Stoner: un uomo (e un romanzo) straordinario

Come tanti, forse tutti, Stoner me lo sono letteralmente bevuto. Non riuscivo a smettere di leggere. Dunque faccio parte di quelle migliaia di lettori che anche in Italia hanno riscoperto (dopo la riedizione del libro negli Usa) questo romanzo. Però non sono sicura di condividere l’idea per cui l’autore ci rivela come qualsiasi vita umana può diventare materia di letteratura, perché quella di Stoner a me è parsa tutto fuorché una vita comune. E lui mi è parso in tutto un personaggio fuori dal comune. Il protagonista infatti riesce nell’ordine ad affrancarsi dalla miseria e dall’ignoranza di una vita di campagna all’inizio del Novecento nel mezzo degli Usa, si iscrive ad agraria ma poi scopre l’amore e la passione per la letteratura e diventa addirittura un ricercatore e poi docente universitario. Con naturalezza, quasi senza porsi veri dilemmi, senza alcun clamore. Ok, non arriverà alle cattedre più prestigiose del pianeta, ma a un certo punto diventa un buon insegnante, amato e stimato dagli studenti, autore di un libro egli stesso. Farà la scelta anticonformista di non andare in guerra. Sposerà una donna di un altro censo sociale che mostrerà da subito problemi psichici e sessuali (come vorrei vedere chi altri soprattutto all’epoca) che lui farà fatica a gestire, ma di fronte ai quali cercherà comunque di reagire senza cercare alibi, senza scaricare colpe. Crescerà una bambina quasi da solo senza avere la forza di opporsi, quando necessario, alle nefasta influenza della madre. Si innamorerà perdutamente a 43 anni di una donna più giovane, ricambiato, e vivrà un amore intenso e travolgente e meraviglioso. Al lavoro, saprà rinunciare alla carriera, tener testa a ricatti non solo morali in nome di un principio. Cosa c’è di ordinario in tutto questo? Di cosa mai di più straordinario parla gran parte del romanzo contemporaneo? Franzen, per dire, racconta personaggi molto più incredibili di questo Stoner? Se ne incontrano poi così tanti, di Stoner, nella vita? Il punto è che Stoner stesso non crede di essere nulla di eccezionale, la sua modestia, il suo basso profilo, la naturalezza che tavolta sembra quasi un automatismo dei suoi comportamenti fa sì che la sua vicenda umana possa sembrare in tutto simile a quella dell’uomo qualunque. Ma lui non è un uomo qualunque (magari lo fosse!). A darci questa impressione è forse l’asciuttezza talvolta algida con cui lo racconta John Williams (tradotto in Italia da Stefano Tummolini), mantenendo costantemente una distanza dal personaggio, una distanza che crea lo spazio di movimento del lettore che invece a Stoner finisce per affezionarsi davvero. Forse addirittura più di quanto non faccia il suo creatore.

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