Ottavio Consulti si era allontanato da casa in bicicletta il 14 gennaio
Il cadavere ritrovato stamani, 25 gennaio, in un fosso a lato di via Dismano alla periferia di Ravenna è di Ottavio Consulti, il 77enne scomparso da casa il 14 gennaio. Il corpo è stato avvistato da un passante che ha dato l’allarme verso le 8. Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco, la polizia scientifica e il 118. L’uomo era riverso accanto a una bicicletta da donna, proprio quella con cui si era allontanato da casa in zona Poggi/Podium dove viveva da solo.
Cinque denunciati perché non in regola con le norme sul soggiorno, pochi grammi di droga sequestrata, un diabetico soccorso
Polizia e guardia di finanza, con l’ausilio di cani antidroga, hanno setacciato a Ravenna i giardini Speyer, lo scalo ferroviario e le aree adiacenti per due sere a fila (22 e 23 gennaio): 50 persone identificate, di cui 29 stranieri, cinque denunce per irregolarità con le norme di soggiorno e pochi grammi di droga sequestrata.
Lunedì sera un italiano e un pakistano sono risultati in possesso il primo di una modica quantità di marijuana e il secondo di un grammo di hashish: segnalati alla prefettura di Ravenna quali assuntori di sostanze stupefacenti. Nella medesima serata, sono stati rinvenuti e sequestrati alcuni involucri contenenti 1,5 grammi di eroina e 3,8 grammi di marijuana che erano stati occultati all’interno dei giardini.
Martedì sera il pattugliamento è stato esteso fino all’area abbandonata ex Enichem di via Bassette: cinque stranieri sono risultati non in regola con le norme sul soggiorno e occupanti abusivamente lo stabile abbandonato di proprietà dell’Enichem; condotti in questura sono stati denunciati a piede libero. Durante il controllo gli agenti della squadra volante hanno prestato soccorso a un tunisino che, dopo essersi dichiarato diabetico, accusava gravi malori originati dalla sua patologia; l’uomo che stava per entrare in coma diabetico è stato immediatamente condotto al pronto soccorso dove è ricoverato per le cure del caso.
Il bilancio dell’attività dell’associazione nel 2017. I nuovi soci sono stati 1.144, sufficienti a tamponare i ritiri
Stabile il numero dei donatori, in calo le donazioni. È la sintesi dei dati di Avis sulla raccolta di sangue e plasma in provincia nell’anno appena concluso. I donatori sono stati 10.425 tra soci e collaboratori (10.418 nel 2016) per un totale di 18.877 donazioni (13.884 di sangue e 4.993 di plasma), 397 in meno rispetto all’anno precedente. La media annua pro-capite è stata pari a 1,8, anche se in alcune sezioni si sono raggiunti picchi di 2,3 donazioni per donatore.
Il calo delle donazioni si è concentrato in particolare nei mesi di aprile e agosto, ed è riconducibile rispettivamente alle numerose festività e al caldo torrido; anche il 2018 è partito con qualche difficoltà, complice il picco influenzale. In particolare, il trend negativo delle donazioni di plasma è dovuto anche all’aumento della quantità richiesta (da 600 cc agli attuali 720), che da una parte (allungandosi i tempi di donazione) ha comportato un minor numero di prenotazioni e, dall’altra, può aver portato qualche donatore a diradare il proprio impegno.
Il principale dato positivo viene dal numero di coloro che si sono avvicinati per la prima volta alla donazione (886) o che vi si sono ri-avvicinati (258 le persone riammesse dopo un periodo di sospensione), per un totale di 1.144 nuovi donatori.
Importanti, per garantire il continuo rinnovamento, sono le iniziative come il “Progetto Scuola”, che vede i volontari dell’associazione impegnati negli istituti scolastici del territorio: nel 2017 sono stati coinvolti 6.728 alunni e 300 classi delle scuole primarie e secondarie (di primo e secondo grado) della provincia. Negli istituti superiori sono state effettuate anche 30 uscite con l’Autoemoteca. Già 468 ragazzi si sono sottoposti alla visita d’idoneità e 138 hanno effettuato la prima donazione.
