giovedì
21 Agosto 2025

Lafert sospende i licenziamenti, spunta l’ipotesi del ricollocamento

L’azienda sarebbe al lavoro per convertire lo stabilimento e salvare i 60 dipendenti

Presidiolafert Bologna
Il presidio dei dipendenti Lafert a Bologna

L’azienda veneta Lafert spa ha deciso di sospendere per 15 giorni la procedura di licenziamento collettivo per i 60 dipendenti dello stabilimento di Fusignano. La notizia è emersa ieri, in seguito al tavolo tenutosi in Regione Emilia-Romagna tra istituzioni, vertici aziendali e parti sociali. La chiusura dell’attività, prevista per il prossimo 31 marzo, era stata comunicata la scorsa settimana e nei giorni seguenti i lavoratori hanno scioperato per protestare contro il licenziamento. Sulla crisi aziendale si è attivata subito la Regione.

La sospensione del licenziamento è il primo segno di apertura da parte dell’impresa, che ha ipotizzato il possibile ricollocamento del personale sul territorio, nell’ambito di un progetto di conversione dell’attività. I 15 giorni di tempo serviranno per un confronto tra impresa, sindacati e Rsu. Lafert, che ha oltre 800 dipendenti in Italia e fa parte del colosso giapponese Sumitomo Heavy Industries, è specializzata nella produzione di motori elettrici e non ha comunicato i dettagli dell’eventuale conversione dello stabilimento.

All’incontro che ha portato a raggiungere l’intesa hanno preso parte l’assessore regionale al lavoro Giovanni Paglia, il sindaco di Fusignano Nicola Pondi, l’amministratore delegato di Lafert Cesare Savini e i rappresentanti di Confindustria Veneto Est e delle organizzazioni sindacali. Al termine del tavolo è stato siglato un verbale dove si formalizza che «a partire da oggi e per la durata di 15 giorni, la procedura di licenziamento collettivo si intende sospesa, unitamente a iniziative di agitazione proclamate dalle organizzazioni sindacali. Questo per consentire alle parti di sviluppare un approfondito confronto sullo stato e le prospettive industriali e finanziarie del sito produttivo di Fusignano, nel contesto del gruppo Lafert».

Questo il commento dell’assessore Paglia: «Ora le parti hanno il tempo e la possibilità di confrontarsi sulle prospettive industriali e finanziarie del sito di Fusignano. Ci aspettiamo che da questo percorso possa venire un nuovo passo avanti». Da parte dell’azienda, «Lafert si è resa disponibile a individuare delle opportunità di reindustrializzazione dello stabilimento di Fusignano al fine di ricollocare i dipendenti». Aggiunge l’amministratore delegato Savini: «Utilizzeremo le prossime due settimane per spiegare in dettaglio la situazione di difficoltà in cui da tempo versa lo stabilimento di Fusignano, con l’obiettivo di fugare i dubbi, chiarire nuovamente i motivi della decisione presa e lavorare per il futuro dei dipendenti. Siamo disponibili a trovare insieme alle parti sociali tutte le soluzioni possibili per favorire la rioccupazione del personale sul territorio e ci impegniamo a individuare progetti di reindustrializzazione dell’area da parte di soggetti interessati a investire sul sito di Fusignano e dare vita a una nuova realtà produttiva».

La Regione conferma Carradori come direttore generale dell’Ausl Romagna

Il manager 68enne guida l’azienda dal 2020 e già in passato aveva lavorato a lungo tra Rimini, Ravenna e Cesena

Redim
Tiziano Carradori

La giunta regionale dell’Emilia-Romagna ha nominato i nuovi direttori generali delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere. Per l’Ausl Romagna è arrivata la conferma di Tiziano Carradori, in carica dal 2020.

Nato e cresciuto a Fano, 68 anni, Carradori è stato a lungo in Romagna, tra Rimini, Cesena e Ravenna. Ha lavorato, a inizio carriera, proprio a Cesena, dove ha ricoperto per sette anni il ruolo di vice direttore sanitario per l’assistenza ospedaliera. Nel 1995, lasciata Cesena e dopo una breve parentesi a Bologna, per Carradori la prima tappa a Rimini, da direttore sanitario. Poi per lui di nuovo Bologna, dove ha lavorato all’assessorato regionale alla Sanità, fino al 1999, quando è tornato a Rimini dov’è rimasto cinque anni come direttore generale. Dal 2004 al 2012 ha ricoperto lo stesso ruolo a Ravenna ed è stato coordinatore delle Ausl romagnole. Dopo alcuni anni passati di nuovo in Regione, dal 2015 direttore generale per l’azienda sanitaria di Ferrara e poi nel 2020 il ritorno in Romagna.

