Quelli che si tuffano dalle nuvole

Il riminese Lele Pini ha fondato l’associazione Pull Out alla Spreta
«Siamo stati anche 700 soci da tutto il mondo. Poi un po’ di crisi…»

Finora si è buttato nel vuoto dal portellone di un aereo a quattro chilometri di altezza per circa 15mila volte: «Il primo lancio nel 1981 e dopo tanto tempo c’è ancora gusto a farlo». Il 57enne riminese Emanuele Pini, per tutti semplicemente Lele, è un mostro sacro del paracadutismo sportivo: 28 anni fa ha fondato lui l’associazione Skydive Pull Out all’aeroporto di Ravenna che è arrivata fino a circa settecento soci da tutto il mondo all’inizio degli anni Duemila. «Ho fatto il militare nei paracadutisti a Pisa e poi ho continuato anche dopo. Facevo base per i miei lanci da altre parti e poi ho deciso di aprire a Ravenna con altri 40-50 soci potendo sfruttare una zona perfetta per i lanci, vicina alla costa. Nel periodo di massima affluenza avevamo due aerei da 23 persone l’uno». Poi un po’ la crisi e un po’ l’aumento delle procedure burocratiche hanno fiaccato il movimento ovunque. Oggi i soci con una buona frequenza di lanci, circa duecento all’anno, sono 150, età media 30-45.

Il percorso per conquistare il brevetto è piuttosto breve. Si parte da una visita medica e da una copertura assicurativa per danni verso terzi. Poi il corso teorico da 4-6 ore e una volta superato si passa alla pratica: sette diversi livelli di competenza da raggiungere facendo almeno sette salti, i primi tre accompagnato da due istruttori e gli altri con un solo istruttore. «In due o tre giorni, a seconda del meteo e della risposta fisica dell’allievo, si possono anche fare tutti. Ma l’istruttore dà il via al lancio in autonomia solo quando ha riscontrato una capacità sufficiente. Quindi non è detto che questo avvenga in sette lanci».

Il corso costa circa 1.500 euro. L’attrezzatura, quasi tutta proveniente dagli Stati Uniti, va da 1.500 a 6mila euro (per chi non voglia noleggiarla alla scuola) e ogni lancio 26 euro. Quello in tandem, con cui di solito tutti cominciano per prendere confidenza, invece 170: «Ultimamente è diventato un po’ di moda. A Ravenna facciamo circa 2-3mila lanci in tandem ogni anno. Abbiamo avuto anche un 87enne con due pacemaker autorizzato dal cardiologo. L’immagine di sport estremo non è così vera».

Di lanciarsi non è mai stanco Lele. Ma lo è di fare il gestore: «Ravenna non ti aiuta molto. Solo quest’anno stiamo organizzando qualcosa con il Comune. E basta pensare che il 99 percento dei nostri appassionati viene da fuori città. Non so spiegarmi il motivo ma mi sembra un po’ strano».

Tra i soci e istruttori della Pull Out c’è anche il 39enne ravennate Mattia Fenati (nella foto in alto con tuta gialla e qui accanto sull’acqua) che a giugno giocherà in casa per i campionati nazionali di canopy piloting, disciplina specialistica del paracadutismo in cui ci si lancia per arrivare a sfiorare il suolo a 120 km orari e poi atterrare su uno specchio d’acqua alzando un’onda nel passaggio tra le boe: Fenati è ai vertici italiani (quarto posto all’ultimo campionato). A giugno per la terza volta consecutiva la kermesse si terrà alla Spreta sul pond più grande d’Italia, una vasca d’acqua che ha richiesto un investimento da 30mila euro diventando attrazione per stage e allenamenti dall’estero: «Ho iniziato piuttosto tardi – dice Mattia –. Dopo un classico lancio in tandem fatto per curiosità mi sono appassionato e dal 2009 mi lancio. Nel 2012 la prima gara. Finora ho accumulato 2.500 salti». Ci vuole coraggio ma non solo: «Se sei un professionista con corsi in Italia e all’estero sai che devi fare le cose con attenzione». Adesso Fenati è anche istruttore di volo e cineoperatore per chi vuole un ricordo video del suo primo lancio in tandem. Negli anni le richieste strane non sono mancate: «C’è stato più di uno che ha chiesto di lanciarsi insieme al cane. Ma ovviamente non è il caso, per l’animale».

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