L’unione crea valore per l’ottimo scalogno

Scalogno Da Lea GardiLo Scalogno di Romagna è Igp da 25 anni, una denominazione che lo valorizza, ma che non è riuscita a farlo decollare rispetto alla qualità eccezionale di questa liliacea che tutto il mondo ci invidia. Ma che non riesce a goderne per una produzione frammentata, una stagionalità breve e una insufficienza del sistema distributivo.
La costituzione del Consorzio di produttori che ha come capofila la comunità di Riolo Terme e grazie alla tenacia del Sindaco Nicolardi è la premessa per superare questi ostacoli e avviare una promozione adeguata a un prodotto davvero unico.
Il lavoro paziente di “CheftoChef emiliaromagnacuochi” del ravennate, con numerosi altri attori, è stato determinante inserendo lo scalogno in una rete con le cugine liliacee di qualità dell’Emilia-Romagna (l’aglio di Voghiera, la cipolla di Medicina e la cipolla Borettana, originaria di di Boretto), un quartetto che ha visto una importante innovazione di prodotto grazie alla start-up ravennate “NeroFermento”, che dopo lo strepitoso successo dell’aglio nero, sta avviando la produzione dello scalogno fermentato per l’alta ristorazione.

Un’iniziativa di collaborazione nata da Lea Gardi che nella sua tenuta Nasano di Riolo Terme ha ospitato tutte le tappe di avvicinamento all’obbiettivo imprescindibile del consorzio (nella foto in alto a sinistra).
Lo chef “pluristellato” Silverio Cineri ha dimostrato, nella serata di celebrazione dell’evento, come un prodotto «umile ma ricco» può essere elemento essenziale per la riuscita di un piatto innovativo pur guardando alla sua storia. «Lo scalogno è la punteggiatura di una sintassi gastronomica, e anche la sua forma ricorda dalla virgola a un punto interrogativo».
Questo è stato il suo primo pensiero e ci ha ricordato che il nero intenso dell’aglio fermentato oltre alle qualità gustative è un raro esempio di cromatismo vegetale che può arricchire la tavolozza cromatica di un piatto.
E adesso avanti cari cuochi romagnoli e cari gourmet a far progredire questa spesso ingiustamente bistrattata gastronomia romagnola!

Curzul Scalogno

Carta d’identità e usi in cucina dello scalogno Igp di Romagna
Simile alla cipolla, ma più piccolo e allungato, lo scalogno Igp di Romagna è davvero un bene prezioso, una varietà le cui origini sono antichissime e che solo grazie all’uomo è stato preservato. L’antica denominazione di queste piante, la cui coltivazione è nota almeno dal 3000 anni a.C. ed era già in uso presso i popoli romani, non è facilmente ricostruibile.
Si ritiene che lo scalogno sia stato portato dai popoli che migrarono dal medio oriente verso l’Europa, tra questi le popolazioni celtiche, molto presenti anche nelle nostre zone, infatti il termine allium è una parola celtica che significa “bruciante”. In ogni caso, come si diceva, la sua preservazione è si deve all’azione umana. Non facendo infatti fiori e non potendosi di conseguenza propagare con l’impollinazione ma solo conservandone ed interrando i bulbi, sono stati gli agricoltori romagnoli che lo hanno preservato dall’estinzione. Inoltre, per questo stesso motivo, non essendo mai stato “incrociato”, il suo corredo genetico è rimasto invariato nei secoli.

Scalogno

Appartenente alla famiglia delle Liliacee, lo scalogno Igp di Romagna è molto profumato e, consumato crudo, ha proprietà antibiotiche come l’aglio, dato che contiene silicio, selenio, magnesio, fibre e vitamina C.
I terreni ideali per la sua coltivazione sono di natura collinare, tessitura media tendente all’argilloso, asciutti, ben dotati di potassio e sostanza organica, ben esposti e soprattutto ben drenati.
In cucina viene molto usato per profumare paste e ragù, saltando in padella i primi piatti. Poi trova largo impiego per aromatizzare le insalate, sia da crudo subito dopo la raccolta che sott’olio. Ed proprio in questa sua ultima versione “in conserva” che risulta delicato e gustoso anche con i salumi, sul pesce bollito, nelle frittate e nelle bruschette.

 

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