martedì
08 Luglio 2025

Il Consorzio di Bonifica: «Nuove casse di espansione per evitare altri allagamenti»

Il direttore spiega: «I nostri canali hanno subìto l’esondazione dei fiumi e ora evitano che le campagne restino sommerse»

Conselice Gambellara Alluvione

«I canali della rete di bonifica hanno subìto e non provocato gli allagamenti nella Bassa Romagna e le condizioni di allagamento del territorio di pianura determinate dalle rotte dei fiumi sarebbero permanenti e non temporanee se non ci fosse il servizio dei canali». Le parole di Giovanni Costa, direttore del Consorzio di Bonifica della Romagna occidentale, vogliono fare chiarezza su cosa è successo nelle alluvioni del mese di maggio.

L’ente pubblico che ha sede a Lugo – e ha competenza sui 195mila ettari del comprensorio che include i bacini dei fiumi Sillaro, Santerno, Senio e Lamone – precisa che «la rete di canali di scolo artificiali gestita da noi è progettata per il deflusso delle acque di pioggia che cadono sul territorio e non per riuscire a raccogliere la massa d’acqua fuoriuscita dalle rotture degli argini dei fiumi la cui gestione è affidata a altri enti». Per la precisione la competenza dei fiumi è in capo alla Regione.

Costa parte dai numeri relativi alla prima alluvione del 2-3 maggio: «A valle di Lugo sono caduti circa 100 mm di pioggia in 24 ore, una quantità importante ma non avrebbe creato problemi ai canali consorziali. Lo dimostra un fatto: nella parte di valle tra Santerno e Senio dove non ci sono state rotte di fiume non ci sono stati allagamenti». La rete fluviale di corsi naturali e quella di canali di scolo non sono in comunicazione. Costa lo spiega così: «Se capita un nubifragio a Lugo e rimane sereno sulle colline faentine allora vanno in piena i canali di bonifica ma restano in secca i corsi naturali. Al contrario se il nubifragio è in collina e il sereno è in pianura la piena riguarda i fiumi. Ammesso che reggano gli argini».

La rete di bonifica si è trovata a svolgere una funzione di supplenza inevitabile per convogliare l’acqua riversata sui campi fino al mare attraverso il canale Destra Reno che porta fino a 180 mc al secondo e dopo 37 km sfocia in mare a Casal Borsetti: «A Bagnacavallo sono arrivati circa 60 milioni di metri cubi di acqua, il doppio di Ridracoli».

Sillaro AlluvionePer accelerare le operazioni di deflusso sono serviti anche interventi straordinari. Ad esempio l’aggiunta di gruppi di pompaggio per sollevare le acque da punti di depressione: «Per farlo è stato necessario aspettare il momento giusto e cioè quando i fossi di scolo erano scesi e potevano ricevere altra acqua». Ci sono state anche le cosiddette “rotture controllate degli argini dei canali”: «Ci siamo trovati in alcuni punti in cui l’acqua dei fossi era a quote più basse rispetto a quella del piano campagna. A quel punto abbiamo aperto un varco nell’argine per far defluire l’acqua dentro il canale».

La rottura dell’argine di un fiume è un evento che non dovrebbe verificarsi, ma si possono avere misure di tutela? «Le uniche opere efficaci sono le casse di laminazione». Ad esempio una di queste ha salvato Solarolo nella prima alluvione raccogliendo 180mila mc di acqua. Non è bastata nella seconda alluvione.

Diverse le idee progettuali sul tavolo. La prossima che potrebbe arrivare a compimento prima delle altre riguarda il Fosso Vecchio in zona Villa Prati con finalità di sicurezza e di accumulo e dovrebbe essere finanziata dal Pnrr: «Il progetto iniziale era da 40 milioni e 37 sarebbero arrivati dallo Stato. La revisione dei costi per aumento materiali e manodopera ha fatto lievitare la cifra a 57 milioni. Speriamo che la differenza sia coperta dal fondo apposito creato dal ministero».

Servono alcuni milioni di euro per tornare a produrre sale a Cervia nel 2024

Il sindaco propone la creazione di un gruppo di esperti per gestire il ripristino del sito produttivo e naturalistico che occupa una trentina di persone. Ancora da liberare una parte dello stabilimento e la strada Sp254 è danneggiata

Tra la fine di agosto e l’inizio di settembre del 2023 non ci sarà la raccolta del sale alle saline di Cervia per via dell’alluvione di maggio, ma l’obiettivo del Comune è tornare alla produzione nel 2024. Serviranno alcuni milioni di euro, fa sapere il sindaco Massimo Medri. Che ha accompagnato il presidente della Regione, Stefano Bonaccini, in un sopralluogo e ha avanzato la proposta di costituire un gruppo di esperti dedicato alla missione saline.

