Andrea Scanzi e le canzoni contro la guerra: «La musica può essere politica» Seguici su Telegram e resta aggiornato Il noto scrittore e giornalista al Socjale: «Il piano di riarmo non servirà, la Ue non ha capito nulla del conflitto in Ucraina» Giornalista, scrittore e ormai volto noto della televisione, Andrea Scanzi sarà venerdì 21 marzo al teatro Socjale di Piangipane, protagonista di uno spettacolo musicale dal titolo “Give Peace a Song” (info e dettagli a questo link). Lo abbiamo intervistato. Ci racconta qualcosa dello spettacolo? A quale pubblico si rivolge? «Il titolo dello spettacolo è una parafrasi, una rilettura di “Give peace a chance” di John Lennon: il gruppo che è con me sul palco suona, ripropone brani iconici contro la guerra e per la pace e io racconto la storia di come quei pezzi sono stati concepiti. Le canzoni sono 9-10 e si alternano, un’italiana e una straniera. Il pubblico è un po’ mio e un po’ loro, si compone di chi ha voglia di ascoltare buona musica e chi magari mi conosce dal giornale o dalla tv». Musica di ieri e musica di oggi: come percepisce il passaggio generazionale avvenuto in questo campo? «È cambiato tutto. Da Spotify, dall’avvento della musica “liquida”, gratuita, si è persa la sacralità del disco. Oggi la musica non rappresenta più una parte incisiva delle nostre vite ma è qualcosa di accompagnamento, verso cui manca un interesse spasmodico. Non c’è più la discografia di un tempo, il talent scouting, e abbiamo assistito a un crollo qualitativo enorme, dagli anni ‘60 fino ai ‘90 abbiamo avuto un’età dell’oro, in Italia specialmente un periodo come il 1977-82 sarà irripetibile. Oggi quelli bravi, i pochi, sembrano fenomeni, come Lucio Corsi per esempio, che è bravo, ma forse negli anni ‘70 lo sarebbe stato come altri. Il mio giudizio sulla trap è molto negativo, mentre nel rap qualcuno si salva, Marracash ad esempio». La musica è politica? Come si coniugano le due cose? «La musica non è necessariamente politica, può esserlo; la musica non cambia il mondo, non fa la rivoluzione, ma può provare a incidere sul suo tempo. Ci sono due tipi di musica, semplificando: quella che ti fa sognare, evadere, ti accompagna, Lucio Battisti ne è un perfetto esempio, un musicista eccelso; oggi potrei citare Cremonini o Carboni. E poi c’è quella invece che si schiera, quella politica, non solo il cantautorato ma anche rock o hiphop. Io credo che l’artista si debba schierare, debba avere il coraggio di raccontare le sue idee, di non essere paraculo, qui cito Gaber, De André, Guccini». Un ricordo, un aneddoto da una sua passata intervista ai grandi della musica e non? «I ricordi sono fortunatamente molti. Ricordo ogni istante delle chiacchierate con Gaber, che doveva farmi da co-relatore della tesi, ricordo l’autografo di De André al teatro Verdi e il mio compleanno di tre anni fa nella sua vecchia dimora, il libro che ho scritto con Fossati, ricordo gli abbracci e i pranzi con Guccini, gli spettacoli con Bennato. Mi sono tolto tante soddisfazioni». Lei è autore, conoscitore musicale, ma anche giornalista del Fatto quotidiano. Come percepisce oggi questo ruolo nell’epoca dei social e dell’intelligenza artificiale? «Non credo di essere la persona adatta a rispondere, io non mi sento giornalista; scrittore, autore teatrale sì, ma io penso per esempio che l’Ordine dei giornalisti vada abolito. Non ho mai avuto il mito del giornalismo, ma della scrittura. Scrivo su un giornale meraviglioso come il Fatto e ne sono orgoglioso, credo che in futuro rimarranno i nomi delle grandi penne e il giornalismo di inchiesta, ma personalmente la questione non mi tocca nel profondo». Da osservatore delle vicende politiche, come vive invece la situazione attuale, tra il poderoso piano di riarmo, le politiche di Trump e l’espansione di Putin? «Sono spaventato, sconcertato. Le forze socialiste che avvallano lo scellerato piano della Von der Leyen, l’Ue che non ha capito niente del conflitto in Ucraina dal suo inizio e che rifiuta una pace seppur difficile e raffazzonata. Il “ReArm” non servirà a nulla perché la Russia sarà sempre militarmente più forte di noi, i 27 stati rimarranno divisi e renderà i rapporti più tesi, anche con gli Usa, e impoverirà le nazioni che contrarranno quel debito». Tra le forze politiche italiane oggi come valuta il Movimento 5 Stelle che lei in qualche modo sosteneva? E il lavoro di Meloni al governo? «Io non ho mai sostenuto i 5 stelle, li ho votati due volte, il fatto che io li abbia sostenuti mi sembra una delle tante puttanate che ti attaccano addosso. Sono un uomo di sinistra, capita che ciò che penso si rispecchi a volte nei 5 Stelle, a volte in Sinistra Italiana, a volta nella Schlein, spero infatti in una coalizione tra il M5S, Verdi e Sinistra e la parte più vicina alla Schlein del Pd per il 2027. Non mi interessa il singolo partito, mi interessa che venga edificata un’alternativa. Il governo Meloni è orrendo, ci ho scritto due libri e fatto uno spettacolo che gira da due anni: è uno dei peggiori della storia della democrazia italiana, un governo di arroganti, incompetenti, che ha fatto malissimo in ogni campo, economia, welfare, politica estera, riforma della giustizia, spero sinceramente che Schlein, Conte e Fratoianni costruiscano un’alleanza per far fronte alla destra alle prossime elezioni». Total0 0 0 0 Forse può interessarti... «Basta scuole chiuse per le allerte meteo» la lettera del comitato contro la dad La scuola di musica appena riaperta dopo l'alluvione è finita ancora sott'acqua La "musica senza barriere" nelle case di riposo per anziani della Bassa Romagna Seguici su Telegram e resta aggiornato