“Sei Sequoie”, il ristorante che ha aperto alla vigilia del Dpcm: «Siamo ostinati»

Un casale di campagna del Settecento tra San Michele e Fornace Zarattini trasformato in un’elegante locanda con 40 coperti, camere da letto e giardino con piscina. Il nome deriva dagli alberi che il titolare Maurizio Rivalta ha fatto arrivare dalla California

DSC 1980Apri un ristorante nuovo, creato da zero con tre anni di lavori in un casale di campagna del Settecento, e il giorno dopo un decreto ti obbliga a chiudere tutti i giorni alle 18. «Ma noi siamo ostinati e non ci facciamo demoralizzare», assicura il proprietario della locanda “Sei Sequoie” in via Faentina a Ravenna, tra San Michele e Fornace Zarattini, nei pressi dello svincolo dell’autostrada. Maurizio Rivalta è ottimista e sa che dovrà contare solo sulle proprie forze: «Per chi parte ora non ci saranno ristori dallo Stato visto che nel 2019 l’attività non esisteva. Ma ormai eravamo pronti e abbiamo aperto».

L’obiettivo a breve termine è chiaro: «Il Dpcm è in vigore fino al 24 novembre, speriamo sia davvero così e con i pranzi di questo mese di riuscire a coprire gli stipendi dei cinque dipendenti assunti a tempo indeterminato». La scelta è di non fare asporto o consegne a domicilio per evitare che la posizione fuori città porti piatti freddi con un danno alla percezione della qualità.

Quando è esplosa la pandemia a inizio 2020, il cantiere era ormai alle battute finali e la decisione è stata di andare avanti: «Abbiamo perso i tre mesi di lockdown in cui tutto era fermo, per il resto non è cambiato molto». Anche la progettazione non è stata rivista: «Non è stato necessario fare particolari modifiche, avevamo già in mente un ambiente spazioso per i clienti. Potremmo avere un massimo di 60 coperti ma ne faremo una quarantina. Dopo l’inverno ci sarà il giardino su cui puntiamo molto».

DSC 2028Per Rivalta, 64enne nato a Milano da padre ravennate e residente a Ravenna da oltre vent’anni, è la prima volta nella ristorazione: «Il mio lavoro è un altro, sono un commercialista e quello continuerò a fare: non potrei passare dai numeri alle tagliatelle. Ho fatto un investimento in prima persona per dare una nuova vita a un immobile che appartiene alla mia famiglia da generazioni e rischiava di restare abbandonato». La ristrutturazione è stata curata dall’architetta Maria Teresa Rossi di Ravenna: «Avevo già visto le sue capacità negli uffici dello studio dove lavoro e ha confermato la mia ottima opinione: è venuto come lo volevamo e siamo tutti contenti». Al piano terra nella vecchia stalla il ristorante con due chef faentini, al primo piano sei camere da letto, attorno un ampio giardino con piscina. Alla gestione dell’attività quindi si affiancheranno Marcella Rivalta, figlia di Maurizio, e Carlo Mazzardis, manager del settore con esperienza anche internazionale. «Stiamo completando gli ultimi interventi esterni, con il montaggio del fotovoltaico sul tetto e la sistemazione del prato. Manca ancora l’insegna ma già con il passaparola degli amici stiamo ricevendo prenotazioni per i pranzi».

DSC 2144Il nome, Sei Sequoie, ha dietro una storia inattesa e tutta da raccontare. Rivalta la snocciola con il sorriso: «Quando un uomo si fa la barba al mattino davanti allo specchio è il momento in cui gli vengono i pensieri più strani. Io, nel 2014, mi sono reso conto che in vita mia non avevo mai piantato un albero. E mi è venuta questa libidine di dover piantare un albero. Sono entrato nel loop della scelta del tipo, chiunque mi dava consiglio. Alla fine ho deciso che volevo delle sequoie perché volevo qualcosa che qui non c’era». Tramite un vivaio olandese, Rivalta ha fatto arrivare sei piante dalla California: «Erano alte 35-40 cm, pagate 150 euro ognuna più le spese di spedizione. Le ho piantate con lo spirito di quel detto giapponese: chi pianta un albero lo fa a favore di chi potrà sedersi sotto la sua ombra». Quando sei anni dopo è diventato una locanda, il dibattito familiare sulla scelta del nome ha privilegiato la peculiarità botanica: «Anche se forse con la esse romagnola di queste parti non sarà facile da pronunciare».

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