La Salina di Cervia esiste da duemila anni, si estende per 827 ettari ed è la porta sud del Parco regionale del Delta del Po, da sempre riserva naturale di popolamento e di nidificazione per molte specie animali e vegetali, oltre che luogo produttivo dove lavorano una trentina di persone.

«La salina ha salvato la città di Cervia perché ha contenuto una quantità straordinaria di acqua – ha dichiarato il sindaco –. Oggi stiamo ancora intervenendo e parte dello stabilimento non è ancora stato liberato dall’acqua. Allo stesso tempo con la Provincia stiamo operando per ripristinare il prima possibile la strada Sp254 che è stata in parte danneggiata. Conclusi questi primi passaggi si dovrà intervenire per ripristinare la nostra salina. Deve essere messa in piedi una task force che impegni tutte le istituzioni, Comune, Provincia, Regione e Stato per il ripristino di un luogo non solo produttivo, ma un’oasi ambientale di enorme valore».

Thumbnail Image2Bonaccini concorda: «È necessario mettere in campo, e in tempi brevissimi, un progetto per il suo rilancio dal punto di vista economico e turistico. Parliamo, infatti, non solo di un’attrazione di questa zona e di uno dei luoghi più magici dell’Emilia-Romagna, ma di un patrimonio culturale, naturalistico e produttivo di valore nazionale. Per questo, porteremo la situazione all’attenzione del Governo: in gioco ci sono oltre una trentina di posti di lavoro, la salvaguardia di una tradizione importante come quella del sale dolce e un habitat naturale da proteggere e conservare».

In provincia di Ravenna ancora 421 persone in centri accoglienza o alberghi

Nel Ravennate risultano 165 interruzioni a strade comunali o provinciali e 248 frane

A venti giorni dalla seconda alluvione in provincia di Ravenna – dopo quella di inizio maggio che riguardò in particolare Faenza, Conselice e Castel Bolognese –, al 3 giugno le persone accolte in strutture messe a disposizione dai Comuni o in alberghi sono 421. Altrettante nel resto della regione: 232 in provincia di Forlì-Cesena, 162 nella Città metropolitana di Bologna e una sola persona in carico nella provincia di Rimini.

Nel Ravennate risultano chiusure alla circolazione su 165 strade comunali o provinciali: 104 sono interrotte parzialmente e 61 totalmente. In totale Sono 726 le strade comunali e provinciali chiuse alla circolazione, di cui 316 in modo parziale e 410 totalmente. Nel bolognese le arterie interessate sono 194 (87 parzialmente e 107 totalmente); 328 nel forlivese-cesenate (119 parzialmente e 209 totalmente); 39 nel riminese (6 parzialmente e 33 totalmente).

Non si ferma l’attività di monitoraggio da parte delle squadre di rilevatori che permette di definire il quadro più aggiornato della situazione frane. Al 3 giugno in regione si contano 936 frane principali, numero invariato rispetto a quelle rilevate fino al giorno prima. Complessivamente ci sono 399 frane in provincia di Forlì-Cesena; 248 in provincia di Ravenna; 120 in provincia di Bologna; 14 in provincia di Reggio Emilia, 143 in quella di Rimini e 12 in quella di Modena. A queste si uniscono migliaia di micro-frane che costellano l’intero Appennino interessato dall’emergenza.

Per la giornata di domenica 4 giugno è prevista allerta gialla per temporali in tutto il territorio regionale, per frane e piene corsi d’acqua minori nella collina romagnola, bolognese e in quella emiliana centrale e, per criticità idrauliche nella bassa collina, pianura e costa romagnola e nella pianura bolognese. Sono possibili evoluzioni dei dissesti innescatisi nelle ultime settimane nelle aree colpite da maltempo. Per quanto riguarda il meteo, sono previste condizioni favorevoli allo sviluppo di temporali più probabili in Appennino, che potranno interessare anche le aree di pianura. Resta elevata l’attenzione nella pianura bolognese (in particolare a Medicina, Molinella e Budrio), nel ravennate e nel forlivese, per la difficoltà di smaltimento delle acque esondate che gravano sul reticolo secondario e di bonifica.

