Bel debutto del “Ballo in Maschera”. Ma non tutto il cast era all’altezza del titolo verdiano

Ballo In Maschera

Domenica 8 gennaio il teatro Alighieri di Ravenna ha ufficialmente aperto la stagione operistica 2017 con un importante titolo di Giuseppe Verdi: Un ballo in maschera. Opera tra le più interessanti dell’ultima produzione del Cigno di Busseto, composta prima di una pausa creativa lunga dieci anni, il Ballo riprende una vicenda realmente accaduta a Gustavo III di Svezia nel 1792.
La scelta di ambientare sia la regìa sia i costumi nell’epoca storica indicata dal compositore dell’opera è, salvo rarissime eccezioni, una felice idea che rende lo spettatore integralmente consapevole del messaggio veicolato dall’opera d’arte che sta prendendo vita davanti ai suoi occhi: nella sua seconda vita artistica, quella da regista, Leo Nucci si sta dimostrando equilibrato nelle scelte, osando senza forzare troppo le linee guida indicate dal compositore.
Il cast completamente composto da giovani, ma già affermati, interpreti si è dimostrato da subito all’altezza dell’opera, in particolare un plauso va alla soprano Paola Leoci, interprete di Oscar, ruolo en travesti particolarmente ostico; notevole anche Susanna Branchini interprete di Amelia. Su tutti spicca, però, il baritono Mansoo Kim, valentissimo cantante coreano interprete di Renato: la sua voce molto interessante dal timbro ricco di sfumature è un biglietto da visita al quale aggiunge una sapiente cesellatura del fraseggio, unita ad una pronuncia impeccabile.
Ed è proprio l’intellegibilità delle parola che manifesta, purtroppo, qualche lacuna in gran parte del resto del cast, specialmente il personaggio di Ulrica meriterebbe – oltre alla bellissima voce di Agostina Smimmero – anche un’adeguata chiarezza di pronuncia. Proprio questo era un punto molto caro a Verdi, il quale si scontrava sovente con i cantanti dell’epoca, rei anch’essi di non mettere la parola come priorità, subordinandola alle esigenze tecniche del momento.
Il ruolo del conte Riccardo richiede un tenore lirico leggero, tanto che due dei più importanti interpreti del ruolo sono stati certamente il cesenate Alessandro Bonci, all’epoca di Verdi, e Luciano Pavarotti, ai giorni nostri. La leggerezza, tuttavia, spesso si traduce in un pretesto per i cantanti a concentrare le energie vocali sull’acuto che, così avulso, rimane mera espressione circense senza una reale efficacia drammatica: purtroppo è questo il caso del tenore Vincenzo Costanzo che ad una certa facilità nell’acuto, non unisce uniformità vocale, soffrendo le sonorità orchestrali nel registro medio, per tacer del grave. 
Un’ultima menzione meritano Mariano Buccino e Cristian Saitta, interpreti di Samuel e Tom che, nonostante le voci sgarbate quanto i ruoli interpretati regalano un’interpretazione scenica all’altezza del dramma.
Il plauso più grande, però, va al maestro Donato Renzetti che dirime la matassa verdiana con piglio sicuro e conduce la nave orchestrale in porti tranquilli. Il Coro del Teatro Municipale di Piacenza diretto da Corrado Casati migliora ogni volta che si esibisce e la compagine orchestrale Luigi Cherubini formata da giovanissimi musicisti è da tempo una certezza inossidabile del panorama non solo regionale, e nemmeno italiano, ma addirittura mondiale. Ciò che tuttavia ha scaldato più il cuore in questa giornata musicale è stata la presenza del pubblico, con molti giovani, che ha riempito quasi integralmente il teatro Alighieri rendendo ancor più interessante il debutto di questa stagione operistica. L’augurio è quello di vedere sempre più appassionati di musica gremire i teatri d’Italia in modo da poter continuare a diffondere e a valorizzare le bellezze del nostro patrimonio artistico culturale.

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