Perché vi indignate se vi dicono che nei licei non ci sono poveri?

Il caso del liceo di Faenza ha sollevato tanta indignazione ma forse anche troppa ipocrisia. Cosa sta facendo la scuola per facilitare l’accesso agli studi per i meno abbienti? E i genitori abbienti, sono così dispiaciuti se il compagno di banco del loro pargolo è ricco e italiano?

Pexels Pixabay 256395È successo che nei giorni scorsi una scuola superiore della provincia di Ravenna, il liceo Torricelli-Ballardini di Faenza, abbia messo online sul suo sito una sintetica presentazione dell’istituto contenente il passaggio che segue, riportato testualmente: “La popolazione scolastica risulta costituita prevalentemente da studenti provenienti (pur con qualche eccezione) da un contesto socio-economico medio alto; la percentuale di studenti provenienti da famiglie svantaggiate è bassissima. La percentuale di studenti con cittadinanza non italiana nei cinque indirizzi di studio è inferiore alla media regionale e nazionale”. E si è sollevata l’ondata di indignazione. Ma quanta pelosa ipocrisia in questo sdegno.

Si badi bene: la presentazione non era un’invenzione promozionale, non era un quadretto finto. La dirigente scolastica ha spiegato che il liceo stava aggiornando il sito e il gestore aveva preso in maniera automatica alcuni stralci di documenti interni basati sui dati statistici delle prove Invalsi. Il testo non aveva toni di vanteria, non era denigratorio o offensivo. Era la presentazione della propria realtà.

Insomma, quella era la fotografia della situazione reale all’interno del liceo. Quindi non si capisce perché mai la dirigente si sia dovuta scusare e abbia fatto rimuovere il testo. Così come non si capisce perché quella fotografia dovesse essere tenuta nascosta se non secondo la logica che portava i sudditi della celebre fiaba a non dire che il re era nudo per non scontentarlo.

Che i licei siano frequentati, in maggior parte, da pargoli di famiglie da contesti socio-economici medio alti è il famoso segreto di Pulcinella. A tenere fuori dai licei i figli di famiglie disagiate, spesso di origine straniera per via di diverse difficoltà, non è la mancanza di capacità intellettive degli alunni ma la mancanza delle risorse economiche necessarie per imboccare un percorso che di fatto viaggia spedito verso l’università. C’è chi ha bisogno di entrare prima sul mercato del lavoro ed è meglio farlo con un diploma spendibile. Allora perché vi indignate se dicono che nei licei non ci sono poveri?

Di fronte a quel testo comparso sul sito del liceo, la reazione del popolo voglioso di combattere il classismo per avere un’uguaglianza sociale forse avrebbe dovuto essere un’autocritica: cosa stiamo facendo per correggere questa fotografia? Cosa sta facendo il mondo della scuola per garantire un accesso all’istruzione basato sulle effettive capacità a prescindere dal reddito? La domanda da porsi è: un dirigente scolastico o un rappresentante della scuola, è preoccupato che la fotografia del liceo sia quella?

E un’altra domanda forse dovrebbe farsi largo: siamo davvero sicuri che i genitori di chi sceglie un liceo non si sentano più sereni a sapere che nelle classi dei loro figli non ci sono poveri e immigrati?

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