La giustificazione del segno fra architettura e psicologia Seguici su Telegram e resta aggiornato Sono fortunato ad avere diversi amici architetti, uno di loro si chiama Gian Luca Zoli. Imparo molto nel confrontarmi con lui. Pochi giorni fa gli ho spedito la fotografia di un interno. Precisamente un dettaglio del living dell’appartamento di Manhattan di Giancarlo Giammetti, un uomo dal gusto assoluto. Uno spazio elegante, dove nessun dettaglio è lasciato al caso. Dopo qualche minuto dell’invio dell’immagine mi ha richiamato. Lo sguardo del mio amico si era posato su delle cornici nere che andavano a sottolineare gli spigoli della stanza suscitando una sensazione di lusso raffinato. Il “segno”, in questo caso le cornici, giustificava la propria presenza in una finalità estetica precisa: accogliente, grafica. «Un segno va sempre giustificato, non deve essere lì per caso», mi ha detto Zoli. Sono rimasto colpito da quella frase. Mi ha evocato molti rimandi, tanto da chiedere a Gian Luca di scrivere qualche riflessione su cosa significasse per lui la “giustificazione del segno”. Così mi ha invitato questa riflessione: « È dai tempi dell’università a Ferrara che sono stato formato alla giustificazione di ogni segno tracciato sulla carta o al computer. Quella linea definisce e delimita ma allo stesso modo può limitare e precludere. Quando si fa architettura si deve sempre pensare come quel segno influenzerà necessariamente la vita di chi da quel tuo segno dipenderà. Nel bene e nel male. Forse non a caso all’università gli esami di progetto venivano sostenuti in coppia perché, come neo-consoli, l’uno vigilava sul lavoro dell’altro e ne rappresentava la coscienza critica. Durante le innumerevoli discussioni che portano alla gestazione di un progetto, la parola d’ordine con la matita in mano era “Giustificamelo!”. Un bell’allenamento per eliminare il superfluo e l’incoerente… Benché progetti da solo, anche oggi ho sempre la mia parte autocritica che ferocemente mi richiama all’ordine. Io lo definisco il “mio tarlo” quella voce che mi mette in guardia e che mi racconta quando c’è qualcosa che non torna. Non è la voce inequivocabile di un altro da me, ma è quella silente, dentro di me. È un’inquietudine che non mi dà pace fino alla soluzione che sento come giusta e definitiva. E la sento, eccome se si fa sentire! Alla stessa stregua della “cagnara” che fa il mio tarlo. Fino ad allora è tutto un giustificare le proprie scelte». Gian Luca mi ha fatto tornare in mente uno psicanalista da cui andavo a farmi supervisionare quando iniziai a praticare la professione. Gli riportavo quanto avevo detto ad un paziente. Spesso mi chiedeva: “Perché ha detto questo?”, l’invito ad una vera riflessione. Il messaggio era che non esisteva una frase giusta o sbagliata di per sé, ma che ogni mia espressione, ogni mia interpretazione, ogni mio commento dovevano avere un significato. Una direzione a me chiara. Una finalità precisa, ovviamente opportuna. A volte, come dice Gian Luca, la “giustificazione del segno”, atteggiamento appropriato, testimone di consapevolezza, può assumere una potenza marcatamente superegoica. «Un tarlo che fa cagnara finché non si sono giusticate le proprie scelte», scrive Zoli. Sta quindi al bravo architetto aggiungere illuminata creatività, onde evitare che la giustificazione del segno sfoci in vincolo e rigidità, nel timore di essere inopportuni. Due possono essere gli atteggiamenti sbilanciati. Da una parte c’è quello della persona che sente di dover rispettare appieno i dogmi, i propri valori, praticando spesso un’autocensura. Dall’altra ci sono gli “anarchici impulsivi”, persone che se ne fregano di giustificare alcunché. E fanno quello che gli salta in testa in quel momento senza alcuna riflessione. Una persona ben funzionante ed equilibrata è probabilmente quella che riesce a modellare i propri slanci creativi su quelle che sono le proprie basi culturali ed etiche. O, per dirla in modo un po’ più psicologico: fa surfare i bisogni dell’inconscio sulle massicce onde del super io. Un po’ come fanno i surfisti nel mare australiano. Total0 0 0 0 Seguici su Telegram e resta aggiornato leggi gli altri post di: Lo sguardo dello psicologo