Questi gli altri incarichi:

  • a Parma, Anselmo Campagna sarà il direttore dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria: ricoprirà anche l’incarico di commissario della Azienda Usl;
  • a Reggio Emilia toccherà a Davide Fornaciari (Azienda Usl-Irccs);
  • a Modena, Luca Baldino (Azienda Ospedaliero-Universitaria) e Mattia Altini (Azienda Usl);
  • a Bologna sono stati indicati Anna Maria Petrini (Azienda Usl) e Andrea Rossi (Irccs Istituto Ortopedico Rizzoli);
  • a Ferrara, Nicoletta Natalini guiderà l’Azienda Usl e, nel ruolo di commissario, l’Azienda Ospedaliero-Universitaria;
  • a Imola a dirigere l’Azienda Usl sarà Agostina Aimola.

Nel caso di Parma e Ferrara i direttori ricopriranno anche la carica di commissari, perché saranno chiamati a proseguire il percorso di unificazione delle due Aziende (Sanitaria e Ospedaliero Universitaria).

La squadra regionale si completa con Paola Bardasi alla direzione dell’Azienda Usl di Piacenza e Chiara Gibertoni a quella dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, attualmente già in carica.

Al via i lavori per la realizzazione del centro civico: il progetto da 172 mila euro

Il nuovo polo prenderà il posto dell’ex scuola materna e integrerà i servizi della Casa di Comunità in ambito socio-sanitario

Lavori Pubblici Ex Scuola Materna

Sono iniziati in questi giorni i lavori che trasformeranno entro l’estate l’ex scuola materna di Castiglione di Cervia (utilizzata attualmente come sede del Consiglio di zona) nella sede di un centro civico e sociosanitario.

Il progetto prevede un investimento di oltre 172 mila euro, finanziati dall’Accordo territoriale tra la Provincia di Ravenna, il Comune di Ravenna e il Comune di Cervia. In programma interventi edili e impiantistici, tra cui il rifacimento dei servizi igienici, gli adeguamenti per la rimozione delle barriere architettoniche, la ridistribuzione degli spazi interni con l’obiettivo di realizzare sale polivalenti, la realizzazione di una cucina a uso dell’intera collettività e la ritinteggiatura generale dell’immobile.

Il Centro Civico andrà a integrare la Casa di Comunità, già esistente e operativa, per implementare le attività legate al tema sanitario e della salute psicofisica. Inoltre potrà ospitare iniziative di carattere sociale e culturale, che consentiranno di stimolare l’aggregazione della comunità: grazie a un accordo siglato con l’Azienda sanitaria e il comune di Ravenna, il centro sarà sede di incontri sulla promozione della salute, sui corretti stili di vita e sulla prevenzione. Saranno anche organizzati gruppi di cammino per incentivare l’attività motoria.

«La Casa della Comunità di Castiglione è stata creata per garantire alla comunità, che conta oltre 4.000 residenti, servizi prestati da professionisti sanitari e sociali – commentano il sindaco Mattia Missiroli e l’assessore ai Lavori Pubblici Mirko Boschetti – I lavori in corso nella sede del Consiglio di zona sono necessari per adeguare, anche dal punto di vista normativo, la struttura alla sua nuova destinazione. L’obiettivo è quello di potenziare una sanità di prossimità decentrata su tutto il territorio con strutture che possono rispondere in modo sempre più puntuale ai bisogni dei cittadini».

Infiltrazioni mafiose: 21 condanne per 98 anni e 750mila euro tra multe e danni

Indagine nata tra il 2018 e il 2022 sugli investimenti illeciti di note famiglie della ‘ndrangheta calabrese nell’industria turistica, alberghiera e dolciaria della Romagna. Tra le parti civili i Comuni di Cervia e Bagnacavallo e un ex calciatore di serie A

Il processo “Radici” in tribunale a Ravenna, per infiltrazioni della criminalità organizzata nel tessuto economico della Romagna in modo da controllare locali e attività per riciclare denaro, è arrivato a sentenza nel pomeriggio di oggi, 23 gennaio: tre assoluzioni e 21 condanne con pene complessive per 98 anni di carcere, 35mila euro di multe e più di 700mila euro tra risarcimenti di danni e spese legali alle parti civili. La camera di consiglio si era riunita tre giorni fa. L’accusa, rappresentata dalla Dda di Bologna, aveva chiesto pene per oltre 110 anni.

Tra le condanne più pesanti ci sono quelle a 13 anni e 3 mesi per Saverio Serra (12mila euro di multa), considerato personaggio legato al clan ‘ndranghetistico Mancuso di Limbadi e attualmente in carcere (per lui il pm aveva chiesto 15 anni e 11 mesi). A seguire Francesco Patamia, condannato a 11 anni e 2 mesi (9.200 euro di multa), e Rocco Patamia con 10 anni e 6 mesi (8.600 euro di multa). Francesco Patamia fu candidato alla Camera alle elezioni politiche con la lista Noi moderati e per lui la richiesta del pm era stata di 13 anni, mentre per il padre Rocco erano stati chiesti 11 anni e 10 mesi. I Patamia erano ritenuti dall’accusa a disposizione della cosca dei Piromalli di Gioia Tauro.