Nuove analisi in mare, le acque dei 38 km di lidi ravennati tornano balneabili

Resta il divieto solo in un tratto di cento metri a Casalborsetti a nord della foce del Destra Reno

Spiaggia CasalborsettiTornano balneabili le acque di tutti i lidi nel comune di Ravenna, fatta eccezione per un breve tratto di circa cento metri a Casalborsetti, a nord della foce del canale Destra Reno fino all’altezza di via delle Gardenie. Era già stato revocato il divieto nel tratto di mare di 200 metri a sud del confine del poligono di tiro di Foce Reno. Lo rende noto il Comune di Ravenna nel pomeriggio di oggi, 3 giugno. Il divieto di balneazione era arrivato il 31 maggio in diversi punti della costa romagnola a causa delle conseguenze della recente alluvione.

L’esito degli ultimi controlli effettuati da Arpae, l’agenzia regionale per la protezione ambientale, restituisce questo scenario per i 38 km di costa nel comune di Ravenna. Da Marina Romea (compresa) andando verso sud fino a Lido di Savio (compreso) le acque sono tutte balneabili.

Viene infatti revocato il divieto di balneabilità a Porto Corsini, Marina Romea e Casalborsetti in parte. Nella giornata di ieri era stato revocato il divieto per Marina di Ravenna, Punta Marina, Lido Adriano, Lido di Dante. Quello per la Bassona era già stato revocato l’altro ieri, mentre le acque prospicienti la spiaggia libera sud di Lido Adriano, Lido di Classe e Lido di Savio non erano state oggetto di divieto in quanto i valori erano risultati nella norma fin dal primo controllo.

Tim ha riattivato 10mila linee fisse, restano ancora senza telefono alcuni cittadini

La centrale è stata allagata e senza corrente elettrica, l’intervento dell’esercito ha consentito di portare un generatore e avviare il ripristino

TimNel comune di Lugo sono diecimila le utenze telefoniche della rete fissa Tim che sono state riattivate dopo i problemi dovuti agli allagamenti. Rimangono ancora problemi sulla rete in rame che serve una parte residuale della clientela. Lo rende noto il Comune.

La centrale telefonica Tim di Lugo è stata una tra le più colpite in tutta l’Emilia-Romagna a seguito degli eventi alluvionali, riportando danni strutturali ingenti e di complessa risoluzione. Al momento dell’allagamento, come tutte le unità immobiliari della zona, la struttura ha subìto un distacco dell’alimentazione dal gestore dell’energia elettrica di zona, durato alcuni giorni.

Con l’aiuto dell’esercito, i tecnici Tim sono riusciti a portare, nonostante l’acqua alta, un generatore di corrente, posizionato in via Emaldi, con cui si è stato possibile fornire l’alimentazione agli apparati principali. Da questo momento il servizio radiomobile ha ricominciato a funzionare in tutta la zona, così come in tutta la Romagna, per consentire ai cittadini e al personale impegnato nei soccorsi di poter comunicare.

Sono ripartiti anche tutti i servizi telefonici di rete fissa per la clientela collegata con rete in fibra ottica (Ftth) e in larga parte anche per quelli che utilizzano i collegamenti fibra-rame (Fttc). Complessivamente, il servizio ad oggi è stato riattivato per circa diecimila cittadini.

Riguardo alla frazione di San Lorenzo, Tim ha fornito la piena disponibilità ad intervenire, appena saranno terminati i lavori di sistemazione dell’argine, lungo il quale passava il cavo in fibra ottica, strappato dall’esondazione.

Si invitano, comunque, tutti i cittadini, a segnalare i singoli guasti in corso, tramite le modalità stabilite dai loro gestori telefonici (per quanto riguarda Tim il 187 o il 191).

«Ringrazio Tim per l’impegno che è stato messo in campo già dalle prime ore dopo l’allagamento della città – spiega il vice sindaco Luigi Pezzi – . Un lavoro svolto in condizioni non semplici che ha permesso di dare già un primo riscontro importante in termini di riattivazioni. Proseguiamo nel lavoro con l’obiettivo di arrivare al completo ripristino».

