che non ha funzionato. Il primario spiega così le cose: «È successo in tutto il mondo. Col senno di poi forse si può dire che se abbiamo depositi di gas per fronteggiare le crisi energetiche, d’ora in poi bisognerà pensare a depositi di mascherine per il personale della sanità». Si poteva prevedere? Qualcuno aveva lanciato l’allarme ma non è stato ascoltato: «È girato molto un video di Obama di cinque anni fa in cui diceva che bisognerebbe attrezzarsi per una possibile pandemia di un nuovo virus. Ma in un mondo economico perennemente in crisi è difficile investire in qualcosa che non è davanti a noi in modo concreto».

Una pandemia di un virus così altamente contagioso e così pesante per la sanità metterà il sistema di fronte alla necessità di rivedere alcune organizzazioni, almeno fino a quando non ci sarà un vaccino e il Sars-Cov-2 sarà ancora in circolazione. Qualcosa già era in atto, qualcos’altro è stato aggiunto nell’emergenza, qualcos’altro ancora andrà pianificato in futuro. «Ad esempio io che faccio il pendolare è come se fossi in reparto già alle 7 quando salgo sul treno perché con il computer mi collego e ho la situazione completa sullo schermo». E le comunicazioni a distanza sono state utilizzate anche per informare i parenti dei malati. «Ad esempio da noi se ne sono occupati i medici che erano a casa perché positivi al virus ma asintomatici quindi erano al corrente dei quadri clinici e non potendo lavorare in cor- sia si sono occupati di tenere i contatti con le famiglie».

E il futuro? «Spero che si arrivi a una maggiore appropriatezza dell’uso dell’ospedale e delle visite specialistiche. Non possiamo fare a meno di notare che per due mesi non si sono fatti ricoveri oltre al Covid: c’è stata gente che aveva bisogno ma ha avuto paura ma c’è stata anche gente che semplicemente poteva fare a meno dell’ospedale. Su questo fronte dovremo tararci meglio». E poi più spazio alla telemedicina per le visite di controllo su soggetti già noti: «Se il paziente è già conosciuto dal medico, se è una visita di routine, allora siamo già tecnologicamente pronti per un incontro faccia a faccia tramite gli schermi dei computer. Sarà una nuova parte dell’attività ambulatoriale».

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