Gli altri condannati (con pene comprese tra un massimo di sei anni e otto mesi e un minimo di due anni) sono Massimo Antoniazzi, Domenico Arena, Marcello Bagalà, Claudia Bianchi, Giorgio Giuseppe Caglio, Antonino Carnovale, Gregorio Ciccarello, Alessandro Di Maina, Giovanni Forgione, Carmelo Forgione, Annunziata Amendola, Giuseppe Maiolo, Giovanni Battista Moschella, Eleonora Piperno, Pietro Piperno, Patrizia Russo, Michele Scrugli, Leoluca Serra. Assoluzioni per Renato Domenico Brambilla, Gianluca Cannatelli, Giuseppe Sarto.

Tra le parti civili risarcite figurano quattro enti pubblici: i Comuni di Bagnacavallo (provvisionale di 10mila euro), Cervia (20mila), Cesenatico (20mila) e Imola (15mila). Danni riconosciuti pure ai sindacati Cgil, Cisl e Uil regionali (5mila euro ciascuno), alla Camera del lavoro di Forlì-Cesena (5mila) e all’associazione Libera (5mila). Tra le parti civili, vittima di minacce, anche il 61enne Marco Ballotta, ex portiere di serie A: sarà risarcito di tremila euro da Moschella.

Il processo Radici è nato da una indagine di polizia e guardia di finanza che tra il 2018 e il 2022 ha scoperchiato gli investimenti illeciti nell’industria alberghiera e dolciaria di una potente organizzazione insediata in Emilia-Romagna e collegata a note famiglie della ‘ndrangheta calabrese. Nel dibattimento è emersa la carica di violenza verbale e fisica con la quale  membri dell’organizzazione imponevano alle loro vittime, in particolare lavoratori in stato di bisogno e imprenditori in difficoltà finanziaria, la forza della cosca.

Il sindacato Cgil Emilia-Romagna esprime soddisfazione per la sentenza: «Il dibattimento ha dimostrato come il grave sfruttamento lavorativo e il caporalato siano realtà presenti nel nostro territorio anche in settori come quello del turismo, della ricezione alberghiera, dell’artigianato dolciario. La Cgil già prima del processo  aveva patrocinato i lavoratori sfruttati e segnalato alle autorità la gravità dei fatti, svolgendo un ruolo attivo di sentinella del territorio».

Furto nei pressi dell’asilo, Rolando (Lega): «Inaccettabile, servono azioni rapide»

Il capogruppo del Carroccio in consiglio comunale ha depositato un question time al sindaco per l’installazione di telecamere di videosorveglianza nella zona

Rolando Gianfilippo

L’episodio risale alla giornata di ieri (mercoledì 22 gennaio, ore 16 circa) quando durante il ritiro dei bambini dall’asilo Garibaldi di Porto Corsini una donna ha trovato la propria auto con il finestrino rotto e il conseguente furto di una borsa contenente effetti personali, carte di credito e altri oggetti di valore.

In seguito all’episodio, Gianfilippo Nicola Rolando, capogruppo Lega Salvini Premier al Consiglio Comunale di Ravenna, ha depositato oggi un question time al sindaco e all’Amministrazione Comunale per richiedere l’installazione urgente di telecamere di videosorveglianza nei pressi dell’asilo Garibaldi e nelle zone adiacenti, anche alla luce della «forte preoccupazione destata tra i genitori e la cittadinanza di Porto Corsini, considerata una zona tranquilla e sicura».

«È inaccettabile che in una strada chiusa e in pieno giorno possano verificarsi episodi del genere – commenta il capogruppo -. La sicurezza dei nostri cittadini e dei nostri bambini deve essere una priorità assoluta. L’Amministrazione non può ignorare questa situazione: servono azioni rapide e concrete per prevenire ulteriori episodi di criminalità».

Gaja Cenciarelli a Lugo per la presentazione di «A scuola non si muore»

La rassegna promossa dal Caffè Letterario continua con l’appuntamento dedicato al nuovo thriller dell’autrice e insegnante romana

Gaja Cenciarelli

«A scuola non si fuma, a scuola non si beve alcol, a scuola non si alza la voce e non si alzano nemmeno le mani, a scuola si insegna prima di tutto il rispetto, a scuola non ci sono differenze, soprattutto a scuola non si muore. Ma come tutte le buone intenzioni, anche quello di tenere la morte lontana dalle aule scolastiche fallisce miseramente per Margherita Magnani, insegnante inglese in una scuola della periferia romana». Gaja Cenciarelli, scrittrice e a sua volta insegnante di lingua e letteratura inglese, racconta nel suo ultimo romanzo “A scuola non si muore” il misterioso omicidio di un professore, avvenuto proprio all’interno di un’aula scolastica al termine di un consiglio di classe.

