Futuro & Sanremo

Sanremo MattarellaIn questi tempi confusi, due rassicuranti certezze vengono in soccorso della nostra traballante psicologia collettiva: abbiamo un Presidente della Repubblica (ed è pure lo stesso di prima, circostanza ancora più rasserenante), e presto avremo pure un 72esimo vincitore del Festival di Sanremo.

Di più: abbiamo un Presidente della Repubblica che, nato nel 1941, potrebbe tranquillamente aver visto Nilla Pizzi vittoriosa nella prima edizione del Festival di Sanremo. Insomma, nel nostro delirio passatista,  siamo riusciti nel capolavoro di richiamare alla responsabilità un signore ottantenne dalla vita meritevole e produttiva, mentre noi ci occupiamo delle giacche di Amadeus al Festival di Sanremo. L’unità nazionale è salva. L’Assemblea Costituente ne sarebbe fiera.

Mio figlio ha 4 anni, e mi chiedo se quando sarà adulto il Festival di Sanremo sarà uscito indenne dalle macerie di questo povero paese. Ma penso proprio di sì: il talento nell’improvvisazione e la capacità di discernere le priorità sono da sempre il nostro asso nella manica.

Quantunque, non posso che auspicare qualche piccolo cambiamento per le serate sanremesi della nostra progenie: in primis, che a Sanremo siano sdoganate le presenze femminili.

È pieno di femmine, dite? Vero, ma le donne a Sanremo devono giustificare la loro presenza. Sono come le canzoni in gara: ci devono essere, ma non sono l’essenza dello show.

Devono essere strafighe, o vittime di qualcosa, o sbandierare dottorati di ricerca neanche dovessero entrare al Cern. L’unica donna presente alla conduzione di quest’anno che sia stata chiamata unicamente in virtù della presenza scenica e del talento artistico, è Drusilla Foer, cioè un maschio. Ovvero, un personaggio femminile, creato dal bravissimo Gianluca Gori.

Insomma, se  mio figlio potrà finalmente guardare un Sanremo condotto da una donna dalla stessa aurea mediocritas di Amadeus, cui ovviamente e giustamente per condurre una gara di canzonette  non è richiesto nulla  più che un po’ di parlantina e saper stare su un palco, potremo finalmente dirci un paese moderno. O, meglio ancora, ma lì saremmo addirittura diventati postmoderni, un Festival di Sanremo ideato da autrici e direttrici artistiche.

Infine, le canzoni: come genitori, non si può andare sotto un certo minimo sindacale, quindi spero di essere in grado di insegnare a mio figlio che se vorrà ascoltare buona musica, non è certo lì che dovrà andare a cercarla, però qualche limite bisogna darselo. Se sei giovane, caruccio, tipo Achille Lauro, per dire, e non sai cantare, né scrivere canzoni, e persino l’Osservatore Romano ti supera in arguzia e senso della provocazione, insomma, forse una carriera alternativa potresti considerarla.

Ecco, un mondo futuro in cui i bambini di oggi potranno ancora guardare il Festival (sempre che possano permettersi di pagare la bolletta della luce: di questi tempi è doveroso domandarselo), non potrà essere tanto brutto, e poi ormai guardare Sanremo è pratica sdoganata persino tra i radical chic più massimalisti.

Però non disperiamoci troppo se continueranno  a non trovarci le donne, o l’arte, o il rock: tutta roba che esiste, già oggi, persino in Italia, solo  che non è a Sanremo.

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