La pace è una cosa da grandi

Ieri pomeriggio ascoltavo Andrea, 5 anni, organizzare la difesa della sua scuola materna, ed era tristissimo e commovente insieme: “Dunque, davanti, ci stiamo io e Hassan, che siamo i più alti. E pure Sofia, che ha un urlo potente.”
A seguire, microtruppe di minuscoli incursori con il compito di disorientare il nemico con azioni lampo, e dietro i più piccolini.

Insomma, noi genitori non abbiamo fatto in tempo a darci una pacca sulla spalla per aver (faticosamente e con traballanti presupposti scientifici) trovato la maniera di spiegare una pandemia, che ci troviamo a dover spiegare l’inspiegabile per antonomasia. La guerra ci auguriamo tutti che i bambini la vedano solo sui libri di storia. E invece.
Ma cosa puoi rispondere a bambini piccoli che, più o meno direttamente, ti stanno chiedendo se devono sentirsi in pericolo e si aspettano che tu sia capace di mettere ordine nel mondo con la stessa disinvoltura con cui hai imparato a governare i mattoncini Lego? (Per inciso, poi, io non so governare nemmeno quelli: gli infernali mattoncini occupano indisturbati gran parte di casa mia).

Pace Educazione BambiniIl punto non è spiegare un’aggressione, né l’esistenza dei “cattivi”. Queste sono cose che i bambini capiscono perfettamente: nel loro mondo parallelo alleanze e contrapposizioni sono all’ordine del giorno, e sgomitare per conquistarsi uno spazio o un giocattolo è un comportamento ovvio e naturale. Ciò che davvero li turba e spaventa è osservare le stesse dinamiche negli adulti, su scala incredibilmente più pericolosa. Si aspettano che noi sappiamo prevenire e risolvere i conflitti in altro modo.
Non ho consigli da dare, navigo a vista come tutte: so soltanto che è inutile angosciarli con informazioni non richieste, ma si deve rispondere a tutte le domande che fanno. Dunque, anche se preferiremmo di gran lunga un giretto all’Agenzia delle Entrate, non possiamo sottrarci a eventuali domande dirette sulla guerra.

Ho notato che, esattamente come per noi adulti, ciò che provoca la maggiore angoscia è il senso di impotenza: vedere e sentire di poter fare qualcosa, che sia partecipare a una manifestazione di piazza per “protestare contro i cattivi” o raccogliere viveri da inviare alle popolazioni colpite, rassicura molto i più piccoli sulle capacità di raziocinio degli adulti.
Poi, avremmo l’enorme responsabilità di insegnare ai bambini che il pacifismo è una roba seria, non una simpatica accozzaglia di fricchettoni con bandierine colorate. Che se esistono situazioni in cui è impossibile non reagire a un’aggressione, è pur vero che la rinuncia a interessi immediati, un pensiero strategico di lungo periodo, la messa in discussione di paradigmi apparentemente immutabili sono azioni necessarie a prevenirle, quelle situazioni.

Il pensiero pacifista è ricchissimo di protagonisti e protagoniste, donne e uomini i cui pensieri e azioni andrebbero approfonditi e studiati nelle scuole molto più di quanto non si faccia ora. E’ l’unico modo per poter, un giorno, rispondere ai bambini che una volta purtroppo esisteva la guerra, ma poi l’umanità è diventata adulta. Che fare la guerra era orrendo ma facile. Fare la pace è assai più difficile: è una cosa da grandi.

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