L’autrice sarà a Lugo venerdì 24 gennaio (ore 21), per un incontro di presentazione del libro all’hotel Ala d’Oro, l’appuntamento fa parte della rassegna organizzata dal Caffè Letterario della città e sarà a ingresso libero. Introdurrà la serata Patrizia Randi e dopo la presentazione è previsto, come consuetudine, un brindisi offerto dal Gruppo Cevico.

Al Tondo una giornata tra teatro e magia per tutta la famiglia

Giulia Rossi e Paolo Piludu vestiranno i panni del mago e della sua bizzarra assistente in una performance tra prestidigitazione e improvvisazione

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Al Tondo di Lugo l’arte di strada incontra il teatro: il centro sociale di via Lungimani 30 ospiterà domenica 26 gennaio lo spettacolo “Farabutti e Faraboloni” ideato da Giulia Rossi e Paolo Piludu. I due attori giocano con l’idea del mago e della sua bizzarra assistente in una performance dedicata a tutte le età che prevede interazioni dirette con il pubblico e improvvisazioni, tra numeri di magia comica, prestidigitazione, gag in stile Clown e equilibrismo.

Lo spettacolo, parte della rassegna teatro ragazzi “Giro, Giro tondo” inizierà alle 16 e i biglietti (già disponibili su Vivaticket) avranno un costo unico di 5 euro.

Moreno riporta Toyota a Ravenna e crede nel futuro delle cinesi Jaecoo e Omoda

Il gruppo nato a Faenza nel 1988 ha aperto a Fornace Zarattini la 14esima filiale in regione. Il fondatore Palli: «Impennata dei prezzi? È dovuta anche ai costi di ricerca delle case su sicurezza e inquinamento». Tra i marchi commercializzati anche la romena Dacia: «Attira la clientela che un tempo comprava Fiat»

Domenico Palli e una vettura OmodaLa novità più recente nel mondo locale dell’automotive a Ravenna è stata l’apertura di una nuova concessionaria. Il gruppo Moreno, storica realtà nata a Faenza nel 1988 e ora presente in tutta la Romagna, a giugno ha aperto la 14esima filiale a Fornace Zarattini dove commercializza i marchi Toyota e Lexus. «Abbiamo colto l’occasione perché a Ravenna non c’era più un concessionario ufficiale di quei brand giapponesi e siamo soddisfatti dei primi sei mesi», racconta il titolare e fondatore Domenico “Moreno” Palli. Che descrive così la clientela ravennate: «Il mercato è molto equilibrato, direi quasi british. A Forlì invece, per fare un esempio vicino, è più scoppiettante».

Oltre alle due case già citate su Ravenna, il resto della rete Moreno tratta anche Jeep, Renault e Dacia. Un’organizzazione che il titolare definisce efficace: «Essere un multimarca è complesso a livello gestionale perché ogni casa ha la sua organizzazione però per la vendita non è un problema perché abbiamo marchi che guardano a fasce diverse del mercato e non sono simili tra loro: Renault è simile a Ford, Toyota a Volkswagen, Dacia a Fiat, Lexus a Audi…».

Nel corso del 2025 si aggiungeranno le cinesi Jaecoo e Omoda: «Credo che i marchi cinesi si prenderanno il mercato europeo. Sono nati dopo, poi hanno investito molto, hanno copiato l’hardware europeo e sul software hanno una padronanza elevata».

Moreno Sede Di RavennaLa romena Dacia è stata l’auto più venduta in provincia nel 2024. Un risultato a cui ha contribuito Moreno dal punto vendita di Faenza. «In Italia c’è da circa 15-16 anni. Si presentò con la Logan che aveva un prezzo sbalorditivo e ha fatto centro sul cliente che guarda meno alla linea e più alla sostanza, quello che un tempo avrebbe comprato Fiat». Ma gli ultimi prodotti attirano anche una clientela che preferisce un basso profilo: «Sul mercato di Bologna abbiamo professionisti che avrebbero capacità di spesa ma preferiscono Dacia al posto di Mercedes e Bmw anche come messaggio più razionale da dare ai proprio clienti».

L’esplosione della guerra in Ucraina (febbraio 2022) ebbe conseguenze sul mercato auto: la difficoltà di approvvigionamenti di componentistica dalle fabbriche di quell’area d’Europa porta a tempi di consegna delle auto nuove che sfioravano i dodici mesi. Ora il ritardo è recuperato: «Chi ordina il nuovo attende circa 90-120 giorni, ma il mercato in calo in Italia fa sì che ci sia una buona disponibilità di vetture in pronta consegna quindi c’è buona scelta».

