«Bimbo affetto da autismo: troppo tempo per le cure, famiglia si rivolge ai privati»

Il caso segnalato dalla Lega in Regione. «Sembra che questo problema sia diffuso in tutta l’area romagnola, nonostante i ‘casi’ di autismo oggi possano ottenere miglioramenti se curati in tempi certi non appena diagnosticati»

MedicoTroppa attesa per le cure al figlio affetto da autismo e così i genitori deovno rivolgersi alla sanità pubblica.Il caso riguarda una famiglia ravennate ed è stato portato all’attenzione dell’assessore regionale Sergio Venturi, delegato alla salute. «Abbiamo appreso – dicono i consiglieri della Lega – di uno dei tanti casi che si registrano in Romagna, che riguarda genitori costretti a rivolgersi al privato per garantire al proprio bambino, nella fascia di età 0-6 anni, quelle terapie che dovrebbero essere garantite dall’Ausl».

Esiste infatti – dicono i leghisti –  un ‘Programma regionale integrato autismo’ (PRIA) che mette nero su bianco quanto dovrebbe essere dispensato dalla sanità pubblica e in quali tempi. «Purtroppo sembra non sia così. Certamente non lo è stato nella vicenda di questa famiglia ravennate che si è trovata a dover affrontare la diagnosi di disturbo di spettro autistico moderato e di dover ricorrere a costose terapie private, sembra per la troppo lunga lista di attesa, secondo le giustificazioni addotte dalla referente dell’Ausl locale. Sembra, tuttavia, che questo problema sia diffuso in tutta l’area romagnola, nonostante i ‘casi’ di autismo oggi possano ottenere miglioramenti se curati in tempi certi non appena diagnosticati, con un progetto che coinvolga strettamente referenti sanitari e famiglie».

Di qui, una serie di domande rivolte all’assessore Venturi, sia per avere un quadro esaustivo dei casi di autismo diagnosticati in Romagna, sia sulle ragioni del divario che intercorre tra la realtà denunciata nell’interrogazione e le direttive previste dalla Regione. La Lega Nord vuole anche sapere «a chi ascrivere le responsabilità di queste carenze della sanità pubblica romagnola, sostenendo che “è giunta l’ora di non pagare più premi di produttività di migliaia di euro a chi non solo non prevede di fornire servizi indispensabili ai cittadini di questa regione, ma addirittura prende in giro le famiglie promettendo terapie che, al contrario, devono poi pagare di tasca loro».

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