“Libri d’artista” della scuola Tavelli in mostra nei negozi di Ravenna

Da sabato 3 giugno, in una decina di vetrine del centro, allestite le opere dei giovani studenti. Un’iniziativa a cura di Rosetta Berardi

Libri D'artista TavelliPrende il via sabato 3 giugno, nelle vetrine di una decina di negozi e attività del centro di Ravenna, la mostra “Libri d’artista – Studenti e maestri”: un progetto espositivo della Scuola Tavelli di Ravenna, da un’idea della professoressa Barbara Arveda.

La mostra – curata da Rosetta Berardi e aperta fino al 20 giugno – sarà ospitata dai seguenti esercizi commerciali: Black abbigliamento (via Cavour 100); Ca’ de Vên (via Corrado Ricci 24); Centro ottico Perris (via Cavour 86); Cortoni abbigliamento (via Corrado Ricci 31); Forlini Optical, (via Cairoli 17 /A); Gioielleria Benelli (via Salara14); Ottica Dieci Decimi (via Cairoli 23); Ottica Greco (via Cavour 9); Scooter (via Cavour 55); Tagiuri (via Cairoli 10); Tagiuri (via Cavour 26).

Il progetto si rivolge ai ragazzi delle classi terze della scuola Secondaria di Primo Grado, dell’Istituto Tavelli, e nasce dalla voglia di valorizzare l’arte dei ragazzi: i quali, studiando la storia dell’arte, si accorgono che alcuni dei grandi maestri avevano già iniziato a disegnare, dipingere, scolpire, anche durante il periodo della loro adolescenza, ottenendo ottimi risultati.

L’idea di questo progetto è la creazione di un libro d’artista: un oggetto d’arte a forma di libro. «La pratica del libro d’artista – spiega la professoressa Arveda – attraversa tutte le tendenze dell’arte a partire dalla seconda metà del secolo scorso. Ora che viviamo in un’epoca altamente informatizzata, il “libro d’artista” acquisisce un fascino particolare in cui le valenze tecniche, culturali, estetiche del lavoro dell’artista si manifestano interamente. Attraverso questa forma definita, gli alunni iniziano un nuovo percorso multidisciplinare di forma mentis, che stimola la loro creatività diventando così, per un attimo, artisti che espongono le loro opere accanto ai libri di alcuni celebri maestri, grazie alla collaborazione di Rosetta Berardi (artista riconosciuta a livello nazionale e internazionale) che mette a disposizione alcuni dei libri in mosaico realizzati da maestri mosaicisti e che ha aderito a curare questo evento».

La Regione vuole usare droni su zone alluvionate per spargere larvicida anti zanzare

Chiesta la deroga al ministero della salute per distribuire il prodotto nelle zone difficili da raggiungere. Al momento le analisi sui campioni catturati di insetti adulti non mostra presenza di virus

Alluvione 2Da inizio maggio in Emilia-Romagna è partita l’attività di ricerca di eventuali virus patogeni nelle zanzare, attraverso la cattura e l’analisi di esemplari adulti, e i campioni raccolti non hanno rilevato la presenza di virus. «Al momento – scrive la Regione – l’impatto di questi insetti è limitato a un “effetto molestia”, senza un rischio sanitario accertato». Intanto l’assessorato regionale alle Politiche per la salute, con la collaborazione del gruppo tecnico regionale dedicato alla prevenzione delle arbovirosi, ha definito e inviato alle Ausl e ai Comuni una serie di indicazioni tecniche per rafforzare il controllo delle zanzare nelle zone alluvionate.

Tutti i Comuni delle province di Bologna, Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini sono richiamati a garantire una corretta e completa attuazione delle misure previste dal Piano regionale, per contribuire alla prevenzione della proliferazione delle zanzare: principalmente, quindi, distribuzione di larvicidi nella tombinatura pubblica e comunicazione alla cittadinanza per una corretta gestione delle aree private.

Devono essere sensibilizzate soprattutto le imprese e i responsabili di aree particolarmente critiche, come cantieri, aree dismesse, piazzali di deposito, parcheggi, vivai e altre attività produttive e commerciali che possano dar luogo anche a piccole raccolte di acqua e conseguenti focolai di sviluppo larvale.

Ai Comuni si chiede inoltre di verificare le condizioni di pulizia dei tombini e delle caditoie stradali, perché potrebbero essere ostruiti dal fango rimasto dopo il deflusso delle acque: in questo caso la diffusione in acqua del prodotto larvicida sarebbe ridotta, e quindi diminuirebbe anche l’efficacia.