«Nonostante i principali dati siano sostanzialmente in linea con l’anno precedente – dice Marco Bellenghi, presidente Avis provinciale Ravenna – non possiamo dire di dormire sonni tranquilli: nel 2017, infatti, dalla nostra provincia sono state solo 129 le unità di sangue inviate al Centro Regionale Sangue, un numero che dimostra come non ci sia un forte esubero rispetto al livello necessario di autosufficienza. Da una parte, infatti, ci piacerebbe poter contribuire maggiormente alle richieste che sempre più spesso riceviamo a livello nazionale, come nel caso dell’emergenza terremoto del 2016 o dell’epidemia di Chikungunya nel 2017; dall’altra, siamo perfettamente consapevoli che, in caso di un’emergenza analoga sul nostro territorio, le scorte non sarebbero sufficienti e sarebbe necessario, come spesso accade in occasione di criticità, sollecitare i donatori abituali».
L’obiettivo dell’Avis per il 2018 è allargare la base di donatori, aiutando le sezioni che hanno accusato i cali maggiori: 1.100-1.200 nuovi ingressi sono necessari per far fronte a coloro che ciclicamente lasciano l’associazione.
L’associazione, che oggi gestisce direttamente tutti gli 11 punti raccolta in provincia, si appresta intanto al consueto momento di confronto con le assemblee annuali delle sezioni comunali: si partirà da Massalombarda, venerdì 9 febbraio, per proseguire con Sant’Agata sul Santerno (lunedì 12), Solarolo (giovedì 15), San Pietro in Vincoli (venerdì 16), Russi (martedì 20), Barbiano (mercoledì 21), Brisighella (venerdì 23), Bagnacavallo e Faenza (domenica 25), Riolo Terme (martedì 27) e Cotignola (mercoledì 28); quindi, a marzo, Lugo (giovedì 1), Cervia (venerdì 2) e Bagnara (martedì 6). L’Assemblea provinciale si terrà invece sabato 7 aprile a Massalombarda. Tutti gli appuntamenti sono aperti non solo ai soci, ma anche ai cittadini che vogliono avvicinarsi ad Avis e conoscere meglio le sue attività.
A 33 anni il campione ravennate ha chiuso la carriera con un oro ai campionati italiani ma non esclude di tornare in acqua: «Alla Canottieri non potrò dire no»
Marcello Miani ai Mondiali del 2014
«Ero arrivato a un punto in cui era impossibile coniugare al meglio lavoro, sport e soprattutto famiglia. Per cui ho deciso di chiudere la mia carriera agonistica, ma uno spiraglio, quando avrò messo a posto un po’ di cose, è sempre aperto…». Marcello Miani, plurimedagliato atleta di San Pietro in Vincoli, nell’estate scorsa si è ritirato dalle gare, mettendo così fine a una carriera azzurra davvero invidiabile. Per il 33enne alfiere prima della Canottieri Ravenna, società in cui è cresciuto, e poi della Forestale, nella cui squadra si è consacrato ai massimi livelli, è tempo di bilanci, anche se la voglia di tornare a remare sembra non essere ancora passata.
Marcello, una carriera così bella non poteva che chiudersi con un successo, giusto?
«Sì, è stato bellissimo concludere il mio percorso da atleta con un oro agli ultimi campionati italiani. Ho trovato giusto ritirarmi quando ero ancora al massimo della forma, piuttosto che in un momento che non ne avevo più».
In più di quindici anni hai messo in piedi un curriculum da grandissimo atleta. Quale la soddisfazione maggiore?
«Beh, per fortuna ne ho avute parecchie, a partire dalla vittoria ai Mondiali nel singolo ad Amsterdam, nel 2014. Poi sono riuscito a partecipare all’Olimpiade di Rio de Janeiro, quando qualche mese prima ero quasi senza speranze, del tutto fuori dal giro della nazionale. È stata un’impresa convincere i tecnici a puntare su di me. E infine i due successi in Coppa del Mondo, centrati forse nel periodo di migliore forma».
A proposito di Giochi: quanto brucia quel quarto posto a Pechino 2008?
«C’è ancora un po’ di amaro in bocca, ma anche la consapevolezza di avere dato il massimo. Si tratta in ogni caso di un grandissimo risultato, ma non nascondo che vincere il bronzo sarebbe stato coronare un sogno».
Un sogno avuto fin da bambino?