La questione che pesa oggi è il prezzo. «Il mio parere personale è che le case automobilistiche abbiano aumentato i prezzi per pagare le spese di ricerca e sviluppo su prodotti tecnologicamente meno inquinanti. E poi avvicinare il prezzo del termico all’elettrico può essere una strategia per avere più marginalità sulle alimentazioni tradizionali e riuscire a fare più scontistica sull’elettrico che è la nuova voce da spingere per rientrare nelle medie richieste dall’Unione europea». Il primo effetto dell’impennata dei prezzi del nuovo ha avuto ricadute sull’usato che Moreno tratta di importazione anche di altri marchi: «Abbiamo avuto un aumento del 6-7 percento nei volumi di vendita sui prodotti con 20-30mila chilometri».

Il fine settimana del Cisim tra musica, breakdance e stand up comedy

La tre giorni di eventi si chiuderà con una raccolta fondi dedicata alla popolazione alluvionata di Traversara

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Il Cisim di Lido Adriano si prepara per una tre giorni all’insegna della musica e della performance con una rassegna di appuntamenti da venerdì 24 a domenica 26 gennaio, con una giornata di raccolta fondi per Traversara.

Si parte alle 21.15 di venerdì 24 (apertura porte alle 20.30) con lo spettacolo di stand up comedy di Giorgio Magri, aperto dal podcaster Johnny Faina (autore di C’è vita nel grande nulla agricolo?). Il comico milanese, primo rappresentante della insult comedy (letteralmente “comicità dell’insulto”) in Italia, porterà sul palco di viale Parini 48 battute politicamente scorrette e black humour spietato, ma per dirlo con parole sue: «Non c’è odio ma sberleffo, io prendo in giro soprattutto me stesso».

L’ingresso alla serata è gratuito, con posti limitati. È consigliata la prenotazione sulla piattaforma Dice.

Sandri

Sabato 25 gennaio si lascerà spazio alla musica, con il live di Sandri, al secolo Michele Alessandri, musicista cesenate classe 1996 (apertura porte ore 21, inizio live ore 22). Il Giovane cantautore polistrumentista romagnolo ha già conquistato il cuore di musicisti noti a livello nazionale – tra cui membri di Iosonouncane, Jang Senato, Comaneci, Alberto Fortis, Sunday Morning – che hanno deciso di credere nel suo percorso, affiancandolo nella gestazione del suo primo album. Oggi la band, ormai consolidata, è formata da Michele Alessandri, Andrea Cola, Jacopo Casadei, Simone Bartoletti Stella e Dino Bellardi. Il biglietto avrà un costo unico di 5 euro, scontato del 20% per i possessori di younger card.

Per Non Affogare

La serata conclusiva di domenica 26 inizierà alle 17 con una rassegna di writing, live rap, breakdance e dj set. L’appuntamento prenderà il nome di “Per non affogare” e vedrà gran parte della scena hip-hop romagnola alternarsi sul palco con l’obiettivo comune di raccogliere più donazioni possibili per aiutare la comunità alluvionata di Traversara. I partecipanti potranno scegliere tra tre diversi pacchetti per la donazione:
5 euro (donazione base), 10 euro (donazione super) e 25 euro (donazione VIP con in regalo merchandise a sorpresadonato dagli artisti coinvolti), anche in questo caso i biglietti sono disponibili su Dice.

Arianna Porcelli Safonov e quella «condanna per la comicità»

L’attrice romana ha cambiato vita dopo una laurea in Moda e Costume e una carriera da project manager. «La scrittura era il mio hobby da sempre»

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Una carriera nata online, tra le pagine del blog di racconti umoristici Madame Pipì e i 90mila follower su Instagram, ma proiettata verso il teatro, lo scambio con il pubblico e il piglio diretto della stand-up comedy. Arianna Porcelli Safonov, nata a Roma da papà russo e mamma ligure, è attesa sul palco del Masini di Faenza  sabato 25 gennaio (ore 21) con il suo Alimentire, monologo con “colonna sonora” «dedicato al grosso guaio in cui si è ficcata l’alimentazione: quello di diventare una tendenza a cui si aderisce, con tutti i peggiori difetti che un cittadino possa mostrare in pubblico», basato sull’opera del saggista statunitense Michael Pollan. In questa intervista, l’autrice ci racconta il suo spettacolo e il suo immaginario giocato sui contrasti e le contraddizioni della società attuale, indagata da chi in quella società ci si è immerso fino in fondo, grazie a una laurea in Storia della moda e del costume e a una carriera da project manager nell’organizzazione di eventi a livello internazionale, prima di decidere di allontanarsene il più possibile, dedicandosi a tempo pieno alla scrittura in un paesino di una decina di abitanti sull’Appennino.

Alimentire si prende gioco dell’ossessione per la cucina gourmet, del cibo “rifatto” nell’estetica e nella composizione: quali riflessioni ci sono dietro questa idea?

