Breve storia della frattura tra pubblico e opera d’arte

Wagner Ludwig II Di Baviera

Richard Wagner con Ludwig II di Baviera

C’era una volta l’aristocrazia. Ciò che gli esponenti di questa classe sociale desideravano era fatto e, molto spesso, più si ragionava intorno a capricci e più erano le risorse messe a disposizione. Pittura, architettura, scultura, nessun’arte era dimenticata, e meno di tutte lo era la musica. Accadeva, dunque, che i re e i principi si adoperassero per avere tra le loro fila i musicisti migliori (che, con un afflato patriottico, si può dire che negli ultimi cinquecento anni erano quasi tutti germogli del Belpaese) per valorizzare al massimo le proprie orchestre e i propri teatri.
L’esempio più eclatante e noto è, certamente, il rapporto continuativo che Franz Joseph Haydn intrattenne coi principi Esterházy, ma con la caduta dell’Antico Regime qualcosa si ruppe. Vero è che la ghigliottina non fece rotolare tutte le teste coronate d’Europa, tuttavia, diede il via a un cambiamento epocale verso l’età moderna.

Al netto di casi rari e particolari (come, per esempio, Wagner – Ludwig II di Baviera), già nell’Ottocento il concetto di protezione e committenza era cambiato in maniera netta. Se il riferimento per il popolo non era più l’aristocrazia, bensì il popolo stesso, anche l’arte (allontanata dal mecenatismo e in mano a Mammona) non avrebbe potuto parlare una lingua nobile perché impegnata a lusingare la più grande fetta di platea disponibile.

Ciò permise l’esplosione del sistema dell’idolatria dell’artista che, a poco a poco, si lasciava prendere la mano verso quella tendenza a valorizzare più il contenente del contenuto. Si moltiplicarono, così, culti della persona (cosa che tutt’ora avviene sia nell’ambito colto sia in quello leggero) invece che dell’opera d’arte.

Questo feticismo verso la figura dell’artista ebbe il merito di svincolare, in parte, il processo creativo da logiche di mercato, tuttavia, pose i mattoni per erigere quelle altissime torri d’avorio nelle quali i musicisti, molti dei quali compositori, si rifugiarono accrescendo l’idea di superiorità intellettuale e morale di sé stessi.

Questo distacco ha prodotto una frattura netta tra il pubblico e l’opera d’arte, una ferita che avrebbero potuto sanare soltanto gli artisti stessi, ma che, anche e soprattutto a causa della loro prosopopea, è andata via via peggiorando.
Purtroppo, però, perso il contatto con il reale, dell’arte non rimane che esercizio ginnico intellettuale fine a sé stesso.

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