Oltre il medical thriller: La croce sulle labbra

La paura ha tanti inneschi: il buio, gli insetti, gli esseri che strisciano nel buio, il vuoto. In realtà, per molte società, si tratta sempre di sottocategorie dell’unica, vera generatrice di terrore: la morte. Con la declinazione del dolore, dello strazio, della lunga sofferenza. E morte e devastazione – il quarto cavaliere dell’apocalisse, per capirci – fanno irruzione fin dalle prime pagine di La croce sulle labbra, l’ottimo romanzo di Danilo Arona ed Edoardo Rosati, rilanciato (dopo una significativa revisione: era uscito nel numero 1540 di “Segretissimo”, 2008) dalle Edizioni Anordest, nella collana “Criminal Brain”. La vicenda parte a Guana, paradiso delle Antille, dove vive quasi esiliato un infettivologo con una vicenda personale segnata dal suicidio della madre e con un fratello monaco a Milano. In una sola notte in quell’angolo di meraviglia del Caribe, qualcosa stermina la popolazione e centinaia di nativi partono in fretta diretti verso occidente. Mesi dopo a Milano inizia a dilagare un morbo letale, che provoca esplosioni di violenza inaudita e una serie di omicidi che rischiano di annichilire tutto e tutti. Un morbo diffuso “ad arte”, nel nome di un dio terribile, Exu. Al medico che arriva dall’altro lato dell’Oceano si uniscono due italiani (un uomo e una donna) e insieme lottano per arrestare la furia del Quarto Cavaliere. Una premessa: questo non è “solo” un medical thriller come ha annunciato la campagna di promozione. È un romanzo che unisce un’attenta e precisa analisi della realtà (Rosati è giornalista esperto di medicina) alle migliori atmosfere thriller degli ultimi anni; con variazioni in horror di grande efficacia. E qui c’è la zampata di un maestro come Danilo Arona, che conduce il lettore in un vortice assolutamente adrenalinico. Un solo riferimento: l’importanza delle pareti, esterne e interne, di case e palazzi (“Quando le città hanno il cancro, i muri parlano”): la paura che trasudano, letteralmente, è sorella strettissima di quella che prova il Perdinka ancora adolescente in L’estate di Montebuio, altro romanzo imperdibile di Arona, sempre di fronte a mattoni che si trasformano in altro. C’è di più: il romanzo parla di razzismo, immigrazione e tratta di clandestini, deformazione della vita in una metropoli, con efficacia e precisione. Senza dimenticare la qualità della scrittura  o il rispetto della credibilità del plot. E, come nei film Marvel, il romanzo va letto fino in fondo con la stessa emozione e il medesimo trasporto. Le sorprese non finiscono mai. Forse neppure il morbo…

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