Hugo Race e il blues: «Ci connette con le esperienze più profonde dell’essere umano»

Il cantautore australiano atteso al Boca Barranca: «Sono legato alla Romagna. Nick Cave? Quando suonavamo insieme la musica rock era ancora anarchia»

Hugo Race

Hugo Race in tour con Giovanni Ferrario, Francesco Giampaoli e Diego Sapignoli

Fa tappa l’11 maggio al Boca Barranca di Marina Romea il tour internazionale di Hugo Race, classe 1963, cantautore australiano membro anche dei Bad Seeds di Nick Cave ma che porta avanti una carriera solista (con collaborazioni e gruppi variabili) da ormai più di trent’anni.

Il 26 aprile è uscito per Glitterhouse Records e Goddfellas il nuovo Taken By The Dream, registrato in collaborazione con i romagnoli Diego Sapignoli e Francesco Giampaoli, dei Sacri Cuori, che lo accompagneranno anche in tour insieme a Giovanni Ferrario, storico chitarrista degli Scisma (e anche di Pj Harvey).

Hugorace RitrattoNel tuo nuovo album ho trovato influenze che vanno dalla world music alla psichedelia, fino a un tocco a volte quasi morriconiano. Cosa credi ti abbia influenzato nella scrittura di questo disco?
«Si può dire che gli ultimi 25 anni della mia vita musicale abbiano tutti portato alla realizzazione di Taken by the dream. Il modo in cui la musica e le parole sono evolute in questo album ha a che fare con qualsiasi altra cosa io abbia fatto. È molto difficile distinguere le influenze che attraversano il mio lavoro perché sono molto varie. Senza dubbio sono cresciuto ascoltando tantissima musica psichedelica, da quando ero un bambino. E allo stesso tempo ascoltavo anche folk-rock in stile americano, Mr. Bob Dylan e altri. Questi ascolti, uniti al rock, al prog, all’avanguardia, all’elettronica e soprattutto al blues, sono le mie principali influenze. Anche se quelle dirette sulle mie canzoni arrivano sempre da incontri personali, cose che sento in strada, fatti che avvengono in giro: gli eventi casuali hanno una potente influenza su di noi».
Immagino quindi che i testi siano fondamentali… Come nascono le tue canzoni?
«Parole e musica sono inseparabili. In genere comincio dalla musica per creare una cornice e dare un senso a ciò di cui parla quella canzone. Tengo interi diari di appunti, commenti e testi: creo da una sorta di caos mentale in cui musica e parole sono in un flusso, il mio studio è come un’esplosione di carta, cavi e strumenti. Mi è sempre interessato vedere dove va a finire una canzone: all’inizio è un mistero anche per me. Scrivere canzoni è come prendere ispirazione da un’altra dimensione e parte del mio lavoro è far sì che questo accada. Alcuni dei testi li ho scritti con la mia compagna: lei sente qualcosa su cui sto lavorando e inizia a dare suggerimenti e poi collaboriamo per finire la traccia. Ci divertiamo molto a scrivere insieme! E facciamo discussioni molto animate…».
Siamo un giornale romagnolo e mi incuriosisce molto il tuo legame con la Romagna. E cosa ne pensi dell’Italia?
«Sono ormai vent’anni che faccio base in Italia mentre lavoro in Europa. Ho relazioni ormai familiari in Italia che hanno fatto sì che iniziasse qui il mio tour. Essendo fatalista (come ribattezzato il gruppo che l’accompagna, Fatalists, ndr), ho sempre pensato che fosse in parte il mio destino vivere molta parte della mia esistenza in questo Paese. Sì, ho trascorso molto tempo anche in Romagna, molto bella, per via dei miei rapporti con i Sacri Cuori. Sono ormai dieci anni che abbiamo registrato il nostro primo disco insieme. Da allora abbimo fatto tour insieme in Europa, Italia e Australia e siamo in molti sensi una sorta di famiglia musicale. Taken by the dream è stato tutto registrato nello studio di Checco (Giampaoli dei Sacri Cuori, a Lido di Dante, ndr), il mixing è stato fatto a Catania, un’altra parte dell’Italia dove ho radici profonde perché ci ho vissuto molti anni».
Ci sono gruppi italiani che apprezzi e che secondo te meriterebbero più successo, anche all’estero?
«Come chiunque lavori nella musica, non ho idea del perché un artista o una band abbia successo e un’altra no, anche quando sono egualmente interessanti e potenti. C’è un elemento casuale nel modo in cui gli artisti raggiungono il successo perché è una combinazione di molte cose, principalmente fortuna. Quindi non faccio mai previsioni. Ma ci sono grandi artisti in Italia che meritano maggiore visibilità nel mondo e spero la otterranno. Mi sono molto divertito per esempio a lavorare ai nuovi album di Massimiliano Larocca (dove compare anche Enrico Gabrielli) e Cesare Basile. E poi uscirà presto un disco di Songs With Other Strangers, progetto che vede coinvolti Marta Collica dei Sepiatone, Cesare, Manuel e Rodrigo degli Afterhours…».
Cos’è per te il blues?
«Il blues per me è un tipo di musica biblico, nel senso che le radici culturali della musica moderna – che sia hip hop, pop o rock – prendono tutte linfa dal blues. E il blues è una sorta di fusione delle radici africane con il XX secolo. Credo che la ragione sia perché ci connette con le esperienze più profonde dell’essere umano e ci permette di arrivare all’essenza della natura stessa».
Che ricordi hai dei Birthday Party e dei Bad Seeds? Come pensi abbiano influenzato la musica rock mondiale? In che rapporto sei rimasto con Nick Cave?
«Ero nei Birthday Party nel momento in cui Rowland (il chitarrista Rowland S. Howard, ndr) aveva lasciato la band e Nick (Cave, ndr) stava cercando una nuova direzione. Questo mi ha permesso di capire a fondo sia i Birthday Party sia quelli che sono poi diventati i Bad Seeds. Sono stati la mia educazione adulta nel mondo della musica, ne ho scritto anche nel mio libro, Road Series. Quel periodo, all’inizio degli anni Ottanta, fu incredibilmente stimolante nel senso che c’era una tensione violenta tra le band e il pubblico, che dava alla musica un’energia e una ferocia cruda. È difficile immaginare una simile situazione nel 2019 perché la cultura è cambiata così tanto, la musica rock non ha più quel tipo di anarchia e vera rabbia. Tutti noi che siamo stati coinvolti in quel periodo siamo rimasti amici, ma la vita ci ha portati a prendere strade diverse e anche se ora non collaboriamo più sento ancora una buona intesa con Nick».
Che tipo di concerti dobbiamo aspettarci dal nuovo tour? Cosa ricerchi in una performance live?
«Presenteremo il nuovo album e anche brani dai precedenti. I Fatalists hanno l’incredibile capacità di creare atmosfera d’incanto, sognanti, non solo rock, ci piace davvero suonare insieme ed è sempre un modo nuovo di imparare. Sai, nella musica non si smette mai di imparare, non saprai mai tutto e puoi sempre andare più in profondità…».

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