Tra le alluvioni, gli ultras e il film di Bellocchio …sui peccati della chiesa Seguici su Telegram e resta aggiornato Maggio è stato un mese intenso. Alla prima alluvione è seguita la seconda. Ben più estesa e impattante. Su tutto un altro piano, certo imparagonabile a livello catastrofico, ma anch’esso suscitante di pensieri, è uscito il film di Marco Bellocchio, “Rapito”. La prima pioggia intensa, quella dei primi di maggio, ha allagato una parte di Faenza. Solo quella, almeno per la mia percezione è stato così. I video avevano un’ambientazione circoscritta. Riprendevano le auto con l’acqua no al tetto parcheggiate in una via di Faenza. L’alluvione in teoria era concentrata in quella via. Al massimo riguardava le strade limitrofe. Una sera andai là. Il silenzio assieme a un’aria fresca e umida raccontava di un’acqua che c’era stata. Le strade erano quasi asciutte. Ogni tanto incontravo qualche pozzangherona. Le evitavo, non solo per preservare le scarpe: le avvertivo come qualcosa di sbagliato e sgradito. Ero come un animale che non passa da alcuni spazi perché il suo istinto gli dice che lì c’è qualcosa che non va. Con rispetto, anche con una certa empatia guardavo quelle case disabitate, ma mi sentivo estraneo. Diverso da loro, come fosse qualcosa che non mi riguardava, e soprattutto che non mi potesse accadere. Non era un ragionamento, un calcolo di probabilità, era un’autodifesa. Simile a quelle rispetto ai “brutti mali”, che si pensa possano capitare solo agli altri. Per ogni casa distinguevo bene gli oggetti dei loro abitanti, nelle loro peculiarità. Un piccolo cavallo di legno era fuori da un’abitazione. Sul muretto di un’altra avevano lasciato un cubo di Rubik. Ho visto alla porta della successiva un materasso bianco bagnato con delle impronte di scarpe. Pensavo a chi ci avesse camminato sopra, ai passi concitati dei soccorritori. Mi sono immaginato le storie di questi residenti invasi dall’acqua. Ma le sentivo lontano. Come uno spettatore che dopo poco se ne torna all’asciutto a casa sua. All’asciutto ed al sicuro. Poi è arrivata la seconda pioggia. Ce n’è stato per tutti. Nessun fiume che traccia la nostra Romagna è rimasto integro. All’inizio mi soffermavo su quello che scorre vicino a me. Ogni tanto andavo a vedere a che altezza fosse l’acqua. Per un po’. Poi non c’erano più limiti e regole. L’acqua poteva arrivare anche da un comune vicino, dal Canale Emiliano Romagnolo. A Ravenna hanno fatto le dune di protezione, come in spiaggia. Quelli del borgo di Faenza non li vedevo più da spettatore. L’estensione del fenomeno ha rinnovato una solidarietà sopita. I vicini di casa hanno iniziato ad aiutarsi anziché litigare. L’acqua insieme ai detriti ha tirato fuori anche la generosità delle persone. Sono testimone diretto del lavoro di un gruppo di Ultras. La curva dell’Imolese mi ha aiutato a togliere acqua e fango da una casa di famiglia a Sant’Agata sul Santerno. Gli Ultras, generosi, infaticabili e tanti, lavoravano senza riserve. Quel giorno insieme al rammarico per gli oggetti distrutti provavo una gioia, un senso di abbraccio come mai prima di allora. Perlomeno che non avevo mai provato in relazione ad un gruppo di persone. C’era un’intimità di massa. Una disponibilità che mi hanno fatto pensare che quella, con quella gente, con quello spirito sarebbe stata la comunità ideale. E il film di Bellocchio? Perché lo metto qui in mezzo? Perché attraverso la storia vera di un bambino sottratto alla propria famiglia ebraica da esponenti della chiesa cattolica, mostra come le ideologie, specie la religione, producano dolori e drammi inutili. Come l’uomo sia capace di trovare strade per soffrire. È un film molto bello. Per continuare l’espressione calcistica mostra una sorta di drammatico derby tra ebrei e cattolici. Evidenzia come si spadroneggi sulla pelle di un povero ragazzo, che plagiato diventa anche lui vittima e per certi versi carnefice. Sicuramente auto carnefice. Un lm da vedere, soprattutto in tempo di alluvione. Meno male che, circa centocinquant’anni dopo, alle perversioni malate della chiesa hanno risposto, con il loro sano altruismo, gli ultras dell’Imolese. Total0 0 0 0 Seguici su Telegram e resta aggiornato leggi gli altri post di: Lo sguardo dello psicologo