Azioni aggiuntive sono invece richieste nelle aree del territorio comunale ancora interessate dalle alluvioni, proprio per fronteggiare lo sviluppo di zanzare collegato al mancato o ridotto deflusso delle acque nella rete idrica e al permanere di acque stagnanti. È stata richiesta al ministero della Salute un’autorizzazione in deroga per poter usare i droni per la distribuzione del prodotto larvicida date le difficoltà operative nel raggiungere da terra le porzioni allagate di ampie dimensioni.

Sempre per il controllo delle larve di zanzara, oltre al rafforzamento della pulizia di tombini e caditoie, le indicazioni sono quelle di prestare attenzione ai depositi temporanei di rifiuti stoccati in attesa della destinazione finale di trattamento, perché possono costituire potenziali siti di riproduzione delle zanzare e di altri insetti e animali, come mosche e topi.

Nonostante non ci siano evidenze di circolazione di virus patogeni che impongano il ricorso a trattamenti adulticidi, la presenza importante, anche al di fuori dell’habitat usuale, di zanzare Aedes spp. che arrecano un ulteriore disagio ad una popolazione già provata, giustifica questo tipo di intervento.

Per orientare in modo efficace questi trattamenti saranno posizionate trappole attrattive per valutare la densità di popolazione delle zanzare e agire solo dove serve.

I Comuni sono quindi invitati ad attivare le ditte titolari di contratto per il controllo e l’eventuale disinfestazione, e ad attuare gli interventi aggiuntivi indicati dettagliatamente nell’allegato.

Il Wwf smonta 10 fake news sull’alluvione: dalle nutrie all’altezza degli argini

La nota Ong internazionale lamenta un dibattito pubblico che si svolge senza conoscenze

Faenza (foto Marco Parollo)«Sul dissesto idrogeologico, e soprattutto sulla crisi climatica, il dibattito pubblico si svolge senza le necessarie conoscenze ed è purtroppo influenzato da vere e proprie fake news». Lo afferma il Wwf, la nota organizzazione internazionale non governativa (Ong) di protezione ambientale con sede in Svizzera. Il World Wide Fund for Nature ha individuato le principali bufale che stanno girando in questi giorni sulle alluvioni e le frane in Romagna e prova a smontarle per contribuire a identificare soluzioni efficaci «per salvare vite umane ed evitare miliardi di euro di danni».

