Le tesi di Wilfred Bion e un problema in cucina a Cesenatico Seguici su Telegram e resta aggiornato In questo articolo illustrerò due temi: “l’io ausiliario” e ciò che voleva dire lo psicoanalista Wilfred Bion con la famosa frase “approcciatevi ai pazienti senza memoria e desiderio”. Però ne tratto fuori dallo studio di psicoterapia, dal loro ambito usuale. Ho ritrovato questi concetti mentre cercavo di risolvere un problema di cattivo odore proveniente dalla cucina. Siamo a Cesenatico, in un appartamento. Da un paio di giorni sentivo della puzza. La piccola cucina ospita il lavello, i fuochi, e il frigorifero. Sulla parete trova collocazione la caldaia. Nell’angolo più lontano è riposto quanto serve per pulire. Sul soffitto, in alto, vicino alla finestra l’intonaco è un po’ difforme, probabilmente per colpa di una infiltrazione proveniente dall’appartamento del piano superiore. All’abituale profumo si mescola ora un odore acre, melenso e pungente. Nel lavello c’è qualche piatto da lavare. Mi avvicino al lavello. Verso una dose abbondante di detergente al limone, pulisco tutto. Niente, la puzza c’era ancora. Uguale a prima. Mi sposto nell’angolo vicino al mocio. Annuso la scopa, il mocio stesso, ma non rilevo nessuna differenza, nessuna variazione di intensità. L’odore è pressoché uniforme, non c’è una zona in cui lo si avverta di più ed un’altra dove si senta di meno. Controllo la caldaia. Immobile e spenta è del tutto estranea alla questione. Non è lei a puzzare. Complice qualche mio tratto persecutorio, mi accorgo che il mio sguardo scorre rapidamente dagli oggetti della cucina al soffitto. Scruto la perdita. Mi metto in piedi sopra ad una sedia e mi avvicino alla macchia, cerco di annusare se lì l’odore sia più intenso. Continuo a sentire la puzza, ma è come prima, non più marcata. Almeno così mi sembra. Perché a forza di “nasare” qua e là non ci capisco più niente. Mi arrendo. Chiudo prima la porta della cucina, poi quella di casa. Esco. Per il momento rimuovo il problema. Arrivo in studio a Ravenna, incontro i pazienti della giornata. A sera riprendo la macchina e mi dirigo a Cesenatico. Prima di entrare in casa – evidentemente non volevo affrontare subito la sfida con quella puzza che stava vincendo la partita – mi fermo davanti casa, al Bagno Paradiso dove un gruppo di amici sta facendo l’aperitivo. Hanno già i loro argomenti avviati, li ascolto, ma appena ho l’occasione informo tutti, in cerca di supporto, del mio problema. Con la birra in mano uno di loro mi dice di verificare bene lo scarico del lavello. Rispondo che è stato la prima cosa che ho controllato. Mi ribadisce di guardare meglio perché il problema è certamente lì. Non ci sono dubbi: è capitato anche a lui. Ascolto, prendo atto mentre mi ripenso chino sul lavandino mentre annuso ed al momento seguente, quando mi sono rimesso in piedi insoddisfatto dell’ispezione. Chiedo se vogliono accompagnarmi a casa, per verificare insieme. Prima fanno finta di non aver sentito. Nessuno risponde, poi alla mia insistenza mi viene detto chiaramente di no, pur con gentilezza. Mesto, ritorno in casa. La puzza c’è ancora. Riprovo a controllare, ma l’unica esclusa resta, come prima, la caldaia verso la quale provo una sentimento di “colleganza” e solidarietà. Apro la finestra e chiudo la porta della cucina. Basta, per oggi non voglio più saperne di quell’odore. Giorno dopo. Mattina presto. Scendo al Bagno Paradiso a fare colazione, Seduto sulla sua sedia c’è Claudio, il bagnino. Lo conosco da quarant’anni. È una persona pragmatica ed intelligente nella quale ho fiducia. Mi piace fermarmi a parlare con lui, specie di Cesenatico. Del tema, ora risolto, dell’erosione della spiaggia. Del canale, di vecchi episodi locali. Mi fa sentire del posto. Gli dico che da un paio di giorni ho della puzza in cucina ma non sono capace di capire da dove provenga. Gli domando se possiamo andare su in casa a guardare insieme. Acconsente. Saliamo nell’appartamento. Mi chino a terra, annuso di nuovo tutto il perimetro. Sposto di peso il frigorifero. Nei giorni precedenti avevo fronteggiato quella puzza, ma è con accanto Claudio il bagnino dalla cui presenza mi sento sostenuto e rinforzato che scovo in basso, dalla vaschetta di raccolta del frigorifero, elemento di cui non sapevo neppure la presenza, quel cattivo odore. Claudio svolge la funzione di “io ausiliario”. L’io a differenza dell’inconscio è la nostra parte cosciente, organizzata. Quella che durante la giornata pianifica il da farsi, come risolvere i problemi. Alle volte si stanca e si sconforta, perde di efficacia. Claudio gli ha aggiunto forza. La sola sua presenza mi ha consentito di indagare meglio, di non essere confuso dall’odore indistinto. E la frase di Bion, in cui dice di approcciarsi senza memoria e desiderio, dove sta? Sta negli amici degli aperitivi quando davano per certo che il cattivo odore arrivasse dal lavello, perché a loro era capitato così. L’esperienza, la memoria portava a interpretare una nuova situazione, il problema della mia cucina appunto, attraverso quanto avevano vissuto in precedenza, ovvero il lavello intasato, e a dare per certo che la causa della mia questione fosse la stessa. E il desiderio consiste nell’auspicare di avere ragione. In estrema sintesi, Bion invitava ad ascoltare senza essere viziati da quanto appreso fino a quel momento, e a non voler vedere per forza confermata la propria teoria. Vale per la tecnica psicoanalitica, per le relazioni di tutti i giorni. E pure per la mia cucina. Total0 0 0 0 Seguici su Telegram e resta aggiornato leggi gli altri post di: Lo sguardo dello psicologo