Dal bike sharing alla ricerca di una dimensione di sicurezza Seguici su Telegram e resta aggiornato Caro Dottore, nella settimana scorsa R&D ha fatto un servizio sulle biciclette in condivisione. Adesso si tratta della bicicletta, ma è l’ultimo anello di una lunga serie. In città più grandi, le bici ma anche l’uso delle auto condivise sono una realtà consolidata. Oggi ci sono gli spazi di coworking, non serve più un ufficio personale. Tutto è a noleggio. Negli Usa datempo la cultura della casa di proprietà è venuta meno. Non pensavo di essere un conservatore, ma le confesso che inizio a sospettare di essere un nostalgico. Lettera firmata Stavo per iniziare la mia risposta con la citazione di Z. Bauaman, sui suoi discorsi rispetto alla società liquida, caratteristica della postmodernità, ma lascio subito perdere. Foglio nuovo. Il mio pensiero porta a un’immagine che mi appartiene. Un’immagine della mia infanzia. Oggi ho poco più di quarant’anni. Quando ero piccolo, con i miei andavo a trovare i parenti in campagna e trovavamo la porta aperta, letteralmente. Nella serratura per tutto il giorno c’era la chiave. Veniva tolta lasera, ma di giorno si poteva entrare. Era comoda per la famiglia che andava e tornavadai campi, e compatibile per chi arrivava, che fosse un parente, un vicino di casa. Si entrava e si “dava la voce”, un modo dialettale per dire che ci si annunciava. Le famiglie avevano un soprannome. A volte veniva anche mutuato dalla località nella quale vivevano. La modernità, la postmodernità, i fenomeni connessi come lo “sharing” sono un’opportunità ma dobbiamo stare attenti perché possono sviluppare un effetto paradosso. Attenzione che la condivisione non diventi un’espressione marcatamente individualista. La casa che ho citato all’inizio dava un senso di indentità e sicurezza. Certe aree politiche hanno costruito il loro consensosulla promessa di restituire senso di sicurezza ai cittadini, e sono state premiate alle elezioni. Questo fa capire quanto questo concetto sia importante per le gente e, aggiungo io, non va inteso solo come il “pericolo del diverso, dell’ immigrato” ma ha che fare con una dimensione molto più personale ed intima. Oggi si chiede alla persona di costruire una dimensione di sicurezza, o di consolidarla, perché la si costruisce da piccoli con le relazioni primarie. Quindi la direzione va verso a una sorta di “sicurezza autonoma”, che è quasi un ossimoro, dato il contorno che non ci aiuta. Tutto è di tutti, dalla casa, all’auto, fino alla bicicletta, e allo stesso tempo tutto è di nessuno. Sarà un servizio, sarà moderno, ma oggi non possiamo neanche più dire, uscendo dai bar, che quasi non esistono più, perlomeno intesi come qualche decennio fa, in d oia mes la mi bicicleta? (dove ho messo la mia bicicletta?). Total0 0 0 0 Seguici su Telegram e resta aggiornato leggi gli altri post di: Lo sguardo dello psicologo