«In realtà ho iniziato praticando nuoto e basket, poi mio nonno era socio della Canottieri e mio padre mi portò alla Standiana a provare. Mi è subito piaciuto, in quanto amo stare all’aria aperta e fare attività fisica, allenandomi in scenari spettacolari».
La Canottieri Ravenna: il primo amore non si scorda mai?
«Sì, mi è sempre stata vicina per tutto il corso della mia carriera. In tutti questi anni è stato bello allenarmi alla Standiana. Infatti mi sono di nuovo tesserato».
Questo è un primo passo per un ritorno sui remi?
«Adesso per me è quasi impossibile allenarmi, ma alla Canottieri è tornata Valeria Catescu (allenatrice rumena di lungo corso che aveva diretto il settore giovanile dal 2003 al 2009, ndr), che mi chiede se posso dare un mio contributo. Forse nel 2018 disputerò qualche gara. Chissà».
Chi è Marcello Miani oggi?
«Innanzitutto è un marito e papà felice. Nel gennaio del 2017 è nato Massimo, mentre a giugno aspettiamo un altro arrivo… In più sto facendo dei corsi per entrare in servizio nei Carabinieri/Forestale. In questo momento purtroppo non pratico sport e un po’ mi manca quel mondo».
Hai mai pensato di fare l’allenatore?
«Ho già il brevetto di tecnico di primo livello e in futuro mi piacerebbe allenare. Amo molto insegnare come si fa a remare e soprattutto apprezzare le soddisfazioni che dà».
Ci sono dei giovani in cui ti rivedi nel vivaio della Canottieri?
«C’è qualche ragazzo che promette bene, ma preferisco non fare nomi».
E Bruno Rosetti, ti ha sorpreso il suo ritorno alle gare con medaglia di bronzo all’ultimo Mondiale?
«Direi proprio di no. Anni fa lasciò il canottaggio per intraprendere nuove esperienze. Adesso ha deciso di tornare e sta mostrando il suo grande talento. Ha un fisico eccezionale, è un vero fenomeno. Mi sbilancio: alla prossima Olimpiade si porta a casa una medaglia».
Nato a Faenza il 5 marzo 1984, Marcello Miani ha iniziato fin da giovanissimo la classica trafila nel vivaio della Canottieri Ravenna, allenandosi nel bacino della Standiana. Fin dagli albori della sua carriera ha partecipato nelle competizioni pesi leggeri, collezionando vittorie e piazzamenti da podio a livello mondiale, a partire dagli Junior, per arrivare agli Under 23. È nei senior, però, che centra una stupenda striscia di tre primi posti mondiali (4 di coppia nel 2004, singolo nel 2010 e nel 2014), salendo sul secondo gradino del podio tre volte (4 di coppia nel 2003, doppio nel 2006, 4 senza nel 2011) e una sul terzo (doppio nel 2009). Agli Europei vince altri due ori e un argento, in Coppa del Mondo si aggiudica il successo finale due volte nel doppio (2006 e 2009). Ma soprattutto Miani può vantare ben tre partecipazioni alle Olimpiadi: la prima a Pechino 2008, con il quarto posto nel doppio, la seconda a Londra 2012, 12° posto nel 4 senza, la terza a Rio De Janeiro 2016, ottavo posto nel doppio. Infine, si chiude con una vera e propria pioggia di titoli tricolori, in ogni categoria di età, ma anche di peso: in definitiva 17 primi posti, tra cui l’ultimo nel giugno 2017 a Milano nel doppio senior, 9 secondi e 6 terzi, per un curriculum che lo lancia tra i migliori canottieri degli ultimi due decenni.
In totale in manette tre persone ritenute affiliate al clan Bellocco: inizialmente volevano 250mila euro. I familiari del pentito sono stati già condannati nel processo Black Monkey a 10 e 15 anni
Sono i due figli del collaboratore di giustizia Nicola Rocco Femia, residenti a Conselice, le vittime dell’estorsione con metodo mafioso di 50mila euro che ha portato all’arresto di tre persone tra cui un residente a Massa Lombarda. La richiesta iniziale era di 250mila euro poi scesa a 50mila, pagati a novembre del 2016. Per le attività investigative, la guardia di finanza si è avvalsa anche dei filmati delle telecamere di sorveglianza del municipio di Conselice che avrebbero consentito di ricostruire la vicenda.