  1. Per prevenire disastri serve dragare i fiumi e scavare in alveo: FALSO.
    In gran parte dei fiumi italiani l’alveo si sta progressivamente abbassando a causa del minor apporto di sedimenti dato dalle innumerevoli briglie e dighe che ne interrompono la continuità, oltre che per il massiccio prelievo di inerti avvenuto negli scorsi decenni. Dragare i fiumi, abbassandone la quota altimetrica, contribuisce a creare fenomeni franosi più a monte, peggiorando il dissesto complessivo e mettendo a rischio la stabilità dei ponti a valle.
  2. Per evitare inondazioni bisogna pulire gli alvei tagliando la vegetazione: FALSO.
    Mentre è corretto rimuovere tronchi e rami morti dall’alveo dei fiumi, in particolare in corrispondenza di ponti e restringimenti, o intervenire in modo mirato e con la consulenza di geologi e forestali in particolari situazioni dove la vegetazione può ridurre l’officiosità idraulica di alcuni manufatti , la vegetazione che cresce sulle rive è fondamentale per la loro stabilità, per rallentare la velocità dell’acqua durante le piene, garantire la capacità autodepurativa degli ecosistemi fluviali, mantenere l’ombreggiatura e contribuire all’attenuazione dei periodi di siccità rilasciando gradualmente parte dell’acqua immagazzinata negli habitat ripariali.
  3. Non si fa manutenzione dei fiumi: FALSO.
    Se ne fa anche troppa, ma male e soggetta a meccanismi perversi che non garantiscono un’azione mitrata. Infatti, gran parte delle Regioni, Emilia-Romagna compresa, appaltano a privati la rimozione dei sedimenti o il taglio della vegetazione e i lavori si sostengono con il valore del materiale estratto o tagliato: risultato si interviene prevalentemente dove e quando conviene ai privati e in genere con interventi grandemente sovradimensionati che distruggono la vegetazione riparia con, spesso, aumento del rischio (il Wwf ha documentato tutto questo in due dossier, nel 2016 e nel 2020)
  4. Per evitare inondazioni è necessario rettificare i fiumi: FALSO.
    Rettificare il corso dei fiumi ne riduce la lunghezza complessiva, aumentandone così la pendenza e la velocità di deflusso. Il risultato è che nei periodi di piena l’energia del fiume è maggiore e maggiori sono i danni, così come un incidente stradale a 90 km orari è molto più letale di uno a 30 km orari.
  5. La colpa delle inondazioni e del dissesto idrogeologico è delle nutrie ed altri animali: FALSO.
    Il 94% dei Comuni italiani è a rischio dissesto per frane e alluvioni, e in gran parte di essi nutrie ed altri animali fossori non sono presenti. Vero è che localmente le tane scavate negli argini di dimensioni minori possono intaccarne la solidità, per questo sono ben note soluzioni (come la modulazione della loro pendenza o l’apposizione di reti) che prevengono lo scavo. Alcuni degli argini o dei “muri” di contenimento hanno ceduto durante la tragedia dell’Emilia-Romagna per problemi strutturali dovuti a difetti di costruzione o alla mancanza di monitoraggio e manutenzione.
  6. Per evitare inondazioni serve innalzare gli argini lungo tutto il reticolo idrografico: FALSO.
    Gli argini artificiali sono essenziali per proteggere insediamenti urbani e centri storici (e la loro manutenzione deve essere effettuata con cura e periodicità), ma la loro altezza, come peraltro ha affermato il segretario dell’Autorità di bacino del Po, è già al limite e non si possono rialzare ulteriormente; ,è semmai necessario ampliare le aree di esondazione, prevedendo dove possibile di spostare gli argini, in modo da ridare spazio ai fiumi. È fondamentale garantire la continuità dei fiumi e delle fasce naturali riparie ripristinando e tutelando boschi e zone umide, che svolgono un essenziale ruolo di laminazione delle piene, ricarica delle falde, depurazione, assorbimento di CO2 e protezione della biodiversità che stiamo sempre più velocemente perdendo. Purtroppo, negli ultimi anni il consumo di suolo è proseguito con ritmi impressionanti (2 metri quadrati al secondo, sfiorando i 70 chilometri quadrati di nuove coperture artificiali in un anno, ISPRA 2022) soprattutto nelle aree di pianura, lungo le coste e nelle principali aree metropolitane e in Emilia Romagna si registrano tra i peggiori trend negativi.
  7. Servono casse di espansione: VERO.
    Le casse di espansione possono ospitare parte dell’acqua in eccesso durante le piene e restituirla una volta che la piena è passata. Tuttavia, dovrebbero essere un’estrema ratio perché sono una soluzione meno efficace rispetto ad interventi diffusi basati sulla natura in un’ottica di adattamento al cambiamento climatico.Sant'Agata sul Santerno (foto Marco Parollo)
  8. Servono grandi dighe per evitare disastri come questi: FALSO.
    Le grandi dighe possono contenere le piene di un singolo fiume o di un singolo bacino a monte; sempre che nel momento del bisogno non siano già piene. La Romagna è dotata di una delle più grandi dighe d’Italia (quella di Ridracoli), ma questo non ha impedito la tragedia dei giorni scorsi. Inoltre, le dighe hanno l’effetto di limitare il trasporto di sedimenti al mare, aumentando così l’erosione costiera e richiedendo centinaia di milioni di euro ogni anno per il ripascimento artificiale delle spiagge. In ogni caso in Italia esistono molte dighe che non sono state né collaudate né finite e farne di nuove è irresponsabile. È invece fondamentale allargare e ripristinare le aree di esondazione naturale lungo i fiumi che nel loro insieme svolgono un’importante funzione di “spugna” trattenendo l’acqua durante le piene e rilasciandola gradualmente nel resto dell’anno contribuendo ad attenuare le siccità.  E’ il caso del progetto di rinaturazione del Po inserito nel PNRR, che oltretutto risponde alle direttive europee Acque e Alluvioni e alla Strategia europea per la Biodiversità che impegna a riqualificare e riconnettere 25.000 chilometri di fiumi entro il 2030.
  9. Servono più infrastrutture: FALSO.
    Quasi il 10% del territorio italiano è già cementificato, incluse le aree a rischio inondazione. Questa situazione è particolarmente grave in Emilia-Romagna. L’impermeabilizzazione del suolo impedisce l’infiltrazione dell’acqua e la ricarica delle falde acquifere, mentre aumenta lo scorrimento superficiale riducendo il tempo impiegato dall’acqua per raggiungere i fiumi (“tempo di corrivazione”), pertanto le acque piovane giungeranno al fiume in un intervallo di tempo più ristretto, causando picchi di piena più alti e quindi maggiori rischi di esondazione. Inoltre, in gran parte dei fiumi italiani, le infrastrutture hanno sottratto spazio al naturale alveo dei fiumi, limitando lo spazio per le piene e aumentando così il rischio per le comunità. Ovviamente sono utili difese e infrastrutture ben pianificate nell’ambito dei centri urbani che, in molti casi possono essere anche ben inserite nel tessuto urbano come dimostrato in molte città europee anche con interventi di drenaggio urbano sostenibile.
  10. Il cambiamento climatico non c’entra nulla: FALSO.
    Il cambiamento climatico causato dalle emissioni di gas serra da parte delle attività antropiche, sulle cui cause la comunità scientifica mondiale concorda ormai da anni (con l’eccezione di qualche singolo professore spesso legato al mondo dei combustibili fossili), che ha già portato ad un aumento medio di oltre 1°C delle temperature medie globali, sta avendo effetti particolarmente intensi sul bacino del Mediterraneo, alterando fortemente i cicli idrologici, allungando i periodi di aridità alternati da brevi periodi di piogge intense, sempre più frequenti e dove la quantità di precipitazioni che un tempo cadeva in mesi ora cade in pochi giorni. Sta a noi agire per limitare al più presto le emissioni ed evitare gli scenari peggiori e adattarci al cambiamento climatico in atto.

