L’agnello in tavola a Pasqua: tradizioni e ricette Seguici su Telegram e resta aggiornato A proposito dell’alimento che rappresenta il sacrificio di Cristo. Otto le razze ovine nel disciplinare Con l’agnello sulle tavole della Pasqua, si sa, la religione cristiana celebra il sacrificio di Cristo, l’agnello di Dio che si immolò per il suo popolo. Ed è comune all’Italia intera questa secolare usanza ma è certamente più radicata in quelle zone in cui l’allevamento ovino, soprattutto in passato, era maggiormente diffuso. L’Emilia Romagna è senza dubbio una di queste: nelle sue zone collinari infatti è storico l’allevamento dell’Agnello dell’Appennino Centrale Igp. Si tratta di capi certificati nati e cresciuti in Abruzzo, Emilia Romagna, Lazio, Marche, Toscana e Umbria e ottenuti da una popolazione di ovini storicamente presenti in quest’area, con specifiche attitudini e dalla quale si sono ottenute le attuali razze locali che danno vita ad animali da carne di ottima qualità. L’agnello del Centro Italia, una delle ultime certificazioni di qualità che riguardano le carni italiane, è infatti Igp dal 2010 dopo l’Agnello di Sardegna Igp dal 2001 e l’Abbacchio Romano Igp dal 2009. Va detto che in passato i nostri allevamenti avevano un triplice scopo in quanto, oltre che per la carne, erano dedicati anche alla produzione di latte e di lana. Negli ultimi anni invece, sull’Appennino si è verificata una specializzazione per la produzione esclusiva di carne. Le razze storicamente presenti e ammesse dal disciplinare sono otto: L’Appenninica, la Fabrianese, la Merinizzata Italiana, la Pomarancina, la Sopravissana, la Massese, la Garfagnina bianca e la Zerasca, i cui nomi attestano un profondo legame con il territorio (Fabriano nelle Marche, Garfagnana, Massa e Zeri in Toscana e così via). Gli agnelli devono essere alimentati a latte materno fino allo svezzamento e successivamente da foraggi costituiti da essenze di prati e pascoli, leguminose e graminacee coltivate, mangimi, integratori alimentari e vitaminici. La macellazione deve avvenire quando gli animali non hanno ancora sviluppato gli incisivi permanenti nella dentatura. E se ne ottengono carni povere di grassi e dal sapore molto marcato. L’agnello secondo l’Artusi Pellegrino Artusi, nel suo celebre La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene collegando l’agnello alle feste natalizie e pasquali, giacché “l’agnello comincia ad esser buono in dicembre, e per Pasqua o è cominciata o sta per cominciare la sua decadenza”, ce ne propone, fra le altre, una versione classica e certamente di grande effetto. (530) Cosciotto di Agnello Arrosto «La stagione del castrato è dall’ottobre al maggio. Dicesi che si deve preferire quello di gamba corta e di carne color rosso bruno. Il cosciotto arrostito offre un nutrimento sano e nutriente, opportuno specialmente a chi ha tendenza alla pinguedine. Prima di cuocerlo lasciatelo frollare diversi giorni, più o meno a seconda della temperatura. Prima d’infilarlo allo spiede battetelo ben bene con un mazzuolo di legno, poi spellatelo e levategli, senza troppo straziarlo, l’osso di mezzo. Dopo, perché resti tutto raccolto, legatelo e dategli fuoco ardente da principio, e a mezza cottura diminuite il calore. Quando comincia a gettare il sugo, che raccoglierete nella leccarda, bagnatelo col medesimo e con brodo digrassato, nient’altro. Salatelo a cottura quasi completa; ma badate che non riesca troppo cotto né che sanguini e servitelo in tavola col suo sugo in una salsiera e perché faccia miglior figura involgete l’estremità dell’osso della gamba in carta bianca frastagliata». La Ricetta Agnello in umido con i piselli alla romagnola Ingredienti (per 4/6 persone) 800 grammi di agnello tagliato a pezzi 60 grammi di guanciale fatto a listarelle 150 grammi di piselli freschi sgranati 300 grammi di salsa di pomodoro olio extravergine d’oliva sale marino integrale pepe nero macinato al momento Preparazione Rosolare il guanciale in un paio di cucchiai di olio poi aggiungere l’agnello e rosolarlo bene. Aggiungere la salsa di pomodoro, regolare di sale e di pepe e far cuocere a fuoco lento e a pentola coperta per circa un’ora. Trascorso questo tempo, unire i piselli e portare a cottura aggiungendo, se è necessario, un po’ d’acqua o di brodo, per evitare che il sugo si asciughi troppo. Servire il piatto ben caldo con un filo di olio crudo e dei crostini di pane abbrustolito. Total0 0 0 0 Forse può interessarti... Rivivono le antiche tradizioni a Cotignola con la "Sfujareja" «È l'anno del cibo italiano: valorizziamo le specialità tradizionali ravennati» Da Brisighella i segreti dell’olio Dop Seguici su Telegram e resta aggiornato