I tre arrestati sono ritenuti affiliati alla ‘ndrina dei Bellocco di Rosarno (Reggio Calabria): Bruno Filippone, 35 anni, preso a Siderno (Reggio Calabria), Francesco Corrao, 30, rintracciato nel Bresciano a casa della fidanzata, e Calogero Lupo, 51, arrestato a Massalombarda (Ravenna) dove risiede. Le ordinanze di custodia cautelare in carcere sono firmate dal Gip Gianluca Petragnani Gelosi, su richiesta del procuratore aggiunto Francesco Caleca della Dda felsinea che ha condotto l’inchiesta Black Monkey chiusa a febbraio del 2017 con ventitrè condanne, per oltre 170 anni di carcere, tra cui quella al boss poi pentito (26 anni) e i due figli oggi vittime dell’estorsione. L’indagine arrivata alla svolta odierna è partita proprio da dichiarazioni dello stesso Femia, collaboratore di giustizia dalla primavera, che ha poi convinto i figli a fare denuncia perché preoccupato per loro incolumità.
Le richieste di denaro, da parte di persone riconducibili al clan dei Bellocco, erano iniziate nel 2011, dirette al boss. Dopo un periodo di tregua, e dopo il suo arresto, le richieste erano riprese, questa volta nei confronti dei figli. In più occasioni, fra il 2015 e il 2016 nelle loro abitazioni a Conselice, i due avrebbero ricevuto minacce e richieste di saldare il debito di 250mila euro. I tre indagati – come si legge in una nota della Finanza – avrebbero fatto leva sulla forza intimidatrice derivante dal gruppo criminale di stampo ‘ndranghetista. A novembre 2016 il pagamento di 50mila euro in tre tranche.
Il 26 gennaio su Rai Due la storia del cucciolo salvato dall’Enpa di Faenza. Denunciato una coppia per l’abbandono
La storia di Calippo, il cucciolo di cane abbandonato in un fosso a Faenza a dicembre e sopravvissuto alla morte per assideramento che invece non ha risparmiato il fratellino, approda sulla televisione pubblica: venerdì 26 gennaio alle 11 il cagnolino ritrovato e assistito dai volontari dell’Enpa sarà ospite del programma “I fatti vostri” condotto da Giancarlo Magalli su Rai Due.
Calippo sarà in tv insieme a Maria Teresa Ravaioli, presidente dell’Enpa di Faenza, Antonella Laghi, la veterinaria che lo ha ritrovato e preso in cura, e Davide Bascetta responsabile del Rifugio del cane e del canile di via Plicca e addestratore.
Sabato 27 gennaio, dalle 14 alle 16 a Faenza al canile di via Plicca 2 ci sarà il “Calippo day”, una festa organizzata dai volontari dell’Enpa per far conoscere Calippo alle tante persone che in queste settimane hanno dimostrato il proprio affetto.
Si tratta di un quarantenne e di un ultrasessantenne. Soffrivano già di patologie croniche e sono stati colpiti da pneumococco
Un quarantenne e un ultrasessantenne sono morti nel Ravennate dopo essere arrivati al pronto soccorso per febbre e influenza. Due casi che si sono verificati in queste settimane di picco influenzale negli ospedali di Ravenna e Faenza e che riporta il Carlino Ravenna nell’edizione di oggi, mercoledì 24 gennaio.
Entrambi, specifica l’Ausl, soffrivano già di patologie croniche e sono stati colpiti da una malattia invasiva batterica da pneumococco in fase acuta. «Difficile dire se sia arrivata prima l’influenza o lo pneumococco», ha dichiarato la direttrice del Dipartimento di Sanità Pubblica dell’Ausl Romagna, Raffaella Angelini, al Carlino, sottolineando che i due erano comunque «soggetti considerati a rischio: avevano delle malattie croniche presiponenti e non erano vaccinati».
