Al Bar Senio di Cotignola uno spaccato controverso di comunità, tra beccacino e green pass Seguici su Telegram e resta aggiornato Io le analisi sociologiche le faccio al Bar Senio di Cotignola. Scherzo, ma fino ad un certo punto. Il Bar Senio è il bar del paese. Un ritrovo costante, dove, subito dopo pranzo, i “soliti” si ritrovano a giocare a Beccacino. Io però non sono sufficientemente capace a giocarlo. Sono scarso, quindi non mi vuole nessuno. Ne come avversario, tantomeno come compagno di partita. Non me ne cruccio. Guardo volentieri. Guardo ma soprattutto ascolto. Ascolto le liti per una carta sbagliata, gli insulti in dialetto. Contrasti intensi ma brevi. Finita la partita, finiscono anche le animosità. Delle volte. Sono tutti di nuovo amici come all’inizio, sempre delle volte. Nelle pause si conversa, gli argomenti tendenzialmente riguardano l’attualità. Gli avventori dei bar di campagna sono sempre sul pezzo. In questi giorni ovviamente il tema è il green pass, richiesto anche nei luoghi di lavoro da alcuni giorni. Tutti sono tendenzialmente d’accordo con le norme anti Covid. Con fiducia si sono tutti vaccinati. Tutti a parte qualche eccezione. Nel tentativo di convincere uno di loro, per altro un amico, a vaccinarsi, mi sono reso conto di come la contrarietà origini da una sfiducia antica. Faccio una premessa: innanzitutto curarsi, anche in modo preventivo, come accade con i vaccini, significa accettare di essere malati, o meglio, di ritrovarsi nella potenzialità di contrarre una malattia. Significa riconoscere di essere in pericolo, e quindi di vivere la frustrazione nel compiere azioni cha vanno a restringere la propria libertà a fronte di una tutela, c’è una forma di dipendenza nei confronti della cura. Tutte cose che comportano una ferita narcisistica. Inoltre a questa scenario va affiancato quello della paura. E se la paura diventa troppa il meccanismo di difesa è il “diniego”, che consiste nel negare l’esistenza di ciò che esiste e per giunta si conosce. Il classico “no, non può essere vero!”, pronunciato di fronte ad una malattia inaspettata, o ad un fatto clamoroso. Chiusa la premessa. Torniamo al mio amico del bar, alle sue parole. Gli evidenziavo che, se oggi siamo in una condizione di graduale ripresa nella vita sociale e lavorativa, lo siamo grazie al vaccino ed al green pass. Che, se anche lui, ha ripreso a lavorare, è stato con il contributo del vaccino che tanto osteggia. “I miei interessi non li ha mai fatti nessuno”. Mi replica. E aggiunge: “C’è della cattiveria dietro”. Sostanzialmente esclude che il vaccino sia uno strumento messo a disposizione per tutti con un sincero fin di bene. Utile a fare riprendere l’economia, a riaprire le attività ma ancora prima, per salvaguardarci dalla sofferenza, dall’asfissia, per non morire senz’aria. Utile e proposto nel vantaggio di tutti, lui compreso. Piuttosto che immaginare intenti benevoli e generosi, preferisce vederci un complotto dietro. Sono maggiori i vissuti ed i pensieri persecutori rispetto a quelli di fiducia nel prossimo. Infatti, è rimasto perplesso, in silenzio per qualche istante, quando gli ho detto esplicitamente che insistevo tanto perché si fosse andato finalmente a vaccinare, sì per ragioni legate al benessere collettivo, ma pure perché mi sarebbe dispiaciuto qualora se si fosse ammalato, o peggio ancora. Quando si vive la sfiducia nel prossimo ci si arrocca su sé stessi, e ci spinge con chi la vede in modo simile. Da lì è rapido il passo per fantasticare gli scenari più bizzarri. Questa è la mia riflessione. L’ho resa pubblica attraverso questo articolo, con l’auspicio che venga letta da chi ancora è contrario al vaccino, compreso il mio amico del beccacino. Spero si convinca che il mondo non è cattivo in assoluto. Ci sono anche gesti benevoli. Ad esempio, io gli ho dedicato questo articolo. Speriamo. Total0 0 0 0 Seguici su Telegram e resta aggiornato leggi gli altri post di: Lo sguardo dello psicologo