«Lo spettacolo nasce con l’intento di unire satira e divulgazione. Anni fa rimasi affascinata dal capolavoro di Pollan il dilemma dell’onnivoro, un libro che racconta in maniera sintetica il complesso mondo della filiera produttiva alimentare. Ho deciso di riprenderlo in mano, aggiungendo qualche aneddoto personale e una colonna sonora elettronica, adatta anche a un pubblico molto giovane. Io vengo da una famiglia dove nessuno ha mai cucinato, ho scoperto negli anni cosa significa davvero mangiare, e il pretesto narrativo parte dalla storia del mio filippino, che lavorava a Roma negli anni ‘90. Un vero malvivente, apparentemente scollegato dalla storia, ma è lui a cucinare in casa e alla fine… si mangia i miei gatti. Non rivelerò altro, vorrei solo far passare nello spettatore l’idea che è possibile essere un consumatore istruito e che il concetto di “bio” tra gli scaffali del supermercato è un ossimoro. Il brutto regalo che farò alla fine dello spettacolo è la consapevolezza che le “fattorie felici” non esistono, ma a parte questo si riderà molto. L’idea è quella di proporre un discernimento istruito su come vengono fatti i cibi e su come li si sceglie, al di là del marketing».

Da dove viene la vocazione per la comicità?

«Più che una vocazione direi una condanna. È come se avessi investito trent’anni della mia vita nel disperato tentativo di fare altri lavori al di fuori della comica, cercando poi la prima occasione buona per licenziarmi. La scrittura è il mio hobby da sempre e mi sono servita della rete come trampolino di lancio di facile accesso per vendere i miei libri e arrivare a portare i miei testi sul palco».

Com’è stato passare dalle pagine di un blog all’esperienza del palco?

«Credo che il mio tipo di scrittura non sia fatto per restare solo su carta. A differenza di quanto accade per il dramma, lo scritto comico cambia profondamente se letto o ascoltato. È come se fosse un’evoluzione naturale del testo, che “vuole” avvicinarsi al teatro e al tempo stesso “chiama” lo spettatore. Alcuni dei miei libri, come Fottuta Campagna, vengono letti anche durante i miei trekking “transumantia”: passeggiate in Appenino tra gruppi ristretti, dove si cammina e si parla del famoso “cambio di vita” sulla bocca di tutti, tra caprette e agriturismi biologici, che però non è mai facile e così luminoso come vogliono farci credere. E credetemi, lo dico per esperienza, abitando in un paesino di pochi abitanti: per parlare male della gente devo per prima cosa starne distante!».

La sua opera è generalmente votata a dissacrare i trend, eppure è laureata in Moda e costume: c’è una sorta di fascinazione che si è trasformata in odio o stava solo cercando di conoscere meglio ciò che non le piace?

«Si parla sempre di specchi della società: il costume che ho studiato è degno di essere appreso, mentre quello che ricerco per i miei spettacoli è il disperato tentativo quotidiano del cittadino medio di sembrare “fighissimo”, pur non essendolo per niente. Nulla di nuovo, è una dinamica che esiste da sempre, ma credo che oggi sia molto più diffusa. E le persone si offendono di più, tanto da ostacolare il lavoro del comico».

Della serie “non si può più dire niente?
«Si dice tutto ma se ne devono sopportare le conseguenze. Credo che oggi questa “sovraconsiderazione dell’offesa” colpisca tutti i comici, anche i più spensierati. È importante far capire al pubblico che la comicità esiste per aiutare, non umiliare, l’uomo è già umiliato di suo. Facciamo ogni giorno cose efferatissime, scoppiano le guerre, ma non si può dire “ciccione”. La battuta è la cosa più innocua che esista e nel momento che si vanno a togliere margini di manovra alla satira il problema diventa sociale».

L’essere una comica donna in un settore che in Italia è perlopiù maschile è stata un’ulteriore difficoltà nel suo percorso?
«Non ho avuto particolari problemi di inserimento, credo che l’umorismo sia svincolato dal genere. Però nei miei pezzi non parlo e non parlerò mai “del mondo delle donne”, su questo voglio essere più che inclusiva: parlo del mondo degli esseri umani e delle loro grottesche contraddizioni»

La stand-up comedy può dare una voce a questo tipo di satira?
«Al massimo dà una voce in più alla volgarità, ma in Italia si fa fatica a parlare di stand-up comedy, perchè la nostra lingua non si presta come l’inglese a questo tipo di monologo. Alla base della stand-up c’è sempre un argomento di attualità, che viene dissacrato partendo da un ragionamento, arrivando spesso al turpiloquio per
scandalizzare. lo non sono particolarmente interessata a questa parte del processo, mi piace invece stupire con il ragionamento dietro la battuta, alzare il livello della comicità e dell’umorismo. Abbiamo a disposizione una lingua unica al mondo e dovremmo onorare il genere a modo nostro, valorizzando la comicità intellettuale prima di quella di pancia. Fino a Gaber ci salvavamo!».

