Con “Rien ne va plus” Manzini conferma la sua intrigante vena narrativa gialla

Manzini Rien Ne Va PlusÈ sempre un piacere ritrovare Antonio Manzini, sempre edito dalla gloriosa Sellerio in elegante veste blu.
In questo ultimo Rien ne va plus il vicequestore Rocco Schiavone porta a termine l’indagine iniziata con Fate il vostro gioco, dando così vita a una sorta di dittico incentrato su tutti i mali possibili legati al gioco d’azzardo.

La dipendenza, la truffa, l’ambiente che sembra portare alla corruzione dove anche i buoni finiscono per rivelarsi, in fondo, ricattatori. Ma nonostante la vena forse un po’ più moralista del solito, i romanzi di Manzini ovviamente non si esauriscono in un messaggio vagamente educativo.
E nemmeno qui mancano gli ingrendienti che lo hanno fatto forse più amare al grande pubblico, a cominciare dai “comprimari” che lo circondano, verso i quali il vicequestore mostra al solito la sua più profonda umanità e il suo peggior carattere.
Poi ci sono tutte le questioni irrisolte e forse irrisolvibili del passato in evoluzione come un sottofondo ai singoli episodi. Una sottotrama avvincente che accompagna le trame (altrettanto avvincenti, in questo Manzini è un vero maestro del genere) di ogni episodio.

E soprattutto c’è Rocco Schiavone, sempre un personaggio ben riuscito con tutte le qualità al posto giusto: buono, giusto secondo un proprio codice personale di giustizia, irascibile, scontroso, volgare quanto basta, donnaiolo dal cuore ferito che si muove in quell’ambientazione tra le montagne che lui odia.

Se il giallo per tanti autori è uno strumento per raccontare la città, per stare solo sui colleghi di Sellerio basti pensare a Robecchi con la sua Milano o Savatteri con la Sicilia, per Manzini è l’occasione per creare un ambiente che assomiglia a una sorta di prigione per il suo protagonista, incapace di adattarvisi (un’incapacità rappresentata plasticamente dalle scarpe e dall’abbigliamento sempre inadeguato).
E se in parte la sensazione è che i delitti che si consumano ad Aosta potrebbero consumarsi anche altrove, vero è anche che Manzini sa cogliere le peculiarità di una regione di frontiera, dove si muovono non solo turisti e sciatori appassionati del trekking, e dove per arricchirsi spesso si approfitta proprio di questo.

Insomma, al solito lettura gradevole, piacevole. In questo caso in particolare, si è soprattutto fortunati se non si è ancora letto il penultimo della serie e quindi i due libri si possono leggere di filato.
In attesa del prossimo.

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