Per caso ad una mostra d’arte contemporanea Seguici su Telegram e resta aggiornato Caro Dottore, guardavo un talent per comici. Un ragazzo escluso si è giustificato spiegando le sue intenzioni. Una giurata gli ha risposto che se un sketch ha bisogno di essere spiegato, significa che il pezzo non funziona. Passo ad altro: poco tempo fa sono stato a una mostra d’arte contemporanea. Qualche suggestione mi è rimasta, ma non ho capito cosa voleva dire l’artista. Perché se l’immediatezza è un presupposto indispensabile in televisione, per l’arte contemporanea non è così? Non è che gli artisti si approfittino di questa incomprensibilità? Antonio Caro Antonio, neanche io sono un esperto, ma ho scelto la sua lettera perché visito mostre e gallerie. A smontare l’alone reverenziale legato all’arte poco comprensibile ci hanno pensato due film: Il primo Dove vai in vacanza?. Alberto Sordi visita con la moglie la Biennale. La sua signora, stanca, si siede in una sedia e degli pseudo intellettuali la scambiano un’installazione… Altro film: Fantozzi. Il sadico direttore cinefilo obbliga gli impiegati a vedere la Corazzata Potemkin. Nessun impiegato ha il coraggio di dire nulla, finché Fantozzi libera tutti quando dice: «Questo film è una cagata pazzesca». A Ravenna, qualche tempo fa, un artista iperrealista aveva dipinto sulla parete delle piccole scalfiture. Il manutentore del museo fraintesi quei buchi provvide a stuccarli. Questi esempi sembrano dire che è tutto un bluff. In realtà io non penso sia così. Partiamo da Lucio Fontana, che ha indirettamente citato nella sua lettera. Per quanto ne so, ha tagliato le tele dopo che aveva già dimostrato il suo valore e cercava qualcosa che andasse oltre la superficie. È stato il primo ad avere questa intuizione. Importante è il percorso ed essere innovatori: mentre gli altri dipingevano in modo conformista lui tagliava le tele. Un po’ come Rino Gaetano, che negli stessi anni, cantava “Nun te reggae più”, contestando apertamente Gianni e Susanna Agnelli, Pirelli, Mike Bongiorno, mentre Peppino Di Capri cantava, compiaciuto, e compiacente, Champagne. Lei dice che da solo, alla mostra dove sua moglie l’ha portata, ha capito poco. Per apprezzare l’arte contemporanea serve quindi una cultura specifica? Io penso sia di sì che di no. No, perché l’essere privi di sovrastrutture permette allo spettatore di proiettare in essa liberamente sé stessi, un po’ come nelle macchie di Rorschach, dove non c’è un giusto e uno sbagliato, e di cogliere cose a cui l’autore non aveva neppure pensato. In questo modo il soggetto trae originali suggestioni, spesso più profonde e perturbanti, di cui facilmente si ricorderà. Penso di sì, perché chi ha conoscenze artistiche, ha sicuramente più strumenti, anche se deve stare attento a non intellettualizzare troppo l’opera attraverso i libri che ha studiato, le mostre che ha già visto, altrimenti può succedere dal film di Sordi. Ad ogni modo le consiglio di continuare a frequentare le mostre, si affidi alle sue emozioni Se vuole sapererne di più, chieda. Penso che ad artista non possa che fare piacere sentirsi chiedere con semplicità “ Per favore, mi spiega quest’opera?”. Total2 2 0 0 Seguici su Telegram e resta aggiornato leggi gli altri post di: Lo sguardo dello psicologo