Il cane era di grossa taglia era senza guinzaglio. Gli animalisti: «I padroni devono imparare a utilizzarlo, così come la museruola. Servono più controlli»
Un cane femmina di razza “chihuahua” è stata aggredita da un pitbull a Lido Adriano che, secondo quanto scrive l’associazione animalista Clama, era libero e senza guinzaglio. Il cane di piccola taglia ora è in gravi condizioni e la proprietaria è pronta a sporgere denuncia. Il Clama scrive: «Questa tragedia poteva essere evitata se il cane fosse stato al guinzaglio e provvisto di museruola, come previsto nel Regolamento sul benessere animale. Il proprietario era comunque presente e consapevole della reattività del suo cane nei confronti degli altri animali e nonostante questo, come succede spesso, non ha ritenuto di salvaguardare la salvezza di altri animali utilizzando museruola e guinzaglio»
Clama si rivolge alle forze dell’ordine e all’amministrazione «perché vengano attivati e intensificati i controlli, al fine di evitare episodi come questo; a Ravenna sono attivi anche corpi di guardie zoofile, con cui si potrebbe, come abbiamo già sollecitato, stabilire utilmente una collaborazione se l’organico da dedicare a questi controlli non viene ritenuto sufficiente. Non è la prima volta che segnaliamo situazioni di questo tipo, e ci auguriamo in una rapida risposta e collaborazione. Nostro intento non è naturalmente demonizzare razze specifiche o cani di taglia grande, che non hanno colpa, ma responsabilizzare e, nel caso, procedere legalmente contro i detentori, che di colpe ne hanno molte».
Silvia Casadei, responsabile del Movimento Animalista di Ravenna, aggiunge: «Questi episodi avvengono perché i proprietari di cani non rispettano le disposizioni normative vigenti e non provvedono ad un’adeguata educazione del cane. La letteratura scientifica ha da tempo confermato che non è possibile attribuire ad una razza o ai suoi incroci un rischio di maggiore aggressività, tanto che la lista delle razze pericolose, contenuta in precedenti ordinanze del Ministero della Salute, è stata abolita, stante anche la comprovata inefficacia della misura nel ridurre le aggressioni. Episodi di questo genere, purtroppo, accadono prevalentemente per la negligenza o, peggio, per la malafede del proprietario. In troppi dimenticano che è vietato esaltare l’aggressività del cane e di condurlo senza guinzaglio, salvo nelle aree espressamente riservate come sgambatoi. In casi di pericolosità e dichiarata aggressività i cani devono seguire un percorso rieducativo, tenere la museruola ed essere muniti di assicurazione obbligatoria».
Stefano Stagnaro è nato a Genova ma da dodici anni è in servizio nella corporazione ravennate. L’approfondimento? «Positivo per il nostro lavoro»
Da Ravenna a Roma, dopo essere partito da Genova, dove è nato. Stefano Stagnaro, da anni in servizio nella corporazione piloti del porto di Ravenna, è stato scelto come vicedirettore della Fedepiloti nazionale. L’organismo ha il compito di rappresentare la categoria a livello nazionale, di confrontarsi con le istituzioni, con le Associazioni degli armatori, di partecipare a livello europeo e internazionale alle assemblee di categoria, a dialogare «con chi rappresenta e difende interessi ma anche visioni globali e proiettate sul futuro». Così è come Stagnaro vede il ruolo della Fedepiloti.
Il ligure arriva a Roma nel momento in cui dalle nostre parti si sta discutendo dell’approfondimento dei fondali. Inevitabile chiedergli un’opinione su questa operazione: «Credo – sostiene – che l’avvio del progetto sia un fatto positivo per il nostro porto in quanto potrebbe facilitare anche il lavoro dei piloti stessi. A Ravenna c’è una corporazione di professionisti e ben guidata, e nonostante le difficoltà strutturali non ci sono mai stati problemi grazie anche a un prezioso lavoro di sinergia con tutti i servizi tecnico-nautici e non per ultima con l’autorità marittima».
Da Genova a Ravenna, due città portuali che vivono il porto in modo diverso. Avendo vissuto entrambe le città, Stagnaro ha un’opinione anche storico-filosofica sul rapporto che la sua città natale e quella d’adozione hanno con il mare. «Genova è una città che vive attorno e sul porto, cuore pulsante dell’economia cittadina. Sono approdato a una città più proiettata sulla terra con il porto canale che si incunea nelle sue viscere. Il mare, per così dire, nutre e insaporisce la terra ravennate ma la città deve andare molto indietro alle sue origini per ritrovare una vocazione marinaresca. Genova è una città da cui sono partiti tanti uomini che hanno esplorato terre e trovato tesori. Ravenna è una città in cui uomini di mare che sono venuti come conquistatori l’hanno fatta grande nei secoli».
