In Darsena si ricicla e rigenera. Ma senza strategie non c’è futuro

Fausto PiazzaFare un giretto in Darsena – fra testata e ponte mobile, lungo le rive del Candiano – è istruttivo per capire lo stato dell’arte di una zona dismessa di almeno 70 ettari (tanto quanto il centro storico di Ravenna) in cerca, da circa 40 anni, di una nuova identità urbana e sociale. Il tempo sarebbe ragionevolmente scaduto ma i risultati di recupero di questo patrimonio sono minimali, fra parziali e precari interventi di riciclo e rigenerazione.

Così è, ma ben vengano iniziative come l’attuale “Manualetto” che insiste – con architetture portatili, dialoghi e spettacoli – a promuovere intorno alla Darsena spazi inediti di riessione e creatività per e con nuove generazioni di intelletuali, artisti, cittadini. Soprattutto coinvolgendo il progetto “Tempus”, nell’area dismessa del Consorzio Agrario attrezzata a inizio anno, grazie all’impegno di diverse istituzioni e associazioni. Effettivamente, alle nuove strutture di ospitalità firmate dal gruppo di architetti Denara, preferivo quelle più leggere del primo “Manualetto”, ma confido che tutte siano riutilizzate nello spirito rigenerativo, oltreché effimero, anche in iniziative prossime future.

Però, va detto, la tattica del riuso, per evitare abbandono e ulteriore corruzione del quartiere, esprime comunque un triste senso di incertezza, casualità, desolazione. Il completamento della passerella lungo destra canale (fine 2023 si era detto), l’Orangerie e lo storico Tiro a Segno sono ancora cantieri inconcludenti, l’Almagià chiude per essere adeguato e rifunzionalizzato, Darsena PopUp, il vivace luogo pioniere della rigenerazione, mostra i primi segni di decadenza… E c’è da chiedersi perché non si è ancora liberata l’ex Dogana dalla caserma della Polizia Locale? Che ne ha fatto il progetto vincitore della riqualificazione fra stazione ferroviara e testata della Darsena (2021)? E il “mirabolante” piano di valorizzazione dell’area Cmc previsto da Cia-Conad (Sigarone compreso) cosa sarebbe e quando partirà? Infine, non doveva già esser pronto ormai da un anno il Pug, per dettare gli obiettivi urbanistici (consumo zero di terreni vergini) del quartiere sull’acqua? A quando una vera rinascita, fra 10, 20, 30 anni?

Fortunatamente la natura ci dà una mano e, come nei vasti terreni di Eni (ex Sarom ed ex deposito petrolifero ai margini di via Trieste), sta trasformando aree produttive in una giungla autoctona, magari “risanando” autonomamente spazi inquinati. Se il verde non lo curi e non lo pianti si riprende lo stesso i suoi spazi.

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