“Visionari e apocalittici”, torna a Cervia la mostra della Cna curata da Spadoni

Inaugurazione il 19 luglio ai Magazzini del Sale. Oltre 60 opere di Eron, Giovanni Fabbri, Chiara Lecca, Gian Ruggero Manzoni e Luca Piovaccari e un omaggio a Moreni, Sartelli e Ronchi

Eron

Eron
Album Blending 2, (2013)
spray painting on canvas, cm 100×80
© Photo Courtesy, Particia Armocida Gallery, Milano

Inaugurerà venerdì 19 luglio, alle 18.30 ai Magazzini del Sale di Cervia, la mostra d’arte “Visionari e apocalittici – di ordinaria follia”, curata da Claudio Spadoni. Un’esposizione con oltre 60 opere di cinque artisti: Eron, Giovanni Fabbri, Chiara Lecca, Gian Ruggero Manzoni e Luca Piovaccari. Insieme a questi, un omaggio a tre singolari figure della generazione precedente: Mattia Moreni, Germano Sartelli, Demos Ronchi.

«Un appuntamento importante – sottolinea Massimo Mazzavillani, direttore della Cna di Ravenna, che come ogni anno organizza e promuove la mostra di Cervia – che, ancora una volta, vuole promuovere la crescita culturale e artistica del territorio in un’ottica di ulteriore qualificazione dell’offerta turistica, all’interno di un progetto più vasto che intende affermare i valori dell’artigianato e della piccola impresa, da sempre protagonisti dello sviluppo economico, sociale e culturale del nostro territorio».

«Il poeta latino Orazio – sono le parole con cui invece Claudio Spadoni presenta la mostra – parlava di un’amabilis insania, vale a dire di un trasalimento o un furore  creativo proprio degli artisti, dei poeti. Ma si potrebbero aggiungere altri aggettivi alla particolare ‘follia’ che, soprattutto oggi,  può assumere forme diverse, manifestarsi in modi che nell’arte contemporanea non hanno più canoni ben definiti, parametri di riferimento. A quella che era considerata la Tradizione, da tempo si è sostituita la Tradizione del Nuovo,  a sua volta riveduta e amplificata in una dilatazione di possibilità espressive senza più limiti. Significativamente, oltre mezzo secolo fa, Piero Manzoni col suo ‘Socle du Monde’,  un semplice piedistallo capovolto che simbolicamente costituiva una base per l’intero globo terrestre  inteso come una gigantesca scultura, voleva semplicemente dire che tutto poteva essere assunto e considerato come arte. E dunque anche quanto era ritenuto proprio dell’eccentricità, della diversità, della ‘follia’ artistica,  poteva rientrare ormai di fatto nella normalità, in una follia ordinaria.   Al punto che  oggi gli artisti più ‘borderline’ potrebbero forse risultare quelli che all’apparenza si attengono, nonostante tutto, alla tradizione dell’arte.  Che ne è poi di quella ‘provincia’,  periferia dell’ impero per dirla con Umberto Eco, che un tempo poteva rivendicare certe peculiarità di accenti oggi assorbiti o cancellati  in  virtù di una globalizzazione che esprime il volto dell’ufficialità e quasi non concede spazio  ad alternative?»
«Ci si potrebbe chiedere, dunque, se per gli artisti convocati per questa mostra – scelti volutamente di uno stesso territorio anche se magari attivi ben oltre i confini geografici d’appartenenza- possa ancora valere la definizione oraziana, o piuttosto in che termini la loro condizione di ‘visionari e apocalittici’ possa esprimersi in una riconoscibile specificità di caratteri. In questo caso sono cinque i nomi dei prescelti in un panorama di possibilità espressive  molto dilatato, com’è quello di un globalismo ormai senza frontiere: da pittura e scultura, a fotografia e  installazioni.  Eron, Giovanni Fabbri, Chiara Lecca, Gian Ruggero Manzoni, Luca Piovaccari, si muovono comunque in zone ardue, quasi al limite dei rispettivi  linguaggi, come a volerli in ogni caso forzare  rimarcando così il carattere della propria condizione, della propria ‘insania’. Una follia creativa, la loro, che se anche si manifesta  adombrata in una condizione ‘ordinaria’, resta tuttavia fortemente individua.
Con loro, tre singolari figure di un’altra generazione, Mattia Moreni, Germano Sartelli, Demos Ronchi.
E sarà una grande opera di una  visionarietà  apocalittica  di Mattia Moreni, un  protagonista del secondo dopoguerra (1920-1999), ad aprire la mostra, che presenta anche un’importante serie di lavori, particolarmente congeniali al tema, di Germano Sartelli, anch’egli scomparso qualche anno fa. Di lui Francesco Arcangeli, studioso particolarmente sensibile ai valori della ‘provincia’ concepita nel senso più alto  di “provincia d’Europa”, lasciò una telegrafica ma  illuminante descrizione: “sempre all’erta e sempre in ritiro”. Un omaggio doveroso ad un maestro sui generis, isolato, schivo, come forse nessun altro contemporaneo, ma con una sensibilità rabdomantica. Con lui, un altro imolese, davvero anomalo nella sua breve e perfino sconcertante vicenda creativa: Demos Ronchi(1922-1978) impegnato in una pratica del tutto ai margini dell’ufficialità,  tenacemente votata ad un impegno etico totale».

La mostra sarà accompagnata da un catalogo con un testo introduttivo del curatore, la documentazione dei lavori esposti e testi critici dedicati agli artisti.

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