Oltre a Gaber, da chi prende ispirazione nel suo lavoro?
«Louis C.K., Daniele Luttazzi, Antonio Rezza sono ottimi esempi. mi piacciono le persone che preferiscono l’arguzia allo scandalo»

All’Almagià una performance “Pop” per coinvolgere nella danza bambini e famiglie

Il giovane danzatore e coreografo Nicola Galli porterà in scena uno spettacolo interattivo per esplorare la capacità comunicativa del nostro corpo

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All’Almagià un appuntamento tutto dedicato alla danza, con il giovane coreografo Nicola Galli e la sua performance interattiva “Pop”, dedicata alle famiglie e al pubblico dell’infanzia. Al centro dell’incontro di domenica 26 gennaio (17.30) ci sarà il corpo come strumento primario per l’esplorazione delle potenzialità espressive e comunicative.

Su una piattaforma quadrata ricoperta di pluriball, il Galli si muove piegando ed estendendo le articolazioni del corpo per disegnare figure e geometrie, invitando il pubblico a interagire con la materia e lo spazio della performance e condividere il piacere del movimento. «Pop si struttura in una performance interattiva che esplora  attraverso il gioco differenti possibilità motorie del corpo e propone un tempo dedicato alla scoperta di nuove percezioni, sensazioni ed emozioni attraverso il movimento» commenta il danzatore.

Lo spettacolo è prodotto da Nebula Aps, in collaborazione con Teatro del Drago e Rete Almagià, nell’ambito di Ebai_ palcoscenici per la danza contemporanea. La partecipazione è consigliata per bambini a partire dai 5 anni e la prenotazione è obbligatoria, anche a causa dei posti limitati.  I biglietti (7 euro per gli audulti e 5 per bambini e over 65) sono disponibili direttamente alle Artificerie Almagià (via dell’Almagià 2), il giorno di spettacolo (dalle 10.30 alle ore 12.30 e a partire da un’ora prima l’inizio dello spettacolo) per prenotare il proprio è ingresso basterà chiamare il 392 6664211 o scrivere a prenotazione@teatrodeldrago.it.

Pagnani, Ghigi, Martini: tre comete che illuminarono la cultura ravennate

Una mostra a Palazzo Rasponi (ancora per pochi giorni) e una alla Classense per ripercorrere l’esperienza che tra il 1955 e il 1965 portò la città al centro dei grandi movimenti artistici europei. Tra le tante, opere di Moreni, Giacometti, Mathieu, Rossello e Vaglieri

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Ci sono traiettorie di vita e convergenze di amicizie e interessi felici, nonostante e a dispetto del destino. Ci sono tre vite – quella di una coppia di collezionisti e di uno storico dell’arte – che con generosità e impegno sono molto informati sul panorama artistico europeo. Viaggiano, creano collezioni e curano mostre, intrattengono relazioni con numerosi artisti italiani e stranieri, ideano e fanno nascere cataloghi e nuove linee editoriali di successo sul tema dell’arte antica e contemporanea. Se pensiamo poi alla minuscola area di Ravenna, queste tre comete hanno reso più vivace la cultura ravennate di un intero decennio, dal 1955 al 1965, quando si spengono anzi tempo insieme in un incidente stradale.

Parliamo di Roberto Pagnani, della moglie Raffaella Ghigi e dell’amico e storico dell’arte Alberto Martini a cui sono dedicate due mostre a Ravenna – a Palazzo Rasponi e alla Classense – che meritano di essere visitate insieme per comprendere l’intreccio delle personalità, il frutto di questa grande passione condivisa per l’arte e il contributo dato da loro alla città. La mostra a Palazzo Rasponi – curata da Paolo Trioschi e in chiusura il 26 gennaio – è dedicata alla coppia di collezionisti Pagnani-Ghigi che raccolsero un’importante collezione d’arte oggi ancora integra e presente nella villa ravennate costruita dall’architetto Galassi con la doppia funzione di abitazione e luogo adatto alla raccolta ed esposizione delle opere. La collezione consta di più di 200 lavori fra dipinti, sculture, incisioni e disegni, che vennero selezionati in base alla coerenza fra processo generativo ed esecuzione. Il criterio è significativo per la generazione che aveva vissuto la seconda guerra mondiale, soprattutto da chi, come nel caso di Pagnani, era stato un attivo antifascista. L’esperienza politica come direttore di “Democrazia”, il periodico del Comitato di Liberazione Nazionale, segna la traccia di una militanza che si allarga a comprendere l’approccio estetico. Ed è interessante che la collezione, nata nel contesto dello scontro tutto italiano fra chi nel dopoguerra sosteneva un’arte impegnata ad approdo realista e un’arte libera da vincoli politici o contenutistici, sia nata all’interno di questa seconda corrente. Dopo decenni di opere vincolate alla propaganda fascista, la scelta dei due collezionisti ravennati si indirizzava a considerare l’impegno interiore all’opera stessa all’interno di una linea estetica che guarda al dramma della storia da un’altra finestra, seguendo un progetto coerente all’assunto di partenza.

