Quel divertissement del traduttore che diventa scrittore

Chi è il traduttore? Il traduttore è una necessità irrinunciabile e un fastidio allo stesso tempo. Perché chi non vorrebbe poterne fare a meno? E quindi, nove volte su dieci, al traduttore si chiede, per favore, gentilmente, di non farsi vedere, di scomparire. Di dare l’illusione che sì certo lo scrittore è americano (o russo, o paraguyano, o senegalese) e il libro certo è ambientanto negli Usa (o in Siberia, o in Paraguay o in Senegal) ma come per magia è stato scritto nella lingua in cui il lettore lo legge. Ma la magia c’è davvero e il trucco forse sarebbe bene tenerlo a mente. Perché il traduttore può al massimo regalare un’illusione, ma la traduzione non è mai un processo neutro. Il tutto nonostante gli sforzi da supereroe del traduttore medesimo che spesso invece ce la mette tutta per diventare “invisibile”, neanche avesse poteri speciali. Ecco, la premessa può essere utile per addentrarsi nella lettura di un libro per certi versi geniale: La vendetta del traduttore. A
narrare questa vicenda adatta ad appassionati di lettura, letteratura e metaletteratura, è infatti un traduttore che, stanco di nascondersi, esercita il proprio potere di modificare
il testo finendo, a forza di aggiunte e tagli all’originale, a diventare di fatto scrittore egli stesso, protagonista della propria storia e, infine, ponte non più solo tra due lingue o due testi, ma tra letteratura e realtà. La trama si snoda in un gioco a incastri e scatole cinesi, dove il protagonista traduce un libro che parla di un traduttore e dove non mancano intrecci, storie d’amore, tradimenti (come potrebbe essere altrimenti?), maschere e doppi, colpi di scena, immedesimazioni. Neanche a dirlo, l’autore (vero) è un traduttore egli stesso. Per chi ha la fortuna di tradurre ogni tanto, questo libro, che non è un capolavoro e narrativamente perde un po’ di compattezza nella seconda parte, è un vero spasso. E questo non tanto o non solo perché, come dice la traduttrice italiana Elena Loewenthal, il
protagonista fa ciò che a ogni traduttore capita di sognare, ossia migliorare il testo originale là dove meriterebbe (secondo il traduttore) di essere migliorato, ma soprattutto
perché racconta in un colto divertissement di metafore tutta l’ambiguità, la doppiezza, la passione di questo mestiere un po’ strano, un po’ vagamente parassitario (cosa sarebbe un traduttore senza scrittore?), affascinantissimo e che può dare dipendenza. La traduzione è un passaggio segreto (non manca ovviamente nemmeno questo nel romanzo) verso il libro, un ingresso che al lettore comune quasi mai è dato scoprire e di cui anzi deve dimenticare l’esistenza.
A volte capita, magari con le poco amate Ndt a fondo pagina o con qualche curioso calco, che il traduttore provi a lanciare un messaggio al lettore, a comunicare con
lui. NdT è il titolo del romanzo che il protagonista dovrebbe tradurre. E da qui viene anche il nome di questa rubrica, che vorrebbe invece essere una semplice NdL, nota del
Lettore, per comunicare con altri lettori, a fondo pagina.

Brice Matthieussent, La vendetta del traduttore, Marsilio, 365 pagine
Traduzione dal francese di Elena Loewenthal

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