Non basta però essere nato a Genova per avere il mare nel dna: «I miei nonni hanno partecipato ad azioni eroiche in mare durante la guerra, mentre mio padre è stato capitano di lungo corso, Comandatne e quindi pilota del porto di Genova come mio nonno materno».
Stagnaro è arrivato a Ravenna dopo gli studi nautici ed esperienze varie e molteplici a bordo di navi da carico, da crociera e yacht di grande stazza. «Nel 2006 ho vinto il concorso per pilota di porto e sono entrato nella Corporazione ravennate, che momentaneamente lascio, essendo distaccato a Roma, ma che è pur sempre la mia casa come Ravenna rimane la mia città di adozione tutto ciò conferma che il mio percorso è stato segnato dal mare».
Paolo Gambi: «L’alleanza con Ala ci permette di presentarci col nostro simbolo, speriamo che la maggioranza faccia una campagna elettorale attiva»
La frattura non si salda: il Pri ravennate continua ad essere diviso sul futuro. Da una parte Eugenio Fusignani, vicesindaco, e il segretario comunale Stefano Ravaglia che rappresentano la maggioranza. Dall’altra la minoranza, guidata da Paolo Gambi che ha sfidato all’ultimo congresso Ravaglia per la carica di segretario uscendone sconfitto. Il nuovo capitolo dello scontro va però oltre i confini del partito provinciale: si parla di elezioni politiche e, nello specifico, dell’accordo che Denis Verdini ha stretto con l’Edera. Un patto simile a quello stipulato tra Bruno Tabacci ed i radicali di Emma Bonino. In questo caso Ala, il partito di Verdini presente con un gruppo in Parlamento, accoglie il Pri in vista delle prossime elezioni. In questo modo per i repubblicani, che non ha rappresentanti alle Camere, potrà presentarsi con il proprio simbolo senza la necessità di raccogliere l firme.
Ad Eugenio Fusignani l’accordo con Verdini non piace. Per Gambi, invece, è un buon patto: «Verdini non chiede nulla in cambio e l’Edera ora potrà tornare sulla scheda elettorale delle elezioni politiche. Mancava dal 1996». Per questo la minoranza vorrebbe che il partito ravennate sia attivo nella campagna elettorale. «Lo chiederemo formalmente – spiega Gambi – ma nel caso di risposta negativa noi faremo comunque campagna elettorale perché della vicenda si occupa la segreteria regionale». I nomi di esponenti ravennati sulla scheda ci saranno: «Noi non cerchiamo poltrone, sarebbe bello anzi che ci fossero persone che appartengono alla maggioranza». L’ex segretario comunque promuove i vari passaggi nazionali che si sono susseguiti in queste settimane: «Hanno avuto il merito di togliere il partito dall’orbita di Nucara e di quello del centrodestra, Ora ci aspetta un appuntamento importante e decisivo e non possiamo che fare appello alla generosità dei repubblicani ravennati, da sempre bacino di voti importante dell’Edera».
Nuovo parcheggio nell’area adiacente all’ex magazzino merci. L’intero fabbricato è stato riqualificato con rifacimento di tetto e sostituzione degli infissi
Nuovi servizi nella stazione di Castel Bolognese-Riolo Terme. Le Ferrovie hanno investito tre milioni di euro e questa mattina, 23 gennaio, sono stati presentati i nuovi spazi con l’assessore regionale Raffaele Donini, il sindaco Daniele Meluzzi e Luca Cavicchioli, direttore regionale di produzione per Rfi.
Con l’innalzamento del primo e del secondo marciapiede a 55 centimetri – lo standard previsto a livello europeo per i servizi ferroviari metropolitani – ora tutte le tre banchine della stazione – già servite da ascensori e oggetto di manutenzione straordinaria – consentono un agevole accesso ai treni. Inoltre, percorsi e mappe tattili garantiscono una migliore fruibilità della stazione anche da parte dei viaggiatori ipovedenti.
