“La vegetariana”, un libro scarnificato

Han Kang VegetarianaConsigliato un po’ da tutti tra i dieci libri da leggere del 2016, vero e proprio caso letterario internazionale giunto dalla lontana Corea, questo La vegetariana di Han Kang  (edito da Adelphi, tradotto da Milena Zemira Ciccimarra) è in effetti un libro che può lasciare un segno anche profondo in chi lo legge. Il titolo, un po’ fuorviante, fa riferimento alla scelta di una donna fin troppo “normale” e senza pretese di diventare da un giorno all’altro vegetariana, dopo un sogno. Una scelta male accolta dal marito e dalla famiglia di origine che tenta addirittura di costringerla a mangiare carne, provocando un tentativo di suicidio (facendo emergere peraltro l’immagine di una Corea del Sud fortemente maschilista e patriarcale). Va tuttavia precisato che la scelta del vegetarianesimo, anzi veganesimo, della protagonista è solo un primo passo verso una negazione del cibo tout court, un tentativo di dissolvenza e trasformazione da essere animale a vegetale, una forma che ha molto a che fare con un profondo disagio psichico e che forse affonda le proprie radici in un’infanzia non priva di dolori. Forse. Perché in realtà, e qui sta uno dei grandi valori del libro, la vicenda viene raccontata da tre personaggi collaterali, teoricamente i più vicini alla protagonista, nessuno dei quali tuttavia in grado di capirla. I tre rappresentano peraltro simbolicamente tre mondi distinti: il marito, impiegato gretto e soddisfatto dalla propria mediocrità, il cognato artista ancora in attesa di una realizzazione mentre invecchia senza capacitarsene, la sorella che incarna l’ideale di donna perfetta nella sua generosità, efficienza, padronanza della vita e degli eventi. Personaggi che in realtà non la capiscono, colgono nel suo comportamento ciò che sono in grado o vogliono cogliere e reagiscono di conseguenza dicendoci più di loro stessi che della “vegetariana”, in fondo. E forse di noi stessi. A patto di essere disposti a farsi avviluppare da una storia estremamente scarna, da una trama esilissima, da una sofferenza esistenziale che non lascia scampo. Il dramma senza pathos, il matrimonio senza amore, la vita senza nutrimento, il romanzo senza la protagonista: un libro scarnificato anche nel linguaggio, essenziale, e ci porta su un piano di sensazione  profondissima, di pensiero razionale e, soprattutto, dei limiti di quel pensiero razionale.

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