«Il Covid era l’occasione per dividere finalmente le classi numerose in doppi turni»

De Notaris insegna da oltre 40 anni: «Si sta pensando solo all’aspetto sanitario, non all’insegnamento. Così la scuola torna indietro di decenni»

Elisabetta De Notaris«Questa pandemia poteva essere un’occasione d’oro per riformare la scuola, ma gli insegnanti non sono stati interpellati e di fatto non è cambiato nulla rispetto al passato. Si è cercato solo di rispettare le regole fissate dall’Ausl, senza tenere in considerazione l’importanza dell’insegnamento e dell’apprendimento».

A parlare è una maestra di elementare con alle spalle oltre 40 anni di carriera. Elisabetta De Notaris, 63 anni, si appresta a tornare in cattedra alla Pasini di Ravenna senza paura, ma solo con un gran rammarico per quello che sarebbe potuto essere e invece non è stato. «La soluzione perfetta sarebbe stato il doppio turno, come non può che pensare chi davvero ama questo lavoro. Dividere le classi, numerose come sono, con metà bambini a scuola al mattino e metà al pomeriggio. Si sarebbe risolto il problema dei distanziamenti, così come quello del trasporto pubblico, ma soprattutto si sarebbe data occasione agli insegnanti di concentrarsi solo sul proprio lavoro, dando loro modo di attivarsi in maniera mirata per favorire un vero apprendimento. E invece tutto è rimasto come prima, con classi anche da 29 bambini, ma adeguatamente distanziati, e i soliti ritardi tra l’altro: posti per bidelle, insegnanti, professori, sostegno, ancora vacanti al 10 di settembre. Con il via libera invece a interventi di “edilizia leggera” per garantire i distanziamenti, senza nessun piano a lungo termine».

Ci sono poi da considerare le conseguenze sulle vere e proprie mansioni dell’insegnante. «Torneremo alla lezione frontale pura, tanto e giustamente criticata in ambito pedagogico in questi anni: la scuola così tornerà indietro di trent’anni. Non si potranno più fare laboratori a classi aperte, immagino, lavori a gruppi, progetti in condivisione. I bambini non potranno essere incentivati a collaborare, disegnare insieme. Per non parlare dei nostri comportamenti: io insegno nelle classi prime, per esempio, e prima di appoggiare un braccio sulle spalle di un bambino per tirarlo su di morale quando si sentirà triste, dovrò pensarci. E sappiamo bene come l’affetto, il contatto, siano aspetti fondamentali per la salute di tutti e dei più piccoli in particolare».

Nessuna paura invece del contagio, nonostante De Notaris rientri tra i cosiddetti docenti “fragili”. «Non vedo perché avrei dovuto smettere di insegnare: sto bene, non ho “patologie pregresse” e se c’è una cosa che ci ha insegnato questa pandemia è che siamo tutti “a termine”, e ciò fa parte del nostro essere umani».

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