Nelle sei stanze della mostra ci sono numerose fotografie e lettere che testimoniano della ricchezza dei contatti fra Pagnani con artisti, galleristi, critici e storici dell’arte – fra gli altri Alberto Martini, Mattia Moreni, Ben Shahn, Georges Mathieu, Emilio Vedova – oltre a una selezione di opere che narrano lo sviluppo della raccolta: dall’interesse esordiente verso i pittori bolognesi fino alle correnti più rappresentate dell’Informale, dell’Espressionismo astratto, fino al movimento anti-process e all’esistenzialismo lombardo, oltre ad alcuni fuori pista come il piccolo lavoro a tecnica mista di Niki de Saint Phalle (1962). Una Natura morta del 1955 di Sergio Vacchi testimonia l’interesse verso il gruppo bolognese che lo storico Arcangeli definiva degli “ultimi naturalisti”, mentre le opere di Vaglieri e Rossello inquadrano il versante esistenzialista lombardo della collezione, acquisito a partire dal 1958 grazie all’iniziale mediazione di Alberto Martini, da poco trasferito da Ravenna a Milano.

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Da ammirare poi le bellissime tele di Mattia Moreni, che Pagnani incontra a Ravenna e che probabilmente presenta all’amico Martini: le fotografie, le opere, le lettere indicano un’amicizia e un sodalizio che produrrà mostre, in Italia e in Europa, oltre a rilevanti testi critici. Se pure a distanza Pagnani e Martini continuano per tutta la vita un rapporto di collaborazione: dopo averlo conosciuto nel 1959, il collezionista invita l’artista francese Georges Mathieu a lavorare nella casa di Ravenna, aperta anzitempo a residenze artistiche, testimoniate da interessanti fotografie d’epoca: da questa permanenza nascerà il progetto e la realizzazione del mosaico oggi conservato al Mar, inserito nella famosa mostra dei Mosaici moderni del 1959, curata dallo stesso Martini. Ed è a quest’ultimo – nato nella provincia mantovana, romagnolo di adozione e milanese per lavoro – che la Biblioteca Classense fino al 15 febbraio dedica un’esposizione (I colori di un intellettuale. La raccolta Alberto Martini in Classense) a cura di Daniela Poggiali, allo scopo di inquadrare la versatilità culturale e lo spessore della figura. Grazie al legame con Ravenna, alla Classense è stato donato l’intero archivio di Martini dalle eredi, fornendo gran parte del materiale in mostra.

Suddivisa in sezioni, l’esposizione parte da una raccolta di famosi esempi di storiografia artistica attraverso i secoli per passare alla figura dell’intellettuale, celebre per aver ideato e curaato alcune famose linee editoriali come i Maestri del Colore. I documenti, le lettere, le fotografie illustrano i passaggi fondamentali della vita di Martini, dalla laurea su Bartolomeo della Gatta con Roberto Longhi a Firenze fino alle relazioni stabilite con artisti e studiosi d’arte internazionali come Alberto Giacometti e Peter Anselm Riedl. Fondamentale il rapporto con Ravenna e i ravennati fra il 1954 e il ‘58, proseguito nel tempo anche dopo il trasferimento a Milano: a questi anni si devono la stesura del catalogo della Pinacoteca locale – che cade dopo i precedenti di Corrado Ricci e Adriana Arfelli – e l’amicizia con Roberto Pagnani e Guido Rosetti, coi quali condivide la passione per l’arte contemporanea.

A queste congiunture si deve la trasformazione dello spazio di Anna Fietta in una galleria d’arte dove vengono proposte con successo mostre di artisti italiani e stranieri, una trasformazione auspicata da Martini e replicata nella Bottega di Giuseppe Maestri e Angelina Tienghi, che lavora con artisti di grande rilievo fino al nuovo millennio. Ma la dimensione non è solo quella locale, se pure di calibro internazionale: Martini cura mostre di arte contemporanea a Bologna e a Milano, e allestisce eventi internazionali che lanciano l’arte italiana in un contesto europeo. Inoltre, comprendendo l’importanza dei nuovi mezzi di comunicazione, in accordo con l’editore Dino Fabbri idea nuove collane che con un taglio divulgativo portano l’arte antica – italiana e del mondo – nelle case degli italiani mediante immagini curate e inedite, raccolte nel corso di lunghi viaggi e corredate da una narrazione criticamente esatta e aggiornata, sempre piacevole alla lettura.

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