Il Wwf non risparmia critiche: «Chi, nel dibattito pubblico, continua a sostenere tesi in contrasto con la scienza e l’evidenza dei fatti, rimandando decisioni o investendo fondi pubblici in opere inutili o dannose, si assume una responsabilità enorme rispetto alle prossime tragedie che continueranno a trovare il nostro territorio non pronto agli effetti della crisi climatica».

Ai dieci punti dell’elenco, il Wwf aggiunge un’altra smentita: la retorica che vorrebbe addossare la colpa dell’alluvione agli ambientalisti che hanno vietato ogni opera. «Gli ambientalisti non hanno governato alcuna regione italiana, né tantomeno hanno avuto voce in capitolo nelle scelte dei governi nazionali e regionali. Inoltre, i Governatori regionali sono stati investiti del ruolo di Commissario straordinario per il dissesto idrogeologico da parecchi anni e avrebbero potuto muoversi facilmente e spesso in deroga a molti vincoli.  Viceversa, da decenni gli ambientalisti segnalano il rischio derivante da una cattiva gestione dei corsi d’acqua italiani, dalla distruzione e riduzione delle aree di esondazione che spesso ha ridotti i corsi d’acqua in semplici canali, aumentando il rischio idraulico e causando un collasso della biodiversità dei fiumi italiani, quasi il 60% dei quali presenta uno stato ecologico non buono. Quindi siamo davvero ad una situazione paradossale: accusare chi da 30 anni lancia l’allarme su fiumi e territorio perché, semplicemente, quello che avevano annunciato si è avverato».

Qui potete trovare l’articolo sul sito ufficiale del WWF dal titolo “10 fake news sull’alluvione in emilia-romagna“.

Quelle montagne di rifiuti che assediano Fornace Zarattini

Nella zona artigianale alle porte di Ravenna la ripulitura ha generato enormi accumuli spazzatura che Hera deve smaltire

Nella zona artigianale in fondo a via Braille, in una Fornace Zarattini che si sta cercando di riprendere dall’alluvione, sono nate delle montagne. Sono quelle dei rifiuti prodotti dal fango e dall’acqua che hanno travolto la località. Hera coordina la raccolta e sistema i rifiuti il più lontano possibile, ma comunque inevitabilmente a ridosso delle aziende.
Decine di metri di una discarica a cielo aperto che rende bene l’idea dei danni subìti da aziende e famiglie di Fornace.

