L’artista che si è dedicata a un mondo in pericolo, che non ha parole

Due mostre, alle gallerie Mag e Monogao21 di Ravenna, per la cervese Giorgia Severi, il cui lavoro dal 2012 ha preso una strada di fortissimo senso civico nel registrare la precarietà dell’habitat naturale

Giorgia Severi Ghost Gum Tree

Giorgia Severi, “Ghost Gum Tree”

Non so se è tutto iniziato nel luglio 2012 ma questa sembra essere una data importante per il processo artistico di Giorgia Severi, affermata artista di origine cervese che dopo la partecipazione nel 2015 alla Biennale di Venezia da tempo presenta i suoi lavori in numerose mostre di rilievo e ha affezionati e importanti collezionisti. Nonostante il suo lavoro parta prima di questa data con opere che già mostrano un deciso filo conduttore – l’importanza e la bellezza del mondo vegetale e delle sue forme, la relazione fra queste e le culture arcaiche ancora presenti in alcuni territori del mondo – è dal 2012 che si è acutizzato nel lavoro un forte registro protettivo e una dimensione etica ancora più forte che in precedenza.

La data indicata è quella dell’incendio che devastò la pineta Ramazzotti fra Lido di Dante e Lido di Savio, portandosi via per sempre 40 ettari di alberi. Credo che sia ancora negli occhi di molti l’enorme colonna di fumo sprigionata e lo spettacolo oscuro e cimiteriale di ciò che restava della pineta. A seguito di questo evento, Giorgia fece una serie di bellissimi lavori: i resti dei pini furono trasformati in reliquie, i tronchi bruciati vennero ricalcati come sindoni, i frammenti di ciò che restava restaurati. Infine, grazie a una performance di un giorno in piazza a Ravenna l’artista rilanciò un’operazione di semina collettiva, un gesto catartico che non suturava la ferita ma proponeva un futuro e rendeva consapevole e partecipe tutta la cittadinanza,

Da quella data, il lavoro di Giorgia ha preso una strada di fortissimo senso civico: grande viaggiatrice da sempre, la sua esplorazione che spesso si è trasformata in lunghe residenze, ha avuto un forte senso di relazione coi mondi che incontrava sia che il paese ospite fosse la Grecia, il Marocco, il Nepal, l’India o il Tibet ma dal 2012 ha cominciato a registrare in particolare l’evanescenza e la precarietà dell’habitat naturale. Eclettica sull’uso dei materiali e delle tecniche – che possono comprendere calco, fotografia, disegno, frottage, ricamo e scultura – l’artista si è messa a disposizione di un mondo che non ha parola, ricalcando le cortecce degli alberi in via di estinzione, mappando gli avanzi dei ghiacciai che stanno scomparendo a causa del riscaldamento globale, disegnando le silhouettes delle specie arboree che cedono alla presenza di specie non autoctone, piantumate dall’immaginario stereotipo imposto dagli umani a tutte le latitudini.

In due personali molto belle curate da Luca Donelli – contemporaneamente presso le gallerie MAG e MonoGAO di Ra- venna – si possono vedere alcuni pezzi delle serie passate fino al lavoro più recente di Macaronesia. Alla serie Ghost Landscape – iniziata nel 2016 durante una residenza in Australia – appartiene Ghost Gum Tree che si presenta come un calco in gesso su carta della corteccia degli Eucalypto. Questo lavoro ha tutta l’ambiguità di una presenza-assenza tracciata da segni leggerissimi a frottage che rievocano in modo fantasmatico il colore bianchissimo dei tronchi. Viene da riflettere sul fatto che una volta interrotta la relazione con la cultura tradizionale autoctona – quella degli aborigeni in questo caso –, le specie naturali perdono improvvisamente l’aura di sacralità che le ha avvolte per secoli. Garantita dai miti e dai racconti delle culture preindustriali, la caduta di questa aura ha aperto la porta alla modernità ma anche alla definitiva scomparsa di molte specie naturali. Così come il mondo vegetale anche i ghiacciai si avviano allo stesso destino: nella serie Antenati: Melting Glaciers-Brenta, Severi traduce in una lenta opera di calco e disegno i lembi dei ghiacciai avanzati, le rocce calcaree ora spoglie su cui erano ancorati.

Nei lavori inediti dell’ultima serie dal titolo Macaronesia – le così dette “isole fortunate” dell’Atlantico fra cui Azzorre, Madeira, Canarie fino all’arcipelago di Capo Verde – fotografie, ricalchi a matita, disegni su supporti fluo e ricami pongono di nuovo l’attenzione su altre specie vegetali a rischio, uniche al mondo come alcuni esemplari di alberi sopravissuti nella foresta Laurisilva o alberi-simbolo di queste regioni come la Dracena Draco. Le stampe a colori e in bianco e nero su alluminio che concretizzano questi nostri antenati sono di grande bellezza così come appaiono sobrie e ricche di una pietas commovente i ricalchi di cortecce e i disegni che posizionano questi “amabili resti” in una posizione da icona sacra. Il lavoro di Severi può verosimilmente attingere dalla Land Art e da Arte Povera fino alle esperienze sciamaniche di Beuys – elaborazioni a cui Giorgia è vicina per sensibilità oltre che per il coinvolgimento fisico che il suo lavoro impone in zone difficili da raggiungere, per il tempo impiegato nell’esecuzione del lavoro, per la pazienza necessaria e per il silenzioso rispetto che queste opere impongono. Ma il passo aggiunto rispetto al passato è l’urgenza del contesto, la forte dimensione etica del lavoro, la necessità da parte dell’artista di impegnarsi come testimone di un mondo unico e in pericolo.

Another Ghost Landscape, personali di Giorgia Severi – fino al 30 giugno – Ravenna: MAG Magazeno Art Gallery, via Mazzini 35 (orari: Ven-Sab 15.30-19.30 – Sab-Dom 10.30-13); MonoGAO21, via Alberoni 5 (Lun-Dom 18-22).

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