L’intero fabbricato è stato accuratamente riqualificato, con tinteggiatura della facciata esterna, rifacimento del tetto, sostituzione degli infissi, rinnovo della sala d’attesa e del sottopassaggio. Novità anche per i servizi igienici, ora di tipo automatico a garanzia di maggiore igiene e minore vulnerabilità. E’ stato anche rinnovato l’impianto di illuminazione e ci saranno tornelli videosorvegliati per il controllo automatizzato degli accessi ai binari. Già realizzati gli interventi propedeutici alla loro installazione, che avverrà nell’ambito di un progetto nazionale in 620 stazioni italiane.
Particolare attenzione è stata dedicata al potenziamento tecnologico, con un più efficace impianto di informazione al pubblico e l’attivazione del servizio Wi-Fi Station, che consentirà ai viaggiatori di restare sempre connessi e accedere anche alle informazioni utili per il viaggio. Per collegarsi è sufficiente selezionare la rete Wi – Fi Station e inserire il proprio numero di telefono. Il codice d’accesso e il link al portale saranno inviati con un SMS.
Comune e RFI hanno anche concordato la consegna in comodato d’uso gratuito all’amministrazione comunale dell’area adiacente all’ex magazzino merci, da destinare a ulteriori nuovi posti auto per i pendolari che anche dai comuni circostanti raggiungono la stazione di Castel Bolognese per prendere il treno. Si sta inoltre valutando la possibilità di concedere alle associazioni no profit del territorio interessate, con formule di comodato, i locali della stazione non più funzionali all’esercizio ferroviario.
Imprenditore e amministratore, ereditò la presidenza nel 1966. Era stato insignito della Stella d’ Oro e Argento del Coni per meriti sportivi
Sergio Poggiali
E’ morto a 90 anni Sergio Poggiali, per lungo tempo al vertice del Moto Club Faenza e poi del Comitato regionale della Federazione Motociclistica Italiana (di cui era ancora presidente onorario), organizzatore e cronometrista di gare ai massimi livelli. I funerali sono in programma giovedì prossimo, 25 gennaio, alle 10 nella chiesa del Paradiso.
Amministratore e imprenditore, Poggiali era stato insignito della Stella d’ Oro e Argento del Coni per meriti sportivi, del premio “Una vita per lo sport” del Comune di Faenza, del premio Fair Play alla carriera del Panathlon Club e di un riconoscimento dell’Unione Veterani dello Sport. Due Federazioni nazionali, motociclistica e dei cronometristi, lo hanno nominato Benemerito.
La sua carriera sportiva iniziò nel 1945 con la nomina a vicesegretario del Moto Club Faenza, organizzando molte gare fino al G.P. delle Nazioni, corsa internazionale, sul circuito delle Bocche dei Canali. Nel 1949 diventò cronometrista nazionale, prima tappa di un percorso che lo portò ad essere, per 11 anni, segretario provinciale dei cronometristi. Dal 1950 al 1992 è stato Commissario della Federazione Motociclistica Italiana.
Nel 1966 ereditò da Gigi Lama la presidenza del Moto Club Faenza che nel 1970 realizzò il Campo Cross dei Monti Coralli, poi scelto come terreno di gara per il campionato del mondo. Delegato provinciale della Federazione Motociclistica, fu chiamato a impegni internazionali in Venezuela e in Italia, a Pergusa, Monza, Imola (qui per la famosa 200 miglia e per il GP. Delle nazioni). Per dieci anni, dal 1986 al 1996, fu presidente del comitato regionale della Federazione Motociclistica Italiana, e poi presidente onorario. Per la federazione cronometristi fu impegnato alle Olimpiadi di Cortina d’Ampezzo del 1956.
Oltre al motociclismo, Poggiali ha ricoperto incarichi direttivi e operativi anche nel Centro Sportivo Italiano, negli enti di promozione sportiva (fu vicepresidente del CSI Atletica Faenza organizzando diverse gare tra cui quella in cui Berruti ottenne il record dei 200 metri proprio nella città manfreda). Fu tra i fondatori del golf club “Le Cicogne” e del Panathlon Club di Faenza.
“Sergio, grande sportivo in tutti i sensi e anche nella vita, è stato socio fondatore del nostro Club – dice il presidente del Panathlon Faenza, Mauro Benericetti – da socio lo abbiamo sempre visto presente nei nostri incontri e attivo in tutte le nostre manifestazioni. Fino all’ultimo. Rivedo in lui un messaggio: continuare nella strada che proprio lui ci ha aperto, continuare a credere nello sport – quello vero – e nella nostra associazione”.