Dante diventa anche un robot: «Un movimento per la città»

Parla lo street artist Labadanzky, autore dell’opera che verrà allestita nel giardino dell’Oriani

Labadanzky FotoAd accogliere i visitatori della mostra Dante Plus nel giardino della biblioteca Oriani di Ravenna sarà un enorme Dante-robot di quattro metri e mezzo per oltre 300 chili di peso. A realizzarlo è stato Labadanzky, street artist genovese di fama internazionale, ottenuta soprattutto per i suoi giganti meccanici, simili a dei Transformers. Lo abbiamo intervistato.

Dante come è diventato un robot?
«Innanzitutto va detto che parte fondamentale della mia cifra stilistica è la produzione di installazioni monumentali, tutte con caratteristiche morfologiche riconducibili a quelle di pantagruelici e assurdi macchinari in disuso, più o meno antropomorfi, tutti creati a partire da materiale riciclato. Per quanto riguarda Dante, sono stato coinvolto in questa iniziativa dal curatore Marco Miccoli già per la scorsa edizione, quando sperimentammo un’opera analoga ma di piccole dimensioni. Quest’anno abbiamo deciso di fare le cose in grande con un’installazione monumentale prodotta ad hoc per l’evento».

Cosa hai utilizzato per costruirla e quanto ci hai messo?
«Qualche settimana, utilizzando al 90 percento plastica riciclata e per il resto acciaio al carbonio».

Si muove?
«Nel progetto originale era prevista una certa interattività dell’opera, Ma esigenze di natura pragmatica ci hanno spinto a riconsiderare questa opportunità».

Che fine farà al termine della mostra?
«Fortunatamente, talvolta, le mie opere di un certo tipo vengono acquistate. Mi rendo conto però che questo pezzo in particolare sia di difficile contestualizzazione all’interno di una collezione privata o simili. Quindi, nel frattempo, mi piacerebbe avere l’onore e l’opportunità di lasciare questo monumento alla città di Ravenna il più a lungo possibile».

Conosci Ravenna?
«È la mia prima volta qui».

Da street artist, hai in programma interventi in città?
«Non posso ovviamente esprimermi apertamente al riguardo. Posso però dire che non mi piace affatto stare con le mani in mano, e ho ben 48 ore disponibili nella vostra bella città…».

Qual è il tuo rapporto con Dante? E conoscevi quello tra Dante e Ravenna?
«Mi piace considerarmi un intellettuale, probabilmente non il più brillante né il più erudito, ma comunque tale, e come tale apprezzo sicuramente i grandi classici e autori della letteratura mondiale. Cionondimeno ammetto di aver avuto una conoscenza superficiale a proposito del rapporto tra Dante e la città di Ravenna. Lieto di aver avuto l’opportunità di approfondire».

Perché i robot?
«Sono un pretesto, un oggetto finale che utilizzo per interfacciare l’osservatore con una serie di tematiche riconducibili direttamente all’arte relazionale e alla street art. I controsensi, il dispotismo e le idiosincrasie della realtà sociale urbana contemporanea sono quello su cui si indugia a ragionare dialogando con i miei mostri».

Da dove viene il tuo nome?
«Non so se ho voglia di rispondere a questa domanda (ride, ndr). Ma non vi è nessun aneddoto particolarmente interessante legato al mio nome. D’altra parte “Il titolo è la parte meno interessante di ogni buon libro”…».

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