Il sindaco, l’immigrazione e la differenza

Al sindaco conviene prendere posizioni così nette a favore degli immigrati? Lo ha fatto in una nostra recente intervista annunciando anche una “civil card” per i figli nati a Ravenna da genitori stranieri, lo ha fatto con dichiarazioni e gesti simbolici come quello di “aprire” il porto di Ravenna per la nave Aquarius a cui ministro Salvini ha impedito l’attracco in Italia.
A giudicare dai commenti terribili che ricevono le sue dichiarazione sui social si direbbe di no. A giudicare dai consensi che sembra conquistare quotidianamente il ministro dell’Interno che sta andando esattamente nella direzione opposta, nemmeno. Almeno se tutto viene misurato in termini di consensi immediati, sull’onda dell’emozione.

E infatti nel suo partito la sua è una voce che si distingue dai tanti tentennamenti che ci sono stati in questi anni in casa Pd. Spaventati proprio dai sondaggi hanno talvolta scimmiottato la destra (sorvoliamo per esempio su alcune dichiarazioni sulle quote migranti anche dell’ex sindaco…), hanno ascoltato i loro iscritti più anziani e impauriti senza riuscire a fermare comunque l’emorragia di voti. E, se possibile, hanno alzato l’asticella tanto che ora per fare notizia non basta annunciare campi di prigionia in Libia (li aveva già fatti Minniti con il precedente Governo), ma bisogna bloccare i porti e censire su base etnica i rom. Un avvitamento pericoloso che fomenta un clima di scontro continuo tra poveri e poverissimi.

Ma è anche in un certo senso un momento di cui il Pd potrebbe approfittare in termini di chiarezza, se avrà il coraggio di seguire la linea che ha intrapreso con convinzione il sindaco. E che, paradossalmente, potrebbe essere anche la più conveniente da un punto di vista politico. Perché se il successo di Salvini può insegnare qualcosa alla sinistra o ciò che ne resta è che serve un messaggio chiaro, che un tema come l’immigrazione, complesso e articolato, va comunque affrontato da principi e basi solide e certe, che non lascino spazio a dubbi sull’impostazione. Insomma, su questo tema non ci possono stare “ma anche”. E questo non solo per ragioni ideologiche che si possono più o meno condividere, ma anche per opportunità politica.

Sui territori e a livello nazionale e anche a livello regionale, forse l’unica speranza per ciò che resta dei democratici e dei loro alleati è quella di marcare ogni giorno una differenza sostanziale, fondativa e identitaria. Mai come ora potrebbe diventare chiaro agli elettori del centrosinistra, magari stanchi o disillusi da una gestione del potere che anche qui ha finito per incrinare tante certezze in termini di servizi e protezioni sociali, che comunque ancora una differenza potrebbe esistere e che non sono tutti uguali. L’immigrazione può essere un buon punto di partenza. Ovviamente non può restare il solo.

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