Quando il welfare aziendale entra in famiglia: dalla cura dei figli all’assistenza per i genitori anziani dei lavoratori

Non solo le grandi realtà possono offrire vantaggi e sostegno ai propri dipendenti, ci sono soluzioni anche per le piccole aziende all’insegna dell’equità

Studio MartiniE dopo il tempo, la famiglia. Il welfare aziendale, che stiamo conoscendo meglio grazie allo studio di consulenza Martini Luca di Cervia, abbiamo già visto che può riguardare gli orari di lavoro, la flessibilità, e ora scopriamo che può anche entrare nella vita quotidiana delle famiglie risolvendo problemi, facilitando relazioni, mettendo il lavoratore in condizione di dare il meglio all’azienda che lo tratta come una risorsa da premiare. Qualsiasi sia la dimensione dell’azienda, qualsiasi sia la necessità del dipendente. Insomma, oltre all’asilo aziendale di cui possono beneficiare i lavoratori e le lavoratrici di alcune grandi aziende, c’è di più, molto di più.

Per quanto riguarda i figli le misure vanno dal pagamento diretto da parte dell’azienda dell’asilo nido scelto dal dipendente, alla possibilità di rivolgersi a servizi di baby-sitter, a borse di studio per i ragazzi più grandicelli e meritevoli, al rimborso per testi scolastici, sport, viaggi all’estero tramite un rimborso direttamente in busta paga. E in una società che in realtà sta invecchiando, il welfare aziendale si può occupare anche dei genitori anziani e non autosufficienti, andando direttamente in aiuto del lavoratore fino al punto di garantirgli un supporto psicologico per prevenire l’alto rischio di burnout.

Studio Martini 1Insomma, l’azienda che accompagna il lavoratore dalla culla dei figli alla vecchiaia dei genitori? «Lo Stato incentiva e premia queste forme di welfare dal punto di vista fiscale – spiega Luca Martini, titolare dell’omonimo studio – proprio perché siamo tutti consapevoli che il welfare pubblico non è sufficiente, non ha abbastanza risorse per soddisfare i bisogni delle famiglie. E così l’azienda si assume una vera e propria responsabilità sociale ad ampio raggio. E la cosa più interessante, è che queste misure possono essere adottate da aziende che abbiano anche solo un dipendente». Si tratta infatti di provvedimenti che hanno dunque anche il merito di permettere un trattamento equo di tutti i lavoratori, che siano di piccole o grandi aziende, a differenza di ciò che accade di solito. Un elemento che serve anche a fidelizzare i dipendenti e scoraggiare la tendenza di alcuni lavoratori a scegliere, quando possono, realtà di lavoro più strutturate proprio per godere di maggiori benefit.

Misure che promuovono l’uguaglianza quindi, e anche la parità tra i sessi. L’azienda può infatti decidere di estendere anche il congedo di paternità oltre i 7 giorni ormai obbligatori per legge.

Le risorse impegnate in tutte queste misure di welfare familiare sono defiscalizzate e non rappresentano un reddito per il dipendente, quindi il vantaggio economico riguarda entrambe le parti, così come quello immateriale. «Un lavoratore o una lavoratrice che sa di poter usufruire di servizi che accompagnano i propri familiari avrà bisogno di meno permessi, avrà meno motivi di stress, potrà dedicarsi al lavoro con maggiore concentrazione e rendimento per tutti. E considererà inevitabilmente l’azienda come parte della propria famiglia».

 

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