L’enigma di Goya, tra ratio e sentimento

L’imperdibile esposizione al Museo delle Cappuccine di Bagnacavallo, aperta fino a novembre

CapricciÈ un’occasione imperdibile quella che offre il Museo delle Cappuccine di Bagnacavallo per incontrare  l’opera omnia incisoria del pittore spagnolo Francisco Goya, attraverso l’esposizione di 200 tavole appartenenti ai quattro grandi cicli realizzati dall’artista nel corso della sua vita: i Capricci, i Disastri della Guerra, la Tauromachia, le Follie.

Nella produzione straordinaria di Goya, le incisioni, le acquaforti e le acquatinte non sono mai state “sorelle minori” della parte pittorica ma, al contrario, ne hanno costituito una parte necessaria di supporto poetico, libero dalla necessità o profonda e intensa declinazione.
Alle incisioni Goya affidò la parte più profonda e interiore della sua esistenza d’artista, le sue riflessioni, il suo sguardo audace e critico sul “suo” tempo, un tempo che, pur essendo anche un pittore di corte amato dal milieux reale spagnolo, non mancava di sollevare dubbi, angosce e denunce sofferte.
I cicli in mostra lo raccontano splendidamente ancora a più di duecento anni dalla loro realizzazione e sono “modernissimi”; non cessano di insegnare ed educare lo sguardo come hanno fatto con centinaia di artisti romantici, simbolisti, surrealisti, avanguardisti che sono arrivati dopo di lui e hanno attinto alla sua poetica, scegliendolo come punto di riferimento. Perché Goya ha un aspetto che nessun artista possiede come lui: riesce a essere sempre portatore di un enigma e di una potere quasi universale, condiviso e condivisibile, di ossimoro tra trasgressione e norma,  tra ombra e luce, tra ratio e sentimento, tra illuminismo e romanticismo. La sua vita, pur essendo un pittore di corte, fu attraversata da gravi problemi, principalmente causati dal clima di censura che imperava nella Spagna di fine Settecento, dominata da un’Inquisizione che reprimeva ogni segnale di cambiamento per tutelare l’identità della Spagna Cattolica.

Mostra Goya, SalaLa prima serie, quella dei Capricci, venne realizzata alla fine del ’700: il 6 febbraio del 1799 nella prima pagina del Diario De Madrid apparve l’annuncio della messa in vendita di una Raccolta di stampa su temi capricciosi, inventate e incise da Don Francisco Goya. Gli ottanta fogli potevano essere acquistati in un negozio di profumi e liquori vicino alla casa dell’artista. Il fatto che non fossero espressi in dettaglio i temi era motivato dal  desiderio di eludere la censura dell’inquisizione, cosa che riuscì a Goya soltanto parzialmente, tanto che, per tutelare l’opera, nel 1803 donò al Re le matrici della serie. Nella serie l’artista si ispira deliberatamente allo schema seriale delle stampe popolari, non pretendendo di narrare in modo lineare, ma di illustrare sensazioni anarchiche scaturite dalla sua immaginazione. Le sue sensazioni anarchiche, tuttavia, mostrano una varietà di temi e di rimandi straordinari: posseggono l’emozione drammatica di Rembrandt, la visionarietà di Piranesi, nel definire un universo crudele, tragico e disperato. Insieme alla declinazione “scura” si avverte in questo mirabile teatro di luci e ombre, l’amore per il mondo veneziano dei Tiepolo, per le mascherate, gli inganni, le ambiguità.
Nella serie I Disastri della Guerra, il tema centrale è invece  la Guerra, con tutto ciò che essa comporta: morte, fame, orfani, brutalità, assassinii, e la crudeltà, insensata e sterile, contraria ad ogni ratio illuminista, dell’essere umano.

La Tauromachia è invece realizzata da Goya nel 1813 come omaggio al mondo delle fiestas, da lui molto amato e, probabilmente, anche praticato. In questo periodo venne definito il regolamento delle corride, istituite le prime scuole di tauromachia, costruite le prime arene stabili, riformato l’allevamento dei tori e comparvero i primi grandi toreri. Questo universo, magico e impregnato di valori arcaici, in Goya accolse anche ricordi d’infanzia uniti a una visione di grande energia, libertà e vitalità espressiva.

L’ultima delle serie in mostra è le Follie che, databile intorno al 1815-1823 ma pubblicata nel 1864 dopo la sua morte, che mette in scena “una sequenza di stramberie e incoerenze che per il loro carattere impossibile o assurdo provocassero una sensazione di stupore alla quale tenesse dietro il riso”. Le Follie sono in realtà soprattutto una sorta di testamento finale di Goya e, in qualche modo, contengono tutte le sfumature del suo incredibile percorso – il sarcasmo cinico, la dissacrante visione polemica, l’anticlericalismo, la vena notturna e visionaria, l’espressionismo feroce e trasfigurato, la tragicità assoluta delle ultime pitture della Quinta del Sordo – che non ha ancora smesso di affascinare il mondo dopo più di due secoli.

“Goya-Follia e Ragione all’alba della Modernità”, a cura di Patrizia Foglia e Diego Galizzi. Fino al 19 novembre al Museo Civico delle Cappuccine – via Vittorio Veneto 1/a Bagnacavallo. Info: 0545/280911 centroculturale@comune.bagnacavallo.ra.it. Orari mostra: martedì e mercoledì: 15-18; giovedì: 10-12 e 15-18; venerdì, sabato e domenica: 10-12 e 15-19

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