Il cristallino tocco della talentuosa Beatrice Rana sulla tastiera

Beatrice Rana Teatro Rossini 2022

Foto Giuseppe Melandri

Il teatro è visto come un luogo dove si perpetua una tradizione. Ciò è vero, ma solo in parte. Questa attitudine, infatti, è solo una delle due facce della medaglia di ciò che avviene sul palco. L’altra, assai più interessante, è costituita dall’innovazione che avviene in questo solco tradizionale. Come gli artisti cerchino di trasmettere al pubblico la loro lettura, fatta con gli occhi del presente, di una composizione nata e cresciuta nel passato è il dato più affascinante di quel meraviglioso momento che si crea durante l’esibizione.

E non si può definire altro che meraviglioso il concerto in cui la pianista Beatrice Rana ha deliziato gli astanti del Teatro Rossini di Lugo il 22 novembre. A dispetto della serata da lupi, con lampi e tuoni, in sala regnava una quiete quasi surreale grazie alla quale gli spettatori godevano estaticamente rapiti la perizia della giovane musicista. Il programma, tecnicamente provante, ha messo in luce tutta la bravura dell’artista: una serie di preludi e studi di Alexander Skrjabin, snocciolati senza interruzioni quasi che fossero un unico corpus, hanno rotto il ghiaccio di una fredda serata (ma non dentro la sala, dove il caldo era letteralmente tropicale) prima di concludere la prima parte con l’interessantissima Sonata n. 2 di Fryderyk Chopin nella quale la pianista ha offerto un saggio della sua mostruosa abilità nel suonare i pianissimi, ridefinendone il concetto, abbassando il numero dei decibel senza intaccare la capacità proiettiva del suono.

Nel secondo tempo un monumento della letteratura pianistica: la Sonata n. 29 “Hammerklavier” di Ludwig van Beethoven, colla quale la musicista ha mostrato, oltre al grandissimo talento e la tecnica cristallina, un’attenzione alla storia del brano fin dalla sua genesi, non esacerbando le sonorità del bel pianoforte che il Rossini offre ai suoi ospiti, ma richiamando quella novità tecnica che era lo strumento beethoveniano.

Una piccola nota di colore. Molti spettatori si sono chiesti cosa fossero quelle lanterne poste a pentagono attorno al pianoforte: la risposta è semplice, erano risuonatori per migliorare le prestazioni dello strumento. Sul fatto che lo abbiano fatto davvero, però, rimane un’aura d’incertezza.

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