La musica senza cui non riuscirei a vivere – a cura di Moder

Moder

Lanfranco “Moder” Vicari

La musica senza cui non riuscirei a vivere. Questa piccola collezione di dischi e pezzi ha modificato la mia percezione del mondo: per questi “consigli d’autore” non seguirò infatti un criterio di genere o temporale, lascerò solo l’essenziale, ciò che non riesco a non riascoltare e che in qualche modo mi ha infettato.

Ecco sei album.

Neffa – 107 elementi (1998) Neffa è un talento così cristallino e poliedrico su cui nulla si può dire, va solo ascoltato. Questo disco racchiude un segreto mai scoperto da nessuno nella scena italiana: gusto, tecnica, stile, musicalità, innovazione combattono tra di loro al suo interno e per fortuna nessuno ne esce vincitore.

Fabri Fibra – Turbe giovanili (2002) Il genietto di Senigallia viene chiamato da Neffa in persona per un passaggio di testimone incredibile. Fibra non maschera, non si traveste, racconta la provincia fatta di storie semplici, tremende. Racconta la noia, il torpore dove però la brace si arroventa, brace che porterà all’incendio di mister simpatia e alla rinascita del rap italiano. In turbe la violenza sottesa e mai espressa e i vuoti si impastano su un affresco di province imputridite. Prima delle canzoni da spiaggia deturpata di Vasco Brondi, la provincia ha il suo eroe perdente.

Talib Kweli e Dj Hi Tek – Train of thought (2000) Se un alieno mi chiedesse cos’è il rap non avrei dubbi, gli farei ascoltare questo disco. Perfetto dal mio punto di vista, Kweli sviscera il suo flow assassino e racconta ciò che vede in un equilibrio perfetto di tecnica e poesia. Lo hanno definito un disco “conscio” ma è molto di più: un’opera d’arte multiforme costruita con tenacia e freschezza da due ragazzini così forti da non sembrare umani. In molti scordano questo capolavoro assoluto e imprescindibile del rap.

Francesco De Gregori – Rimmel (1975) Le parole e la musica insieme possono uccidere la realtà e trapassare il tempo. Le metriche affilate, quel modo di cantare, le musiche mai banali: LE CANZONI.

Oasis – (What’s the Story) Morning Glory? (1995) L’odore della strada, il Rancore e le melodie: ogni colpo è a segno.

Marracash e Gué Pequeno – Santeria (2016) Il rap in tutte le sue forme, dalla poesia al puro cazzeggio, due dei rapper più forti di sempre mettono insieme una pietra miliare, un Bignami di come si fa. E gli altri muti.

Ed ecco invece ora sei pezzi.

J. Cole – “Middle child” (2019)

Questo pezzo è semplicemente perfetto. J. Cole sta a metà tra Jay-z e la trap e non ha paura di riscrivere le regole del gioco. Osa, sceglie, non segue nessuno, corre spedito, forte di una creatività che non si impara. E se la gente continua a vedere solo Lamar non è un problema; Cole migliora rima dopo rima.

Samuele Bersani – “Giudizi universali” (1997)

Qui serve poco: basta chiudere gli occhi e si vola.

Rino Gaetano – “Mio fratello è figlio unico” (1976)
A 5 anni ascoltai questo pezzo sul sedile posteriore della macchina di mio padre e piansi perché lì dentro c’era la vita e quando si palesa anche un bambino riesce a riconoscerla.

Leonard Cohen – “Hallelujah” (1984)
Questo pezzo non si può spiegare. È una magia.

Tom Waits – “The Heart of Saturday Night “(1974)
Quando la vetta e il baratro coincidono.

Flavio Giurato – “Digos” (2017)
Uno storytelling laterale e confuso, un turbine di immagini, un pugno in pancia a tradimento.

* Moder è il nome d’arte del rapper ravennate, classe 1983, Lanfranco Vicari. Impegnato in una carriera solista che lo ha visto pubblicare nel 2016, dopo una serie di Ep, il suo album d’esordio “8 dicembre”, è stato tra i fondatori del collettivo Il Lato Oscuro della Costa ed è il direttore artistico del Cisim di Lido Adriano

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