Una storia estrema tra realtà e finzione, nel libro di Giannubilo su Gian Ruggero Manzoni da Lugo

Giannubilo Risolutoredi Federica Angelini

Se spesso gli autori raccontano di come sia stato o sia per loro terapeutico scrivere un libro, in questo Il risolutore (Rizzoli) Pier Paolo Giannubilo ce lo spiega più o meno da subito. La malattia e la morte della madre, un equilibrio precario, lo spettro della depressione che aleggia. Ecco che trova lo slancio per tentare di conoscere meglio un personaggio incontrato qualche tempo prima nella sua Campobasso e che lo incuriosisce anche per ciò che pubblica su Facebook: Gian Ruggero Manzoni. Ed eccolo poco dopo arrivare a San Lorenzo di Lugo, a casa del cosiddetto “Conte”, discendente di quel Manzoni, figlio della fascista Elvira e dell’ex partigiano Giovanni, artista eclettico egli stesso, personaggio molto noto a queste latitudini.

In tre giorni di intervista video, Manzoni gli racconta la storia della sua vita. O così dice Giannubilo a noi. Accanto a quella di artista e poeta mai entrato nell’olimpo dei grandi, come quelli che dice essere stati i suoi amici di gioventù al Dams di Bologna (ossia Andrea Pazienza e Vittorio Tondelli), Manzoni infatti per oltre vent’anni sarebbe stato a disposizione dei servizi segreti per missioni alla James Bond. Risolutore, appunto. Vero?

Mah, sembra tutto almeno davvero improbabile. Certo, appare soprattutto incredibilmente vero il resto, che rappresenta in realtà forse la parte più lunga e consistente, per quanto non centrale del libro. Gli attacchi di panico e il morbo di Crohn, la misoginia, l’obesità infantile, le domenica dalla zia, le fragilità e le debolezze di quest’uomo che conduce una vita estrema (e credibilmente estrema) anche senza la faccenda dei servizi segreti che lo vedono coinvolto in esecuzioni sommarie e altre amenità.
È un libro scritto senza remore e veli, che affonda volentieri nelle peggiori nefandezze, che non risparmia dettagli scatologici; umiliazioni subite, sofferenza della carne e dell’anima sono rese con vivida efficacia.
E quello che emerge del Risolutore (e anche del suo biografo che è protagonista all’inizio e alla fine del libro) è che si tratta di un uomo sofferente, che ha vissuto una vita spinto da compulsioni di cui non aveva il pieno controllo, una vittima, un caso patologico, insomma, più che altro, dove tutto è riconducibile alla sua infanzia. Una vita che senza la parte dei servizi segreti non avrebbe forse mai ricevuto un tomo da 486 pagine, perché in fondo, almeno in parte, è e resta la biografia di una persona viva e vivente e che pur essendo definito “il risolutore” appare innanzitutto quanto mai irrisolta.

Il libro era entrato nella dozzina dello Strega, ma lì, al dodicesimo posto è rimasto, escluso quindi dalla cinquina. A questo proposito, lo stezzo Manzoni ha scritto su Facebook: «In Italia i libri non “politicamente corretti” non pagano, la “scomodità” non paga (idem i personaggi scomodi o troppo fuori dagli schemi borghesi o nazionalpopolari) e le uniche “tensioni” esistenziali, politiche e sociali digerite dai lettori e dalla Società Letteraria sono quelle storicamente legate a un lontano passato (quindi non figlie del presente) o che ruotano attorno agli ombelichi degli autori e dei personaggi che gli stessi propongono su carta… Autori e personaggi che, per il 99,9 percento, non hanno alcuna vita (vera) alle spalle, da poter narrare, e che, probabilmente, neppure conoscono chi una vita l’abbia avuta o ce l’abbia (in sintesi: che ben poco hanno da raccontare e, quando raccontano, tutto, comunque, deve funzionare “educatamente” in un mondo completamente “diseducato” e pieno di killer spietati in guanti bianchi … non con la fuliggine in volto e le mani ancora sporche di sangue come il sottoscritto)». Ecco, per avere un assaggio del personaggio fuori dalla pagina del libro. In fondo, non capita spesso.

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