Il Caino di Camilleri, dotto esercizio di stile

Camilleri CainoIn punta di piedi; oppure, con la stessa attenzione con cui ci si muove in una cristalleria. Questa prima scheda di lettura del 2020 è dedicata infatti ad Andrea Camilleri e, di fronte al maestro, occorre un po’ di reverenza in più.

Autodifesa di Caino non è, però, il Camilleri conosciuto in tutto il mondo (secondo Wikipedia è stato tradotto almeno in 120 lingue). Richiama Conversazione su Tiresia e, come quello, doveva andare in scena alle Terme di Caracalla. Un monologo teatrale che, vissuto dal vivo, con il nuovo erede di Omero a rileggere le parti meno note della storia di Caino, avrebbe di certo affascinato e commosso.

La lettura del piccolo libro, invece, non riesce a trasmettere quelle sensazioni; e neppure fornisce punti di vista nuovi sul “primo assassino della storia”. Camilleri sta dalla sua parte. Il primogenito del mondo, molto in sintesi, ha ucciso per autodifesa. Abele era più robusto e più coccolato dai genitori e dallo stesso Creatore, che infatti guarda con attenzione l’offerta degli agnelli e non quella dei frutti della terra. Senza una ragione. Così dal litigio si passa all’assassinio.

Gli esegeti biblici, riguardo alla descrizione che si incontra nella Genesi, dicono che «Caino non è predestinato al male o all’insuccesso» (La Bibbia Concordata, Mondadori, 1968; pag. 28). Camilleri lo sa molto bene, tanto che recupera la storia di Caino fondatore di città e “inventore” della musica, spesso dimenticata. Poi, a consolidare l’autodifesa, cita Dario Fo e altri interpreti del primo omicidio del genere umano. C’è un piccolo richiamo a Saramago, mescolato ad altri autori che «hanno sostenuto che io fui, piuttosto che un assassino, una vittima delle circostanze».

Peccato che l’inventore di Montalbano citi solo il nome del premio Nobel portoghese, non la sostanza del romanzo, l’ultimo scritto, Caino appunto. Un testo che ha la potenza di un’invettiva laica (più che atea, come qualcuno ha detto): uomo come gli altri, Caino è destinato a vivere attraversando il mondo e la storia accompagnato dalla disperazione; ma alla fine riesce in qualche modo a pareggiare i conti.
Non è così per il Caino di Camilleri che, prima di accomiatarsi, chiede ancora il giudizio del pubblico, lasciando tutto sospeso, senza recriminazioni: «Non sempre dal bene nasce altro bene e non sempre il male genera altro male». Niente di nuovo, come si capisce: senza esagerare con i riferimenti (e ce ne sono decine), siamo di fronte a un’ovvietà. Dice Jessica Rabbit, infatti: «Io non sono cattiva, è che mi disegnano così»…

Autodifesa di Caino è, quindi, un dottissimo esercizio di stile; niente di più. Meglio rileggere il commissario di Vigata.

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