Due ditte con 12 mezzi per riparare un tratto di 80 metri dell’argine del Santerno

Saranno posizionate le palancole per consentire ai cittadini della frazione di riavere la disponibilità delle case

Proseguono i lavori a Ca’ di Lugo, in provincia di Ravenna, per impermeabilizzare e poi sistemare gli argini del fiume Santerno, dopo i danni causati dall’alluvione. Nei pressi dell’incrocio tra via Fiumazzo e via Leonelli ha ceduto l’argine il 16 maggio scorso, causando anche il crollo della casa di un 93enne.

A fare il punto sui lavori è stata la vicepresidente della Regione, Irene Priolo, impegnata il 2 giugno in un sopralluogo con il sindaco Davide Ranalli: «Quello a Ca’ di Lugo è uno dei cantieri più complessi, in cui il fondo alveo si è occluso a causa del cedimento interno delle sponde provocato dall’enorme quantità di acqua caduta».

Due ditte stanno lavorando con 12 mezzi tra escavatori, ruspe, rulli, dumper e mezzi per posizionare le palancole – in questa prima fase ne saranno posizionate per circa 80 metri – e permettere così ai cittadini di rientrare il prima possibile nella piena disponibilità delle proprie abitazioni.

L’acqua migliora: il divieto di fare il bagno resta solo nei lidi nord

Da Marina di Ravenna verso sud il mare torna balneabile

Mare Lido AdrianoL’esito degli ultimi controlli effettuati da Arpae in relazione alla balneabilità delle acque dei lidi ravennati e cervesi, temporaneamente vietata l’altro mercoledì 31 maggio, in diversi punti a causa delle conseguenze della recente alluvione, restituisce un quadro in miglioramento.

Da Marina di Ravenna (compresa) andando verso sud fino a Lido di Savio (compreso) e i lidi cervesi (compresi) le acque sono tutte balneabili.

Viene quindi revocato il divieto per Marina di Ravenna, Punta Marina, Lido Adriano, Lido di Dante. Quello per la Bassona era già stato revocato giovedì, mentre le acque prospicienti la spiaggia libera sud di Lido Adriano, Lido di Classe e Lido di Savio non erano state oggetto di divieto in quanto i valori erano risultati nella norma fin dal primo controllo.

Nella parte nord della costa permane il divieto a Porto Corsini, Marina Romea e Casal Borsetti (tratto cento metri a nord dalla foce del canale Destra Reno) mentre viene revocato nel tratto di mare 200 metri a sud del confine del poligono di tiro di Foce Reno.

«Continuano a migliorare le condizioni dell’acqua delle spiagge della riviera ravennate – dichiarano il sindaco Michele de Pascale e l’assessore al Turismo Giacomo Costantini – siamo fiduciosi che entro pochi giorni potremmo recuperare totalmente la balneabilità; Ravenna, le sue spiagge e i suoi operatori sono già pronti per la stagione estiva e per accogliere i turisti con un’altissima qualità dei servizi e con la proverbiale accoglienza.  Il quotidiano monitoraggio delle acque che stiamo effettuando è la dimostrazione di quanto ci stia a cuore la qualità della nostra offerta turistica e balneare».

Adolescenti napoletani in scena con la prima commedia di Aristofane

Il 3 giugno all’Alighieri “Acarnesi”, nuovo progetto (triennale) della non-scuola di Marco Martinelli. Un inno alla pace quanto mai attuale

Sabato 3 giugno, al Teatro Alighieri alle 21, va in scena, nell’ambito delle anteprime del Ravenna Festival lo spettacolo Acarnesi Stop the War!, una riscrittura da Aristofane per la drammaturgia e la regia di Marco Martinelli, con musiche di Ambrogio Sparagna e in scena adolescenti di Pompei, Torre del Greco e Castellammare di Stabia.

Si tratta infatti di un nuovo progetto della non-scuola che Marco Martinelli torna a praticare, a Napoli e dintorni ,dando inizio, dopo il prologo di Uccelli del 2022, a un nuovo triennio dedicato ad Aristofane.
Acarnesi è la prima commedia del commediografo greco, scritta in giovane età: Diceopoli, vecchio contadino ateniese, non sa convincere i concittadini a smetterla con la guerra, e decide per una “tregua separata” con gli Spartani. Così se ne torna nel suo podere a celebrare Dioniso mentre la città è in fiamme. Gli Acarnesi gli si oppongono, ma Diceopoli (“il giusto cittadino”) spiegherà loro che servire la patria significa cercare la Pace.
Un inno scenico quanto mai attuale, in questo millennio funestato come allora dall’incubo della guerra.

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