I mille rivoli di Sputa tre volte, nuovo, immenso, libro di Reviati

Sputa tre volte, il nuovo libro di Davide Reviati, ravennate del villaggio Anic, tra gli autori di graphic novel più apprezzati in Italia e tradotto anche all’estero, già autore di quel capolavoro che è Morti di sonno, è un lavoro immenso, che guarda in tante direzioni diverse e offre al lettore una gamma di possibilità vastissima. Perché dentro ci sono molti temi che si sovrappongono, si sfiorano, si intrecciano e tutti sono tratteggiati con somma maestria dalla mano del disegnatore che sa cogliere le inquadrature, le prospettive, i gesti, i movimenti dei suoi personaggi e degli ambienti in cui si muovono con sguardo personalissimo. E al lettore viene chiesto talvolta di guardare e immaginare pensieri formati da parole mai pronunciate, talvolta di immaginare scene non illustrate, in un gioco di pieni e vuoti proprio dei grandi romanzi.

In un paesaggio vicino al mare, tra campagna e città dove ogni ravennate riconoscerà l’Itis Nullo Baldini che i protagonisti frequentano senza grande profitto (per usare un eufemismo) ai tempi in cui ancora a Viserbella esisteva lo Slego, e riconoscerà l’omaggio a Ericailcane ma soprattutto riconoscerà i capanni da pesca (teatro di una delle scene più divertenti e insieme rilevatrici del libro) e non potrà che sentirsi a casa. In una casa però pervasa dall’inquietudine vissuta dal protagonista che vediamo crescere con i suoi amici, in un rapporto di fratellanza tutto maschile dove poco viene affidato alle parole, per raccontarsi. Le donne sono poche, sono madri eccetto una “pazza”, una zingara impossibile da decifrare nei suoi comportamenti contraddittori. Perché questo è un libro che parla anche di zingari, vicini di casa ma tenuti a distanza, raccontati senza retorica, oltre i cliché, senza farne delle vittime e cercando però di rendere loro un po’ di giustizia passando dalle storie di semplici individui di provincia alla grande storia con la S maiuscola dello sterminio razziale.

Ma nel libro, a uscire dal racconto biografico e di fiction della piccola storia di provincia, ci sono elementi che hanno a che fare con il piano esistenziale, con il senso della vita, con il rapporto verso la perdita di un padre mentre si passa dall’adolescenza all’età adulta, dalla difficoltà di vivere, di come gin e libanese, per quanto buono, non possano bastare a riempire un vuoto, a dare un senso compiuto.

Il libro si costruisce attraverso un continuo spostamento tra piani temporali diversi, infanzia e giovinezza, dentro e fuori, piccolo e grande, veglia e sogno, personaggi reali e apparizioni “mistiche” come John Wayne, tra bar di periferia e la ferrovia, tra un campo dei miracoli e case di adulti che applicano una pedagogia certo molto diversa da quella odierna.

Insomma, come si diceva appunto, un libro immenso in cui perdersi nei mille rivoli di suggestioni, pensieri, ragionamenti ed emozioni che può suscitare. Oltre al puro incanto di fronte alla bellezza cristallina del disegno.

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