Dischi (e libri) da isola deserta – di Adriano Zanni

di Adriano Zanni *

Una volta per operazioni di questo tipo si tiravano in ballo isole deserte e ci si scervellava a compilare liste e classifiche delle quali non si era mai soddisfatti. Restavano inevitabilmente fuori milioni di dischi che avresti voluto inserire ma che per motivi di spazio non potevano essere della partita. Se te ne vengono chiesti 10, sei certo che avresti dovuto avere la possibilità di sceglierne almeno 20. Se sei alle prese con una top 20 ti sembrerà inconcepibile doverne escludere un’altra trentina almeno e così via. Piace illudersi che la giusta dimensione sarebbe quella, comoda comoda, dei 100 dischi della vita, anche se poi ci si roderebbe il fegato per l’esclusione del 101esimo. Questa volta pero e’ diverso, questa cosa si chiama “Consigli d’autore” ed immagino che sia una cosa diversa dai “dischi da portarsi su un’isola deserta”, sarà più’ semplice. No, non è vero, probabilmente perché non so quale fra le due parole “consigli” ed “autore” mi intimorisca maggiormente, e perché messa giù così e pensandomi autore che dà consigli sento il panico da playlist addirittura aumentare. Quindi, ok, ragiono alla vecchia maniera, me ne frego, penso all’isola deserta e mi scelgo un po’ di cose da portarmi dietro, cose utili, non il meglio del meglio, non le cose più importanti della storia, solo cose utili a passarsela un po’ meglio. Come scegliere i pezzi da caricare sul telefono prima di un viaggio. Che poi tanto, a destinazione, la voglia di ascoltare qualcosa che non ti sei portato prenderà il sopravvento su tutto, amen e via di rimpianti.
The Velvet Underground & Nico (1967 Verve Records)

Il disco della banana. C’è tutto in quel disco come forse mai più è successo nella storia del rock. Furia e dolcezza, eroina e poesia, arte e psichedelia, visioni e rock’n’roll. Poi, basterebbe anche solo “All tomorrow’s parties” per essere in pace con se stessi ed il mondo intero.
Jesus & Mary Chain – Psychocandy (1985 Reprise Records)

Non date retta ai vecchi rincoglioniti che quando parlano di grandi truffe del rock’n’roll tirano in ballo sesso e pistole, questa e’ l’unica vera e grande truffa del rock and roll. O forse sarebbe meglio dire che è la piu’ grande tentata truffa. Volevano farci credere che fosse rumore nascondendoci dentro pacchianamente melodia allo stato puro, come nemmeno quell’idiota di Brian Wilson in trip da Scientology avrebbe saputo fare. le melodie pop per definizione, il pop inglese. Non ci siamo cascati.
Ramones – It’s alive ( 2LP 1979 Sire Records)

Poche storie e poche chiacchiere, il rock’n’roll dell’era moderna. Una scelta ruffiana e comoda, un disco doppio, un milione di canzonette separate alla velocità della luce da quattro ragazzetti in jeans e giacche di cuoio ed intervallate dai piu’ leggendari di sempre “one two three four”. Gabba Gabba Hey.
Hüsker Dü – Warehouse: Songs and Stories (2LP 1987 Warner Bros)

Quelli fighi e colti vi consiglieranno tutta la vita Zen Arcade o magari qualcuno dei successivi usciti per SST, ma io mi porto sull’isola deserta il disco d’addio uscito per la major sporca e cattiva. Come a dire, siamo rimasti fremi a quel punto, non ci muoviamo da qui. Non abbiamo ancora avuto la forza di riprenderci. E lunga vita a Greg Norton.
Cormack McCarty – The Road  (2006 Einaudi)

Un immensa e commuovente storia di amore e speranza, grande letteratura americana camuffata da romanzo di genere. Ce la caveremo? Sì, ce la caveremo e non succederà nulla di male perché noi portiamo il fuoco. Ah cavolo, è un libro, vabbè, il fuoco, al massimo potrete usarlo per accendere un fuoco.
Sonic Youth – Daydream Nation (1988 Enigma Records)

Che diavolo volete mai che si possa dire per descrivere un disco come questo… In questo caso l’essere inserito in una lista da isola deserta oppure in quella dei dischi più importanti di sempre, può coincidere senza problemi.
Kraftwerk – Computer World (1981 – Warner Bros Records)

Ma davvero è del 1981? Il disco dei Kraftwerk forse meno idolatrato da ogni intellighenzia, ma chi se ne frega, mi mette allegria con quelle ridicole voci sintetiche che recitano numeri e parole. E poi si balla, con quel disco si balla, e da soli, su un’isola deserta, ballare aiuta.
The Wedding Present – George Best (1987 Reception Records)

Sfigato, sfortunato e sottovalutato (come nelle migliori tradizioni) pop anfetaminico inglese. Velocità d’esecuzione chitarristica e drumming potente, canzonette d’amore e storie banali di tutti giorni. Non so resistere ai Wedding Present, da sempre, è più forte di me. E siccome sull’isola mi mancherà pure il calcio, la foto di George Best in copertina innescherà ricordi di epiche sfide e gloriosi mercoledì di coppa.
Johnny Cash – Ring of fire, the legend of Johnny Cash (2005 Islan Records)

Una delle mille raccolte di Cash. Non potrei immaginare di vivere isolato dal mondo e non poter ascoltare di tanto in tanto l’uomo in nero. A Dylan posso rinunciare, a Cash no. E allora niente robe strane e classici minori, tutti i suoi fottuti e leggendari cavalli di battaglia senza fronzoli.
Tim Buckley – Starsailor (1970 Straight Records)

Un disco bellissimo, di un autore immenso, la sua opera piu’ compiuta e irripetibile. Capace di commuovere e lasciare senza fiato. Jazz, folk, blues, psichedelia e la voce di Dio. Senza tempo. Suonate “Song to Siren“ all’alba sulla spiaggia dell’isola e attendete che le sirene arrivino. Perché arriveranno, statene certi.
The Clash – London Calling (2LP 1979 Epic Records)

Potevo anche esagerare e scegliere Sandinista che è triplo, ma London Calling è gia completo così ed è un disco epocale. Con questo ti porti dietro tutto quanto può servire in lungo periodo di isolamento, rock, punk reggae, rockabilly, funk. Muhammed Ali e Le Supremes.
Judith Schalansky – L’atlante delle Isole remote (2014 Bompiani)

Un piccolo capolavoro di inventiva e grafica, un girellino del quale ti innamori a prima vista, come una cotta al liceo. Tuttalpiu vi servirà a rendervi conto che tutto sommato potevate finire i vostri giorni in un isola ben peggiore di quella in cui siete finiti. Ah, è un altro libro, vabbè amen.

 

* Sound artist, field recordist, fotografo e videomaker, il 51enne ravennate Adriano Zanni con lo pseudonimo Punck ha pubblicato a inzio anni 2000 alcuni album di musica sperimentale che hanno attirato l’attezione anche della prestigiosa rivista inglese The Wire, finendo in una delle sue celebri compilation, “Tapper”.

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