Gli omosessuali anormali e il diritto all’odio: ecco perché difendo il generale Vannacci Seguici su Telegram e resta aggiornato La premessa è che mi piace conoscere tante culture, credo che in ognuna ci sia una sua “verità”, non sono etnocentrico. Non sono legato specificatamente alla cultura italiana. Non sono tecnicamente un patriota. Al servizio militare ho preferito quello civile. Sono un pacifista. Il privilegio di vivere è per me un valore assoluto; ripudio la guerra e la violenza. Penso che ogni persona di potere dovrebbe intraprendere un percorso psicoanalitico per evitare che i propri tratti di personalità irrisolti si trasformino in atteggiamenti aggressivi e prevaricazioni a danno del prossimo. Amo la scienza. Non ho la più pallida idea di come si sia creato il tutto. Mi è chiaro però che l’universo e la vita rispondono ai principi della fisica e della biologia. Quando penso a un prete, cioè a qualcuno che si occupa dell’origine dell’universo, del perché viviamo, io penso a un fisico. La chiesa cattolica, comunque, mi ha portato lavoro. Sono svariati i pazienti che hanno iniziato con me un percorso di psicoterapia soffrendo delle zavorre date dai sensi di colpa inflitti dall’educazione cattolica. Rispetto ai temi etici e alle nuove frontiere genitoriali, mi baso su quanto emerge dalla ricerca sociale. Il resto sono chiacchiere e posizioni frutto di una cultura temporanea. Ogni zona del mondo ha un proprio sguardo interpretativo, ogni cultura è differente, e muta. Eppure, con queste idee mi ritrovo a difendere io Vannacci. Vannacci, il generale del libro Il mondo al contrario. Quello che ha sconvolto e indignato le sinistre con le sue affermazioni. Ha associato l’aggettivo “anormale” agli omosessuali e rivendicato il diritto all’odio. Dette così sembrano affermazioni estreme e irricevibili. Possono suscitare una reazione di dissenso istintiva. Però mi aspetterei che gli intellettuali, gli studiosi, specie se progressisti, non replicassero di pancia, rozzamente, all’insegna dello scandalo e del politicamente corretto. Ricordo, come fosse ieri, le lezioni di psicopatologia differenziale all’università. Il corso spiegava le patologie mentali e come si distinguessero tra loro. Prima di entrare nel merito delle patologie, la docente tenne una profonda lezione sul concetto di norma. Per norma, grossolanamente, si intende ciò che è considerato come normale e condiviso. Parlava al plurale. Le norme da tenere in conto erano tante. Si partiva dalla norma biologica, per poi approdare a quella statistica, a quella sociale, a quella culturale, a quella antropologica. E non le ho citate tutte. Quindi dire che l’omosessualità, non aderisce alla norma statistica, è dire l’ovvio. È una considerazione di tipo numerico, che non implica nessun giudizio di valore. È un dato statistico. Il numero degli omosessuali è inferiore rispetto a quello degli eterosessuali, punto. Invece, apriti cielo. Dovrebbero essere proprio gli intellettuali di sinistra ad avere uno sguardo laico “senza memoria e desiderio”, come diceva Bion, di affermare le proprie tesi e di attaccare il “bruto”, ovvero il cattivo Generale Vannacci. Non appartenere alla norma non è di per sé qualcosa di negativo. Pensiamo agli artisti che creano le nuove tendenze, agli scienziati che hanno intuizioni innovative, ma pure alla televisiva Belen. Non mi pare sia nella media. E neppure che sia un problema. Comunque non mi addentro nel tema dell’omosessualità, è un discorso complesso, mi limito a riferirmi alla norma statistica. È maggiore il numero della popolazione eterosessuale, senza commento né giudizio alcuno. Ce l’ho invece con la sinistra che grida allo scandalo, che si comporta in modo rozzo. In nome dell’ideologia, auto fomentata non riesce neppure a riconoscere un elemento statistico. E sul passaggio del diritto all’odio, che cito testualmente, fa pure peggio. Il passaggio incriminato è questo «Per quanto esecrabile, l’odio è un sentimento, un’emozione che non può essere repressa nell’aula di un tribunale. Se questa è l’età dei diritti allora, come lo fece Oriana Fallaci, rivendico a gran voce anche il diritto all’odio e al disprezzo e a poterli manifestare liberamente nei toni e nelle maniere dovute». C’è una linea di pensiero per cui avviene una progressione. Mi spiego: prima nasce un pensiero, poi lo si esprime e lo si comunica attraverso le parole. Il rischio è che nel passo successivo quelle parole diventino azione. Una sorta di processo di legittimazione. Da professionista della salute mentale però sottolineo che è ancora più sano e benefico non censurarsi nei propri pensieri. Come psicoterapeuta insisto: «Dica tutto quello che le viene in mente». Lo ripeto continuamente. Sono tanti i pensieri, le fantasie aggressive che si tenta di censurare, alimentando così sintomatologie e conflitti interiori. Uso dire «tenga presente che il Codice penale punisce le azioni, non i pensieri». Se non si esplicita, il sentimento dell’odio esiste lo stesso, solo che paradossalmente è più facile che possa trasformarsi in un’azione. Lasciare pascolare il vampiro interiore, lasciare che parli, è quanto di più sano e opportuno fare. Non so se fosse voluto, ma Vannacci, almeno in questi due esempi, si è manifestato ben più laico, più vicino allo sguardo psicanalitico, caratteristiche proprie delle società mature e competenti, rispetto a quanto non abbiano fatto le superficiali e presuntuose repliche della sinistra progressista. Total1 0 0 1 Seguici su Telegram e resta aggiornato leggi gli altri post di: Lo sguardo dello psicologo