L’impresa dello shopping con bebè

La scena si ripete pressoché identica ogni mese. Stufe di indossare sempre gli stessi jeans-con-maglione-stinto in abbinata, decidete di fare un giro per negozi. Siete sole col pupo? E che problema c’è? Basta munirsi di borsa col cambio che preveda quattro diversi scenari meteorologici, biberon di latte, biberon di camomilla, salviette, pannolini, biscotti biologici a basso contenuto di zuccheri, e potete uscire.

Vi sentite già di buonumore. Siete donne moderne, consapevoli, lavoratrici, ma non rinunciate a qualche piccola, frivola gratificazione personale. Eh già. L’entusiasmo comincia a incrinarsi quando vedete il sorriso glaciale della commessa nel primo negozio in cui mettete piede, che vi sta guardando più o meno come Matteo Salvini guarderebbe il capitano della nave di una ONG. Ma voi la ignorate e continuate a curiosare tra gli scaffali come una qualsiasi, desiderabile, cliente.

Poi, la tragedia. La vostra adorabile prole è riuscita a evadere dal passeggino e sta già buttando giù la prima pila di maglie amorevolmente impilate. A quel punto iniziate a mormorare scuse e ve ne andate, mortificate ma non ancora pronte alla resa.

Profumeria! Cosa potrà mai accadere nel breve lasso di tempo che vi serve a pagare un vasetto di crema idratante ai licheni d’Islanda? Ma anche da qui uscite con mestizia, non dopo aver speso 175 euro per ripagare le costosissime bottiglie di profumo che il pargolo ha scambiato per birilli. E niente. Ormai siete consapevoli che la spinta decisiva all’e-commerce l’hanno dato le madri di figli under 5.

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