Arci in cerca di sedi per Dock61 e Kinotto, due circoli (temporaneamente) chiusi

La presidente dell’associazione: «Il costo dei locali si sta facendo sempre più gravoso, ma durante la pandemia le proprietà delle Case del Popolo si sono dimostrate comprensive, diverso invece con i privati»

Circolo Arci KinottoDopo l’annuncio della chiusura di due circoli particolarmente attivi e vivaci come il Kinotto e il Dock 61, incontriamo i referenti provinciali dell’Arci, storica associazione di promozione sociale, e per una volta si tratta di due donne: Ombretta Cortesi, presidente, e Roberta Cappelli, ex presidente e oggi referente organizzativa. E subito arriva una buona notizia: si sta cercando il modo di permettere a quelle due realtà di tornare a organizzare i propri eventi e le proprie attività, dai concerti agli incontri, dalle mostre ai dibattiti.

«In entrambi i casi – ci spiega Cappelli – il problema nasce dalla sede. Quella del Kinotto, una Casa del popolo, è stata venduta. Mentre il Dock era in affitto da un privato e la chiusura forzata del Covid li ha messi in difficoltà con il pagamento dell’affitto. Parliamo in questo caso di un’attività di volontariato non a scopo di lucro che senza la possibilità di autofinanziarsi ha avuto problemi. Per questo stiamo cercando soluzioni alternative. Ma è vero che i costi delle sedi negli anni sono aumentati e possono diventare un problema».

DockPer le soluzioni non hanno pensato all’intervento del Comune. «Con i Comuni facciamo progetti per noi importanti, ma non possiamo dipendere dalle Amministrazioni per tutte le sedi, sarebbe impensabile, dobbiamo far leva sulle possibilità di autofinanziamento che oggi la legge ci dà ed è anche una questione di autonomia reciproca. E in un momento come questo, in cui purtroppo in città ci sono tanti spazi vuoti, possiamo sperare in soluzioni alternative. Restano inoltre le possibilità delle Case del Popolo, che già ospitano tanti nostri circoli e a cui paghiamo l’affitto, e la cui proprietà, oggi di cooperative e fondazioni, si è dimostrata molto comprensiva rispetto a questi momenti di crisi. Peraltro questo è un modo per mantenere la vocazione originaria di quel patrimonio, di qualsiasi colore politico siano l’espressione».

In tutto sono quasi un centinaio oggi i circoli in provincia tra quelli con una sede specifica che sono luoghi di ritrovo dove promuovere diverse attività a seconda della vocazione (gioco di carte, giochi da tavolo, socialità, attività culturali, laboratori, incontri e conferenze) a quelli senza una propria sede che sviluppano l’attività, talvolta tematica, in sedi sempre diverse a seconda delle necessità. Ovunque apertura e ascolto restano un punto cardine dell’Arci. «Per esempio nel nostro circolo, il Casablanca – dice Cortesi – abbiamo ospitato anche tante iniziative con tutti i partiti del centrosinistra, senza preclusioni». Ma ovviamente con alcuni valori fondanti che restano chiari quali l’antifascismo, l’antirazzismo, il rispetto della Costituzione, le battaglie per i diritti di tutti e di tutte.

Perché l’Arci, che in provincia conta circa 14mila iscritti, è anche una realtà politica. «Lo siamo – dice ancora Cortesi – nel senso etimologico del termine, nel senso della polis, perché l’uomo è un animale sociale e incontrarsi, parlare, scambiarsi idee è fare politica. Poi ci sono state battaglie in cui abbiamo preso posizione, ma sempre stando sul merito delle cose e in un atteggiamento di dialogo». E se oggi l’Arci è appunto tempo libero, volontariato civile (tra le iniziative anche il camp estivo in collina per adolescenti dove si parla di legalità, ambiente, educazione sessuale), Cortesi non dimentica infatti le radici. «Veniamo dal Quarto stato, dal quadro di Pellizza da Volpedo, dalle masse degli ultimi che si muovono e si attivano per ottenere migliori condizioni di vita e salute, per emanciparsi». E ci sono oggi le forze per portare avanti quella realtà o anche l’Arci soffre, come tante altre realtà di volontariato, di un calo delle “vocazioni”? «Forse in alcuni casi c’è bisogno di maggior apertura – dice Cappelli – ma ci sono realtà, dove generazioni diverse riescono non solo a convivere in uno spazio ma realizzare progetti insieme. Siamo una galassia di autonomie ed è la nostra ricchezza».

Insieme i vari circoli davano vita anche allo stand alla Festa dell’Unità di Arci e Libera che quest’anno non si terrà per le misure anti-Covid. «Oltre che per l’aspetto di autofinanziamento, lo facevamo per mostrare la nostra pluralità di idee ed espressioni. Quest’anno cercheremo di fare qualcosa di più piccolo e itinerante, nei circoli che hanno gli spazi all’aperto che lo consentono». Perché per fortuna, a parte Dock e Kinotto, tutti gli altri circoli Arci della provincia hanno riaperto o stanno per farlo. «Dobbiamo sempre più – conclude Cortesi – attivare quel narcisismo positivo che porta le persone ad attivarsi e abbiamo sempre più bisogno di persone disposte ad assumersi responsabilità in un’ottica di ascolto che non deve mai giudicare dall’alto, ma cercare innanzitutto di capire anche le posizioni che possono apparire inizialmente più distanti».

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