Il valore dei ricordi tra storia e memoria

«Si vive anche senza ricordi/costa solo un po’ più caro»
Luigi Maieron

Quanti di voi si ricordano bene dei quattro nonni? O, peggio ancora, degli otto bis-nonni? Dove sono nati? Quando? Come si chiamavano? Cosa facevano? Un paio di aneddoti? Eppure abbiamo la consapevolezza che non siamo stati catapultati in questo mondo e all’improvviso e chissà da dove.

Sentiamo in qualche modo una appartenenza e magari una visita ad un museo etnografico o ad un mercatino delle antichità, ci muove dentro qualcosa. La vista di strumenti di lavoro, fotografie ingiallite o oggetti quotidiani stimola il ricordo, ci strappa un sorriso e magari, se del caso, ci prestiamo con un figlio o un nipote a soddisfare una sua (lo auspichiamo) curiosità. I ricordi sono un fatto, forse, troppo personale perché diventino collettivi: quella è la storia. Ed è proprio il caso di dire: è tutta un’altra storia. Oggi siamo impegnati, tutti, in politiche di recupero. Per ottenere una “denominazione di origine controllata”. bisogna esibire fior di certificati, per provare che quel prodotto è davvero tipico di una zona e da tempo immemorabile. Tutto questo in uno splendido spirito competitivo, per dimostrare quanto si è bravi. È sufficiente? Non credo! E allora due piccole riflessioni. Se i ricordi ce li siamo dimenticati è un bel guaio e porvi rimedio non è facile. Se invece ci sentiamo di appartenere alla storia, il guaio rischia di essere ancora più grave. Il noto ceramista internazionale faentino Mauro Andrea ha dichiarato: “Mai più ceramica, uccide”. Che sia inquinante lo sapevamo, detto da lui ha ben altro valore. Grazie Mauro Andrea e sono sicuro che i ricordi non le mancano.

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