Sei dischi tra emo, femmine, guitar hero e Mark Kozelek – di Urali

di Urali *

Mi accorgo ogni anno che passa di non riuscire ad avere un criterio nell’ascoltare musica. Con criterio intendo che non riesco a stare aggiornatissimo con le ultime uscite, per ragioni di tempo e – mea culpa – di pigrizia. Diciamo pure che aspetto che i dischi mi caschino addosso.
Posso passare mesi interi senza ascoltare nulla di nuovo, ma ci sono anche periodi in cui ascolto una band nuova al giorno. Il problema è che se non sto male, se lo stomaco non mi va in subbuglio e non mi si sgretola il cervello quando ascolto musica ho lo skip molto facile. Perché qualcosa mi piaccia deve esserci una condizione psico-fisica funzionale e la testa dev’essere in un momento di fertilità e di malleabilità estrema.
Per concludere ho scelto sei dischi che nell’ultimo anno solare mi hanno accompagnato e che come detto sopra mi sono anche un po’ caduti in testa.
The Softies – Holiday in Rhode Island (K Records, 2000)

Al momento sono la band che ascolto di più. Se la genialità si trova nelle cose semplici “le sofficine”, come le chiamo io, ne sono un esempio perfetto. Per quanto mi riguarda hanno messo in musica il momento in cui ti stendi sul letto con la serranda abbassata in un primo pomeriggio d’estate, la luce passa dalle fessure e immagini di fare un giro in bicicletta con la persona a cui vuoi bene.  In un mondo giusto sarebbero la colonna sonora estiva di ogni (post) adolescente. Mi sono un po’ lasciato andare ma vi assicuro che rende bene l’idea.
Dear Nora – Three States 1997-2007 (Magic Marker Records, 2008)

Su Katy Davidson ci sarebbero da dire così tante cose… Anzi, vorrei dirle così tante cose che non mi viene niente da scrivere qui. Ho provato anche a contattarla ma non mi ha risposto. Ascoltandola si può capire quanto può essere potente, struggente, totalizzante una musicista con una chitarra scordata in una stanza. Questo disco è una raccolta di demo, bozze, pre mix, è un flusso di coscienza a nervi scoperti. Eccitante e annichilente allo stesso tempo. Per citare l’amico che me l’ha fatta conoscere “Katy mi ha salvato la vita”.
Debris Hill – Sidekick (DiNotte Records, 2015)

Debris Hill è una band di Verona e nessuno in Italia suona come loro. Potrei anche scrivere dei riferimenti emo-post rock assortiti ma sarebbero riduttivi. Potrebbero anche essere LA band emo italiana per eccellenza se ci fosse un po’ più di attenzione a certe uscite. Ma a me non interessa perché questo disco è una perla. Eserciti di ragazzin* dovrebbero voler imbracciare una chitarra ascoltando gli arpeggi di queste canzoni e impazzire cercando di tirare giù l’accordatura. Trovo sia un peccato che “il grande pubblico” italiano preferisca certi testi che sono dei tweet musicati con sotto dei synth brutti a un’esplosione di emozioni vere e tangibili e sincere come i pezzi di questo disco. .
Jesu / Sun Kil Moon – Jesu / Sun Kil Moon (Caldoverde, 2016)

Per quanto sia incostante umanamente come song-writer Kozelek rimane imbattuto. Di recente si fatica a stargli dietro: un disco ogni 4-6 mesi per me è troppo, anche con la fruizione lampo che vige in questa epoca. In ogni caso in questa forma canzone tipo “caro diario” ci sguazza (addirittura in un paio di testi cita persone di mia conoscenza!). Ma sto parlando troppo di Kozelek; c’è Jesu che è uno dei miei guitar-hero. Il mix di questi due ego pazzi ha contribuito a creare un disco che ha un’atmosfera tutta sua e che una volta capito non ci vuoi uscire più.
Hop Along – Painted Shut (Saddle Creek, 2015)

Pare che finalmente le persone si stiano accorgendo che le femmine sanno suonare e scrivere canzoni. È ovvio dire che è sempre stato così, bastava aprire le orecchie e non pensare “ragazza uguale bassista che fa solo le toniche” o urlare NUDAAA, ai concerti.
Siamo tutt* ugual* e allo stesso tempo unici davanti a un Vox AC30 e a una Gibson coi P90 (i pick up che fanno il suono ciccione). Frances Quinlan, oltre ad avere il nome più gagliardo del mondo, è una delle voci più belle degli ultimi, bho, 15 anni? Le canzoni semplicemente ti esplodono in faccia e questo disco non ha un punto debole.
Texas Is The Reason – Do You Know You Are? (Revelation Records, 1996)

Una delle mie ossessioni è l’omicidio di JFK. Un’altra è l’emo americano anni ’90. In questo disco ci sono entrambe le cose. Sarà ormai un classico ma è così fresco che ogni volta che lo ascolto ci trovo qualcosa di nuovo. In più è tipo zucchero sotto la lingua, una sveglia fortissima, molte emozioni ma anche tanta carica. Sono quasi contento che non abbiano più fatto dischi soprattutto dopo il reunion tour, non accetterei di dovermi fare un’idea diversa di loro.

* Urali è Ivan Tonelli, classe 1981, nato e cresciuto a Rimini. Suona nei Cosmetic e ha un’etichetta che si chiama Stop Records. Con il suo progetto Urali – dove unisce, citando la cartella stampa, «rumore» e «melodia» – ha pubblicato due dischi, l’ultimo è uscito in gennaio e si intitola “Persona”.

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